Che licenziare oltre il 50% dei dipendenti nell’arco di poche ore non sarebbe stato indolore era palese, ma forse nemmeno Elon Musk aveva previsto l’ondata di azioni legali che sta colpendo Twitter.
Una nuova class action sostiene che le dipendenti donne sarebbero state penalizzate in maniera sproporzionata dagli esuberi. L’accusa, in sostanza, è di aver discriminato i dipendenti sulla base del loro genere. “I licenziamenti hanno coinvolto il 57% del personale di sesso femminile, contro il 47% dei dipendenti di sesso maschile”.
“I licenziamenti hanno coinvolto il 57% del personale di sesso femminile, contro il 47% dei dipendenti di sesso maschile”, si legge nella class action.
Si spiega facilmente, aveva provato a difendersi Elon Musk: il grosso dei licenziamenti riguardava i dipartimenti risorse umane, moderazione e PR, dove la percentuale di lavoratrici donne era superiore. Elon Musk avrebbe, in altre parole, replicato in Twitter l’approccio ‘engineering-first‘ già introdotto in tutte le sue altre aziende.
Ma le firmatarie della class action non ci stanno: «anche nel team di ingegneri e programmatori la percentuale di dipendenti licenziate supererebbe di gran lunga quella dei loro colleghi di sesso maschile». In questo caso i dati sono ancora più emblematici: il nuovo management avrebbe licenziato circa il 63% degli ingegneri di sesso femminile (contro il 48% delle posizioni occupate dagli uomini).
Come anticipavamo in apertura, si tratta dell’ennesima azione legale contro Twitter e il suo nuovo management. Recentemente l’amministrazione di San Francisco ha aperto un’indagine contestando a Twitter la scelta di destinare parte dei suoi uffici ad uso abitativo, nonostante l’azienda non abbia mai richiesto le autorizzazioni necessarie.