Come dobbiamo comportarci con i servizi di pagamento mobile? Sono comodi, sempre più utilizzati e ormai sono pre-installati su pressoché ogni smartphone. L’Australia ha iniziato a chiedersi se sia arrivato il momento di regolamentarli.

Non solo Google Pay e Apple Pay, ma anche WeChat, utilizzatissimo da residenti e turisti di origine cinese. “Stiamo valutando come comportarci con estrema cautela”, ha detto Josh Frydenberg, Ministro delle Finanze del governo australiano.

Frydenberg ha lasciato intendere che lasciare le cose così come sono ora non è un’opzione possibile: “Il fatto è che se non facciamo nulla per riformare l’attuale settore – spiega il ministro-, stiamo di fatto lasciando carta bianca alla Silicon Valley per decidere il futuro dei sistemi di pagamento, un componente importantissimo delle nostre infrastrutture finanziarie”.

Un simile appello era arrivato anche dalla Bank for International Settlements, che aveva chiesto alle istituzioni finanziarie globali di fare attenzione alla crescente influenza delle grandi aziende tech all’interno del mercato dei pagamenti, specie sotto il profilo dell’enorme mole di dati controllati da gruppi come Google, Facebook, Amazon e Alibaba.

Un primo passo potrebbe arrivare dall’inquadramento delle aziende tech (anche) come fornitori di servizi finanziari, cosa che oggi – formalmente – non sono, con tutti gli oneri che questo comporta. Oggi i cosiddetti wallet digitali – app come Google Pay e Apple Pay – non hanno nemmeno una vera e propria classificazione giuridica e sono sconosciuti alla maggior parte degli ordinamenti occidentali.