È diventato un vero e proprio fenomeno quello della condivisione sui social network. Il condividere un post o una notizia richiede parecchio tempo e sforzo, se fatto con criterio. Per questo si tende a leggere il titolo, ma non il contenuto. Se ci soffermiamo a riflettere sulla parola condividere però bisogna ammettere che vuol dire “godere di qualcosa insieme”. Quello che ci arriva da terzi però non è sempre qualcosa di buono e utile. Una statistica americana dice che 6 persone su 10 non leggono quello che condividono o inviano ai loro contatti. 

L’abitudine a inviare dati non verificati è il più grande virus attuale. Siamo governati dall’impatto invece che dal significato delle cose. Dall’altra c’è un’ulteriore conseguenza. Il fatto di inviare e pubblicare determinate notizie o articoli o post fa sì che una parte della popolazione sopravvaluti le sue capacità. Le regole sono l’immediatezza e l’incapacità di fissare l’attenzione su qualcosa. 

Non c’è tempo per leggere, perché condividere diverte di più. A volte la condivisione genera polemiche e interazione negativa. Ecco che siamo diventati consumatori emotivi di contenuti. Dovremmo però avere l’intento di informare arricchendo e non avvelenando. L’unica soluzione è la lettura, provando ad analizzare ciò che ci arriva con senso critico. Non dobbiamo ubriacarci di contenuti negativi e tossici.