Una nuova finestra su un’epoca sconosciuta dell’universo, che per la prima volta permette di vedere le prime stelle e le galassie più antiche: è questo il significato delle prime immagini catturate dal più potente dei telescopi spaziali, James Webb, nato dalla collaborazione fra Nasa, Agenzia Spaziale Europea (Esa) e agenzia spaziale canadese (Csa).
Eravamo a conoscenza della potenza del James Webb Telescope, della sua incredibile tecnologia certi che Il primo assaggio delle sue fotografie avrebbero cambiato il modo con il quale osserveremo l’Universo. Ma quando la realtà è arrivata a noi, tutto è divenuto ancora più straordinario. Facciamo un piccolo passo indietro, nella notte tra l’11 e il 12 luglio, contro ogni previsione il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha rilasciato una delle cinque immagini che sarebbero state divulgate dalla NASA soltanto nel pomeriggio del 12 luglio. L’immagine, chiamata “Webb’s First Deep Field” mostra le profondità dell’Universo come mai le avevamo viste prima. Si osserva infatti, l’ammasso di galassie noto come SMACS 0723, in un traboccare infinito di dettagli.
Migliaia di galassie, inclusi gli oggetti più deboli mai osservati nell’infrarosso, appaiono agli occhi dell’uomo per la prima volta.
Il telescopio spaziale Webb è stato lanciato il 25 dicembre 2021 e per posizionarsi nel punto prescelto e dispiegare i suoi strumenti ci sono voluti ben sei mesi. Sei mesi trascorsi molto velocemente, se si pensa che del telescopio si iniziò a parlare oltre trent’anni fa e tanto c’è voluto per costruirlo e poi lanciarlo.
Dal lancio fino alla sue entrata in attività tutto è andato come da programma, nonostante che un micrometeorite abbia colpito uno dei suoi 18 specchi. Ci sono voluti sei mesi perché il telescopio ha dovuto raggiungere il punto di Lagrange 2 a circa 1,5 milioni di chilometri dalla Terra: un luogo dove le forze di gravità della Terra, della Luna e del Sole si annullano e dunque è una posizione ideale per rimanere immobile, avulso da forze esterne. Altro tempo inoltre, diversi mesi, per posizionare e tarare gli specchi di cui si compone lo specchio principale, che ha un diametro di sei metri e mezzo, e per preparare gli strumenti per le osservazioni.
Nella conferenza stampa tenuta il 12 luglio (ore 15:45 locali) la NASA ha svelato le straordinarie fotografie che ritraggono la Nebulosa Carena che è una delle nebulose più grandi e luminose del cielo, situata a circa 7.600 anni luce di distanza, nella costellazione meridionale della Carena. Un’altra nebulosa osservata, che in questo caso è una bolla di gas in espansione formatasi in seguito alla morte di una stella massiccia, è la Southern Ring Nebula (Ngc 3132): è tre volte più vicina della precedente e ha un diametro (in espansione) di circa mezzo anno luce (per confronto, il Sole dista dalla Terra appena 8 minuti luce).
La Nebulosa Anello del Sud è una bolla di gas in espansione proveniente dall’esplosione di una stella massiccia al termine della propria vita. La risoluzione di questa immagine, nel vicino infrarosso, è senza precedenti e fa intuire la potenzialità di questo strumento straordinario come il James Webb Telescope. Al centro del guscio di gas, che ora misura circa mezzo anno luce, c’è quel che rimane della stella.
Il James Webb Telescope ha potenziato le nostre capacità visive oltre ogni limite. Riesce a farlo osservando l’universo a lunghezze d’onda infrarosse, quelle che permettono di vedere gli oggetti più vecchi e più lontani da noi, in quanto la luce proveniente dall’universo più profondo e antico si arrossa nel suo viaggio verso la Terra. Dotato dello specchio più grande mai trasportato fuori dalla Terra – il primo modulare – è in grado di raggiungere un potere risolutivo superiore a qualunque altro telescopio orbitante, come il telescopio spaziale Hubble o i simili telescopi infrarossi in orbita come Spitzer
Altra straordinaria fotografia è quella che riguarda il Quintetto di Stephan, il primo gruppo compatto di galassie mai scoperto. Le galassie sono legate gravitazionalmente, si muovono in un’unica danza e interagiscono le une con le altre. Quest’immagine è la sovrapposizione di tre filtri rosso, verde e blu dello strumento Miri.
Scientificamente, i dati aprono una nuova finestra su un’epoca della storia dell’universo che non è ancora stata esplorata – rileva Adriano Fontana, responsabile della divisione nazionale abilitante dell’astronomia ottica ed infrarossa dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) – grazie alla potenza di James Webb, siamo in grado di osservare galassie la cui luce ha viaggiato per quasi tutta l’età dell’Universo prima di giungere a noi. In questo modo – aggiunge – possiamo vedere l’universo come era poco tempo dopo il Big Bang, quando le sue prime stelle si formavano nelle galassie che si affacciavano sull’universo giovane
Per concludere l’ultima fotografia arrivata dal James Webb Telescope riguarda lo spettro del pianeta extrasolare Wasp-96 b che dista poco più di mille anni luce dalla Terra, ed è il primo spettro di un esopianeta firmato appunto James Webb space telescope. Nell’immagine si vede lo spettro, grazie al quale è possibile studiare per la prima volta la composizione chimica dell’atmosfera del pianeta a lunghezze d’onda infrarosse e vedere come il vapore d’acqua che la avvolge.
Lo strumento Niriss, che ha prodotto lo spettro, ha anche fatto la curva di luce del pianeta durante il suo transito davanti alla sua stella.