Reed Hastings non è più il CEO di Netflix, al suo posto è subentrato Greg Peters, che continuerà a condividere lo scettro con Ted Sarandos, già da diversi anni co-CEO del colosso dello streaming.

Assieme hanno rilasciato un’interessante e completa intervista a Bloomberg, parlando del futuro e del presente del colosso. Tra i vari temi, hanno affrontato la spinosa questione delle ormai sempre più serie amate dal pubblico che vengono cancellate improvvisamente, oltre che del presunto flop del business pubblicitario.

Abbiamo selezionato alcuni dei passaggi più importanti, mentre potete trovare l’intervista completa (e in lingua originale) nel link in fonte.

La concorrenza è sempre di più forte e il sospetto è che trovare dei buoni contenuti su Netflix sia… beh, più difficile che in passato. È davvero così? Noi saremmo pronti a giurare di sì, ma i due dirigenti non ci stanno. «Quello dell’idea che sia difficile trovare qualcosa da guardare su Netflix è un meme che non ha senso, voglio dire, centinaia e centinaia di star che non avevano una carriera prima di lavorare con Netflix sono state scoperte grazie a noi», spiega Sarandos.

Ma c’è spazio per un’altra domanda spietata da parte di Bloomberg. Ora che Netflix ha raggiunto praticamente la piena penetrazione nel suo mercato più importante, gli Stati Uniti, come spera di continuare a crescere a botte di 15 o 20 milioni di nuovi abbonati all’anno? Guardando altrove, ovviamente. «Ci sono così tanti paesi nel mondo dove siamo a malapena presenti», dice Peters. L’attenzione di Netflix andrà lì.

E poi il presunto flop del business della pubblicità, di cui vi avevamo parlato anche noi. «Siamo letteralmente passati da zero ad un prodotto funzionante con diversi inserzionisti a bordo in meno di sei mesi», spiegano, ammettendo, tra le righe, che qualche difficoltà effettivamente ci sarebbe. «Dobbiamo affrontare ancora un enorme mole di lavoro, non lo metto in dubbio. Saremmo molto impegnati a lavorarci e perfezionare i rapporti con gli inserzionisti per ancora molti anni».

Quanto ad un ritorno economico, Peters insite: «due mesi fa le entrate dalle pubblicità stavano a zero, banalmente perché non esistevano pubblicità su Netflix. Io credo che in tre anni inizieremo ad entrare nel terreno dell’1-2 miliardi di dollari di fatturato». Cifre importanti, che andranno ad aggiungersi ai soldi versati ogni mese dagli abbonati.

E che dire della situazione sempre più involontariamente comica delle serie TV cancellate a nemmeno una stagione dal loro debutto? I due dirigenti liquidano la questione velocemente: «non abbiamo mai cancellato una sola serie TV di successo». Insomma, a parlare sono gli ascolti. «Molti degli show cancellati hanno ottime intenzioni, ma si rivolgono ad un pubblico troppo di nicchia nonostante pretendano un budget molto alto». Il trucco (questa parte è rivolta più ai produttori che agli abbonati) per garantire la sopravvivenza di una serie? «Usare budget piccoli per serie con un pubblico piccolo e grandi budget per serie con un grande pubblico».

Quanto al futuro della piattaforma, i due dirigenti ricordano che presto Netflix ospiterà per la prima volta la diretta di uno speciale del comico Chris Rock, confessando che il vero potenziale di questa nuova tipologia di contenuti verrà sperimentato con i reality show. «È molto meglio comunicare i vincitori e gli eliminati in tempo reale, altrimenti spesso succede che anche gli spettatori più appassionati decidano di saltare le puntate per andare direttamente al finale e spoilerarsi cosa succede».