Ancora malumori trai dipendenti di Apple, che presto saranno obbligati ad abbandonare il regime di smart working. A partire dal 5 settembre i dipendenti di Apple dovranno obbligatoriamente lavorare in ufficio per almeno tre giorni a settimana.
Il ritorno in ufficio è stato posticipato più e più volte, e ad ogni annuncio l’ordine di passare dall’attuale modalità di lavoro da remoto ad una soluzione ibrida è stata accolta da forte proteste e minacce di dimissioni. Non solo minacce, a dire il vero. C’è anche chi è passato dalle parole ai fatti, come Ian Goodfellow, l’ex numero 1 della divisione machine learning.
Questa volta a salire sulle barricate è il gruppo di dipendenti Apple Together. I lavoratori iscritti all’associazione hanno chiesto al CdA di Apple di rivedere le loro condizioni, adottando un modello più flessibile e in linea con quello introdotto da altre aziende tech.
Inizialmente Apple aveva richiesto che i lavoratori si presentassero in ufficio obbligatoriamente tutti i lunedì, martedì e giovedì. Poi la formula è stata in parte rivista: solo i martedì e giovedì sono obbligatori, il terzo giorno dovrà essere concordato di volta in volta con il capoufficio.
Un compromesso che non è piaciuto ad Apple Together, realtà battagliera che in passato si era già mostrata ostile alle scelte del management. Ma la richiesta di un modello di lavoro più flessibile verosimilmente incontrerà un muro invalicabile. È lo stesso Tim Cook, CEO di Apple, a spingere per il ritorno in ufficio. Lavorare di persona, collaborando costantemente con i proprio colleghi, fa parte dei principi fondamentali della compagnia. Su questo Cook non intende fare passi indietro.