In passato, il sale era considerato una merce molto preziosa poiché era veramente raro. Nonostante tutto era un elemento indispensabile nella dieta anche nell’antichità. Per la civiltà Maya questa merce era talmente importante da essere una preziosa offerta per le divinità e una moneta di scambio.
Oltre a dar sapore ai cibi, il sale era fondamentale per permettere di conservare gli alimenti in un clima tropicale e in un epoca in cui non esistevano i frigoriferi. Uno studio condotto dall’Università di Cambridge ha permesso di scoprire come questo venisse prodotto e distribuito nella società Maya, individuandone anche il ruolo che questo ricopriva.
I ricercatori hanno esplorato un sito archeologico subacqueo in Belize, all’interno del Parco Nazionale di Payne Creek dove è stato scoperto un villaggio chiamato Ta’ab Nuk Na, abitato tra il 600 all’800 d.C. circa, in cui le case presentavano delle cucine in grado di produrre il sale, lavorare i prodotti salati ed essiccati e magazzini per stoccare le merci.
Il sito è ben conservato poiché ricoperto da una torba di mangrovia anaerobica. La mancanza di ossigeno ha impedito ai microrganismi di degradare i resti archeologici e permesso, quindi, una conservazione ottimale.
Si è scoperto che il sale veniva prodotto mettendo l’acqua del mare in dei recipienti di ceramica che venivano fatti scaldare fino alla completa evaporazione dell’acqua. Il sale in eccesso veniva venduto alle popolazioni limitrofe. Accanto a queste cucine sono stati trovati degli edifici adibiti alla salatura e all’essiccazione del pesce per poter essere conservato in un clima tropicale.