La turbolenta acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk ha messo in allerta numerosi storici utenti del social, che hanno visto con diffidenza il cambio di proprietà e in alcuni casi non ne vogliono proprio sapere di rimanere.

Per questa ragione, migliaia di persone – specie gli utenti più progressisti che temono una svolta reazionaria – hanno iniziato a cercare per la prima volta un’alternativa a Twitter, spesso trovandola in Mastodon, un social estremamente peculiare che in questi giorni sta registrando numeri mai visti prima nel corso della sua storia.

Mastodon, in breve

Mastodon è un social decentralizzato e distribuito, sprovvisto di un’unica proprietà o un unico amministratore. In un certo senso lo possiamo descrivere come una federazione di social network diversi, (chiamati istanze) ciascuno con i suoi utenti, le sue tematiche e le sue regole. E ciascuno ospitato su server diversi.

Mastodon è stato fondato nel 2016 dal 28enne Eugen Rochko, un ingegnere informatico di origini russe ed ebraiche. Rochko ha raccontato di aver fondato il social soprattutto perché mosso dal desiderio di creare qualcosa di suo in quella fase che separa il conseguimento del titolo di studio dalla « tristezza di un lavoro tradizionale».

Mastodon, ha spiegato sempre Rochko, nasce anche da un sentimento di diffidenza nei confronti del capitalismo di sorveglianza e, in generale, dall’idea che gli spazi sociali online siano controllati da società interessate al profitto, che trasformano gli utenti in pedine da monitorare in ogni istante e da bombardare di inserzioni pubblicitarie. Mastodon, per ovvi motivi, sovverte i principi delle piattaforme social tradizionali: non ha un unico padrone e non ha scopi di lucro. Non ci sono proprio le pubblicità: la maggior parte delle istanze si autofinanziano grazie alle donazioni degli iscritti. «È un’alternativa etica ai social tradizionali».

Non stupisce allora che centinaia di migliaia di persone abbiano visto in Mastodon la migliore alternativa a Twitter. Negli ultimi giorni il social ha aperto le porte ad 1 milione di nuovi utenti, portando il totale della user base a 1,6 milioni di account. “Tre volte gli utenti che avevamo due settimane fa”, ha raccontato il fondatore. Anche per questo motivo Rochko ha ammesso di essere stato costretto a lavorare 14 ore al giorno per gestire il nuovo improvviso traffico di utenti.

Nonostante il successo degli ultimi giorni, rimane comunque un social molto di nicchia che difficilmente potrà raggiungere i livelli di piattaforme come Twitter, Instagram e Facebook. Peraltro, proprio per il suo funzionamento e per la sua struttura decentralizzata, è sicuramente un social meno intuitivo degli altri e che potrebbe pertanto risultare ostico o poco interessante al grande pubblico generalista. Ma forse non è un male, perché anche grazie a questa vocazione un po’ elitista Mastodon verosimilmente potrà rimanere l’oasi protetta e incontaminata che è oggi. Che poi è il principale motivo del suo fascino.

“Su Mastodon si respira un bel clima”

Durante la fase di registrazione di un account, Mastodon.Uno ci accoglie immediatamente con un messaggio che ci invita a mantenere sempre un comportamento rispettoso degli altri utenti. “Alcune regole di base”, recita il messaggio pop-up, a cui seguono otto principi: “No al trolling, shitposting, bodyshaming e bullismo”, dice il primo articolo. E ancora: “No alla diffusione intenzionale di notizie false” e poi “No al razzismo, sessismo, misoginia, omofobia, bifobia, lesbofobia, transfobia, afobia”. E anche: “No contenuti VM18”. Insomma, fin da subito Mastodon rende chiaro di voler mantenere la sua casa pulita dai problemi che affliggono gli altri social.

Questa diversità – e questa volontà di difenderla con i denti – viene rivendicata con orgoglio dagli utenti di Mastodon. «Mastodon.uno è un social di cose belle, perchè non celebriamo le cose belle che ci accadono», si legge ad esempio in un post di filippodb, fondatore e amministratore di Mastodon.uno, la più importante istanza in lingua italiana del social distribuito. «Su Mastodon sei un partecipante, non sei uno spazio pubblicitario da vendere al miglior offerente!», ribadisce in un altro post.

Mentre Paolo Attivissimo, noto divulgatore, anche lui esule da Twitter interessato ad esplorare questa alternativa, dopo qualche giorno di prova di sente di dire: «Sono da qualche giorno su Mastodon, si respira un bel clima».  Un altro utente aggiunge: «Quando entrate su Mastodon lasciate l’odio su Twitter. Grazie, gentilissimi».

Essendo un social distribuito, Mastodon.uno è comunque solo uno dei tanti sotto-social della galassia di Mastodon, che è appunto una piattaforma decentralizzata e aperta. Virtualmente chiunque può creare la sua istanza, decidendo di declinarla in sottocategorie più o meno specifiche. Esiste un’istanza dedicata ai residenti di Bologna, per fare un esempio, ma esistono anche istanze – frequentemente in lingua inglese – dedicate ad hobby e passioni, oppure a fedi religiose e culture politiche.

Decentralizzato, ma non diviso in recinti invalicabili

Nonostante sia un social decentralizzato, in realtà le istanze di Mastodon non sono delle monadi isolate dal resto della piattaforma. Al social ci si iscrive scegliendo un’istanza di partenza: noi abbiamo scelto proprio Mastodon.uno, che è la comunità di lingua italiana più grande. Ad ogni modo, l’istanza di partenza non vincola l’utente, che potrà interagire anche con gli utenti registrati su altre istanze, visualizzarne i post, interagire, commentare a via dicendo.

L’altra stranezza di Mastodon è che i nomi utente sono divisi in una sorta di due domini. Da una parte c’è il nickname vero e proprio, dall’altra il nome dell’istanza in cui ci si è registrati. Il risultato è qualcosa del tipo: @PincoPallino123@Mastodon.uno. Il doppio indirizzo consente a tutti gli utenti di conoscere l’istanza di provenienza di ogni account.

Per il resto Mastodon funziona in modo estremamente simile a Twitter

Per il resto Mastodon funziona in modo estremamente simile a Twitter. I post non si chiamano tweet ma toot ed è possibile lasciare mi piace e commenti, oppure condividere un toot che ci è piaciuto. Ci sono anche gli hashtag per individuare toot su argomenti specifici ed è poi possibile personalizzare i filtri del feed, per decidere se visualizzare solo toot della nostra istanza di provenienza o se visualizzare anche i toot pubblicati altrove. È addirittura possibile bloccare un’istanza, in modo da evitare di dover interagire con utenti che provengono da lì. Inoltre è possibile creare delle istanze interconnesse tra di loro, delle specie di federazioni di social che Mastodon chiama Fediverse.

Il fatto che Mastodon sia distribuito con istanze ospitate su server diversi – e non su un’unica rete di server controllati da un’unica organizzazione – ha sia dei vantaggi che degli svantaggi, anche importanti

Il fatto che Mastodon sia distribuito con istanze ospitate su server diversi – e non su un’unica rete di server controllati da un’unica organizzazione – ha sia dei vantaggi che degli svantaggi, anche importanti. Ad esempio, è certamente vero che in questo modo è meno probabile che l’intera piattaforma possa andare offline, ad esempio in seguito ad un guasto (come invece avviene frequentemente su Instagram e Twitter). Ma allo stesso tempo può succedere che un server vada offline o venga addirittura disttivato, e in quel caso vengono persi tutti i dati dei suoi utenti, che non potranno essere ripristinati in alcun modo.

Inoltre la dimensione non-profit di Mastodon rende la sua scalabilità molto complicata. Gli utenti che scelgono di sostenere il progetto effettuando delle donazioni sono una minoranza e non stanno crescendo di pari passo con le nuove adesioni al social. Anche per questo motivo, Eugen Rochko ha ammesso che gli converrebbe che Mastodon rimanga un social di nicchia, perché se crescesse troppo e troppo velocemente rischierebbe di diventare troppo oneroso.

Mastodon è disponibile via app sia su Android che su iOS, ma è anche possibile iscriversi e navigare da desktop.