Dentro i guru controversi come Andrew Tate e Peterson, fuori i giornalisti del NY Times e del Washington Post, e perfino l’account ufficiale del più grande rivale di Twitter. Le scelte di Elon Musk fanno sempre più discutere e i critici hanno vita fin troppo facile nel fare ironia sulle contraddizioni del miliardario: «alla faccia della libertà di parola!».
Il primo ban eclatante risale a ieri, quando Twitter ha sospeso a tempo indeterminato l’account @ElonJet, un popolare bot che postava automaticamente e in tempo reale tutti gli spostamenti (decolli e atterraggi) dell’aereo privato del miliardario. Del bot se ne era già parlato lo scorso gennaio, quando Elon aveva scritto al giovanissimo creatore dell’account proponendogli 5.000 dollari per chiuderlo. «È un rischio per la mia sicurezza», aveva scritto, ma il giovane non ne aveva voluto sapere. Undici mesi dopo eccoci qua: ora Twitter è di proprietà di Musk, che ha usato il suo potere per ordinare la chiusura dell’account.
Nella notte italiana tra il 15 e il 16 dicembre arriva una notizia ancora più clamorosa: Twitter ha sospeso gli account di una dozzina di giornalisti di alcune prestigiose testate americane. Tutti specializzati in tecnologia e tutti rei di aver criticato aspramente Elon Musk in questi giorni. Nelle stesse ore Twitter ha anche chiuso l’account di Mastodon, un social decentralizzato diventato popolare in questi giorni proprio come ‘alternativa a Twitter’. Insomma, un po’ come se Instagram chiudesse l’account di TikTok.
La lista dei giornalisti sospesi include Ryan Mac del NY Times, Drew Harwell del Washington Post, Aaron Rupar, indipendente, Tony Webster di Mashable, Micah Lee, l’ex MSNBC Keith Olberman e Donie O’Sullivan della CNN (che nel frattempo sta valutando di togliere tutti gli account del gruppo editoriale da Twitter).
Con un tweet, Elon Musk ha suggerito che i giornalisti siano stati sospesi per aver violato le nuove policy contro il doxing (rivelare dati personali, inclusa l’identità e la posizione di una persona), lo stesso pretesto utilizzato per sospendere l’account @Elonjet. L’escalation contro il doxing è nata dopo che un’auto su cui viaggiava il figlio più piccolo di Elon Musk è stata presa d’assalto da uno stalker.
«Potete criticarmi per tutto il giorno, mi sta benissimo, ma condividere la mia posizione in tempo reale danneggiando la mia famiglia è sbagliato», ha aggiunto. Secondo il sito QZ, non ci sarebbero prove che i giornalisti sospesi in queste ore abbiano condiviso informazioni personali su Elon Musk.
«Non ho la minima idea di quale regola abbia violato», ha scritto ad esempio Aaron Rupar. Mentre Ryan Mac ha spiegato che il suo lavoro consiste nel riportare le notizie che riguardano, tra le altre cose, anche Elon Musk, Twitter e le sue altre aziende e di non aver nessuna intenzione di fermarsi.