Se c’è una cosa che la Disney ha insegnato al cinema mondiale è l’importanza della progettazione. Il colosso di Burbank è quello che più di tutti gli altri nella storia dell’industria si è concentrato sull’aspetto editoriale dei propri lavori ed ha individuato la parola d’ordine in “Universo“. Ad oggi può risultare logico o persino banale la scelta di affrontare la sfida della fidelizzazione del grande pubblico con una rete contestuale in grado di superare la dilatazione temporale e la disgregazione narrativa causata dalle mille piattaforme di fruizione, ma, numeri alla mano, solo loro sono riusciti ad ottenere un risultato così positivo in quel senso. Per arrivarci si sono presi dei rischi, hanno provato molte strade, hanno sperimentato e sperimentano anche oggi (addirittura cercano un universo che possa unirne altrettanti) e non hanno avuto paura di provare per primi degli strumenti che stanno indirizzando il movimento cinematografico contemporaneo. In primis il revisionismo storico.

Scusate la lunga introduzione, ma penso sia essenziale all’inizio di un articolo come la recensione di Lightyear – La vera storia di Buzz per avere un’idea più chiara ed inquadrare al meglio la nuova fatica firmata Pixar (la 26esima per la precisione), diretta da uno degli uomini storici degli studios, quel Angus MacLane che conosce molto bene lo Space Ranger “lavorandoci” sin dai tempi di Toy Story 2.

Vedete, non si tratta della solita operazione nostalgia (nonostante il personaggio e i mille riferimenti geek della fantascienza anni ’80) e il film lo chiarisce sin da subito con una frase che ne stravolge il senso: “Nel 1995 Andy ricevette un giocattolo dell’eroe del suo film preferito. Quel film è questo.

Uno strizzare l’occhio ad una formula consumata per i biopic, ma anche un modo retrogrado di creare un universo narrativo coerente in grado di modificare il senso stesso di ciò che lo ha preceduto.

Certamente il cinema sci-fi dei primi anni ’90 (sarà stato presumibilmente prima del 1994 che Andy ha visto il film, no?) non poteva contenere delle tematiche come quelle di Lightyear – La vera storia di Buzz, soprattutto per alcune scelte assolutamente contemporanee. Ma ne parliamo dopo. L’importante è che abbiate chiaro il concetto.

Il presupposto fa totalmente la differenza, perché altera la natura stessa dello spin-off tradizionale, facendo così una cosa diversa rispetto a quella che si era tentata con Buzz Lightyear da Comando Stellare – Si parte! e la serie Buzz Lightyear of Star Command. Queste sono le nuove basi da cui la Disney parte per affrontare la sfida che l’ha più penalizzata negli ultimi anni secondo la critica e una parte del pubblico: trovare un nuovo villain.

La pellicola arriva nelle sale italiane il 15 giugno 2022, due giorni prima del debutto il terra statunitense.

Casa è dove naufraghi

Oltre l’infinito c’è un pianeta inesplorato, popolato per lo più da insetti giganti e piante non proprio amichevoli.

Obiettivo della missione del Commando Stellare è scoprirne tutti i segreti e, per questo, si affida ai suoi due migliori Space Ranger, il comandante Alisha Hawthorne (Uzo Aduba) e il suo fedele partner, nonché migliore amico, Buzz Lightyear (Chris Evans). Ah si, e una recluta.

Missione alla Star Trek condotta con una nave in pieno stile Alien, non solo per la fisionomia, ma anche per la sua funzione di trasporto di civiltà.

Essa contiene infatti gran parte dei migliori scienziati e ingegneri umani viventi, tutti immersi in uno stato di sonno criogenico e in attesa che qualcuno gli dia un segnale di risveglio. Un segnale che arriverà, ma solo dopo che la missione, incredibilmente, non andrà a buon fine proprio a causa di un eccesso di confidenza dell’uomo di punta della situazione, il quale, nel tentativo di provare come da solo possa salvare capra e cavoli, deraglierà con l’astronave madre (detta anche “La Cipolla”), causando il naufragio e la distruzione del cristallo che funge da carburante.

Lightyear

Seguendo il detto “se non riesci ad uscire da un tunnel, arredalo, l’umanità sull’astronave mette radici sul pianeta, impiegando ogni sforzo possibile per trovare la formula adatta a ricreare un cristallo abbastanza potente da raggiungere la velocità della luce e tornare a casa.

Dopo un anno c’è un prototipo che Buzz è incaricato di testare.

Peccato che l’inadeguatezza della tecnologia lo porti ad andare avanti nel tempo in pochi minuti di lavoro, senza però raggiungere la velocità necessaria a tornare a casa.

Il resto ve lo lasciamo scoprire, diciamo solamente che la caparbietà (e anche l’ottusità) dello Space Ranger non gioveranno molto alla situazione, specie se coniugate ad un senso del dovere che definire maniacale è un eufemismo.

Incoerenza temporale

Il punto di forza di Lightyear – La vera storia di Buzz è certamente l’aspetto tecnologico e formale (design, coreografie, microespressioni, setting interni delle navicelle). Si tratta di un blockbuster d’animazione, un film per tutta la famiglia altamente spettacolare e quasi totalmente derivato con qualche elemento Pixar, delle tematiche LGBT che mai sarebbero potute esserci neanche 10 anni fa (c’è una vicenda “graziosa” su una scena in particolare se volete approfondire) e una spalla comica adorabile (il gatto Sox). Del resto poco altro.

La trama parte da dei presupposti fondamentalmente deboli e anche un po’ confusionari e propone un cammino dell’eroe molto classico, che ha il merito di continuare ad influenzare a ritroso la sua controparte giocattolo, ma che alla fine non raggiunge mai una qualità narrativa degna dei suoi parenti più prossimi.

Forse gli studios sono man mano diventati preda della ricerca che li vede da tempo arrovellarsi nel tentativo di trovare un conflitto significativo e riuscito.

Lightyear

Anche il registro linguistico accusa dei problemi evidenti di coerenza temporale che caratterizzano il senso meta della pellicola (è un film anni ’90, ma di fatto è un film anni 2000 che strizza l’occhio ai cult) e forse la confusione con cui gestisce la genesi dei viaggi del tempo è lo specchio di questa imprecisione.

Nonostante la forza visiva non c’è ma una originalità espressiva evidente, anzi, è quasi tutto già visto.

La realizzazione stessa del nuovo villain è altresì scontata e un po’ banalotta, soprattutto nello scioglimento, a testimonianza di un minipasso indietro per esempio rispetto a Red, che invece qualcosa aveva trovato da dire sul quel fronte.

In conclusione Lightyear – La vera storia di Buzz risulta un film d’animazione visivamente riuscito e dall’intrattenimento assicurato, che però si perde nei contenuti che propone, non dando mai seguito a dei presupposti al contrario molto intriganti e finendo per essere un film di fantascienza un po’ anonimo e con un protagonista ingombrante. Infatti gli autori cercano di gestirlo infilandolo in un percorso molto classico, segnato dalla scoperta del significato reale di “home”, l’accettazione dei propri limiti e l’andare avanti attraverso il perdono dei propri errori. Quindi mascolinità tossica addio, a patto che si decida di non viaggiare da soli, verso l’infinito e oltre.

Lightyear – La vera storia di Buzz  arriva nelle sale italiane il 15 giugno 2022.

70
Lightyear - La vera storia di Buzz
Recensione di Jacopo Fioretti

Lightyear - La vera storia di Buzz diretto e co-scritto da Angus MacLane è la 26esima pellicola Pixar e l'evento Disney dell'anno 2022. Si tratta di una pellicola che parte come un biopic fittizio per trasformarsi in uno sci-fi quasi totalmente derivativo che decide di puntare tutto solo sull'attrattiva del suo personaggio, mettendolo al centro di uno spinoff in grado di modificare retroattivamente le pellicole di cui è stato protagonista. Un blockbuster d'animazione altamente spettacolare e di sicuro intrattenimento per tutta la famiglia, ma che pecca di significato espressivo e si perde molto nei contenuti che propone, risultando un mix abbastanza anonimo e anche mal confezionato di fantascienza anni '80, nonostante delle premesse assolutamente interessanti. Il suo protagonista risulta quasi ingombrante, anche se inquadrato in un percorso dell'eroe molto classico, votato all'accettazione dei propri limiti e all'accoglienza del fallimento. C'è però una spalla comica adorabile.

ME GUSTA
  • Il comparto tecnico e visivo è straordinario.
  • Intrattenimento assicurato per tutta la famiglia.
  • Le sequenze d'azione e quelle spaziali sono bellissime.
  • La spalla comica è adorabile.
FAIL
  • La qualità narrativa non è quella dei tempi migliori.
  • La perdita di focus e la confusione di ottime premesse, anche metanarrative, indebolisco empatia ed esperienza.
  • I difetti nel registro linguistico lo rendono anonimo e molto derivativo.