Molto tempo fa i tatuaggi erano tipici di alcune categorie di persone (come marinai o ex galeotti), diventando però una moda che, al giorno d’oggi, coinvolge tantissime persone. Quello che però pochi sanno è che i disegni sulla pelle hanno un’origine che risale alla Preistoria.
Nell’antichità i tatuaggi avevano funzioni sacre e magiche oltre a raccontare i dettagli della persona come l’identità, lo status sociale e la sua provenienza. Si trattava quindi di una vera e propria carta d’identità disegnata direttamente sulla pelle. Figure e simboli rimandavano alla nazionalità, al proprio clan di appartenenza o alla professione, dettagli che si possono ancora ritrovare nelle tribù indigene in cui questa pratica persiste.
La più antica mummia a riportare circa 60 tatuaggi è l’Uomo di Similaun.
Per prima cosa, mi ero accorta che i segni a spirale o a zig zag posti sulle famose veneri preistoriche, statuette femminili di dee madri, erano stati troppo sbrigativamente descritti come ornamenti. In realtà, la Venere di Hohle Fels, statuetta in avorio di 40 mila anni fa ritrovata in Germania, e veneri successive del Neolitico presentano segni di scarificazione.
Si tratta della tecnica per cui veniva incisa la pelle con dei tagli, anziché a punti, da cui derivò il tatuaggio. Se le dee erano rappresentate con scarificazioni, possiamo dedurre che i fedeli, anzitutto donne, sottoponessero il loro corpo a queste incisioni di genere sacro
Michela Zucca, antropologa
I tatuaggi erano di uso comune presso molti popoli, mentre per altri come Greci e Romani questi erano tabù. Nelle popolazioni tribali il tatuaggio è sempre stato molto diffuso.