Il Chirocefalo dei Marchesoni è un animale preistorico che si trova in un solo posto al mondo, oggi purtroppo messo a rischio dai cambiamenti climatici. Non stiamo parlando del Circolo Polare Artico, bensì dell’Italia centrale, tra Umbia e Marche.
I dinosauri si sono estinti perché non seppero adattarsi al loro ambiente in continua evoluzione. Noi ci estingueremo se non saremo in grado di adattarci a un ambiente che contiene astronavi, computer − e armi termonucleari.
Sir Arthur Charles Clarke è stato un autore di fantascienza e inventore britannico che aveva un’idea molto precisa di quello che poteva rappresentare l’evoluzione; per sua sfortuna, quando declinò questa citazione, non era a conoscenza del Chirocefalo dei Marchesoni unico vero sopravvissuto dell’era preistorica e in continua evoluzione e adattamento.
Prima di conoscere al meglio questa leggendaria creatura cerchiamo di capire meglio dove si trova e la storia, che si intreccia con la leggenda, del suo luogo natio.
I laghi di Pilato
C’è un luogo, a confine tra Umbria e Marche, dove si erge una perla dei monti Sibillini: il monte Vettore.
Questo monte, che sovrasta la piana di Castelluccio famosissima per la sua fioritura che attira turisti e artisti da tutto il mondo, è divenuto famoso purtroppo per gli ultimi drammatici eventi legati al terremoto del 2016.
Proprio dal monte Vettore difatti parte una delle faglie che distrusse gran parte della città di Norcia, di Arquata del Tronto e Amatrice.
Il Lago di Pilato è anche detto il lago con gli occhiali, perché è formato da due bacini contigui (una volta erano contigui ora purtroppo a causa del cambiamento climatico sono due laghi distaccati) che ricordano una specie di occhiale.
La situazione dei laghi è sempre molto altalenante e purtroppo negli ultimi anni è molto a rischio in quanto i grandi cambiamenti climatici, con le poche nevi invernali, rendono l’invaso degli stessi laghi sempre più rari. Nel 2017, per esempio, purtroppo già dopo pochi mesi dallo scioglimento delle nevi si è dovuto assistere ad un bruttissimo panorama, cioè la vallata senza acqua nei laghi.
Quest’anno sembra che la situazione sia migliorata e nell’escursione che ho realizzato il 26 luglio ho potuto constatare che i laghi sono in salute e colmi d’acqua, una bellissima notizia. Il lago si trova come dicevamo sul monte Vettore a ben 1941 metri di altezza, in una specie di conca, protetto da alte e ripide montagne.
Infatti è un lago d’origine glaciale d’altura, una rarità nell’Appennino, e si vede anche dal tipico color ceruleo.
Le leggende e storie dei laghi
Il Lago di Pilato è teatro di moltissime leggende, tutte molto misteriose e caratteristiche. La prima che vogliamo raccontarvi è quella legata al suo nome che possiamo intuire che è di origine religiosa e narra che il corpo di Pilato, fatto giustiziare dall’imperatore Vespasiano per non aver impedito la crocifissione di Gesù, venne trasportato fin quassù e gettato per l’appunto nell’acqua. Altre storie puntano direttamente sulla negromanzia: i negromanti, a quanto pare anche in gran numero, venivano qui a consacrare i propri libri di magia ai demoni del lago. Probabilmente però a furia di richiamare spiriti malvagi, il lago scatenava delle tempeste che distruggevano i raccolti della zona, perciò a un certo punto (siamo dal 1200 in poi) le autorità proibirono la salita su queste cime. E se qualcuno veniva sorpreso al lago, capace che veniva pure giustiziato. Negli ultimi periodi i laghi sono stati protagonisti, sempre nella scia dei negromanti, di riti satanici fino a luogo prediletto degli hippie negli anni settanta.
Il gamberetto preistorico unico al mondo
Questi laghi, oltre al loro misticismo e al fascino paesaggistico, sono un luogo veramente importante per quanto riguarda la storia dell’evoluzione del nostro pianeta. Sì perché solo in questi laghi vive un minuscolo crostaceo che resiste da epoche precedenti la storia dell’umanità: il Chirocephalus Marchesonii.
Nel 1953-54, durante una campagna di ricerche idrobiologiche organizzata dall’istituto di botanica dell’università di Camerino, fu scoperta la presenza nel lago di una nuova specie di crostaceo.
Fu chiamato Chirocefalo del Marchesoni, dal nome dell suo scopritore, Vittorio Marchesoni, direttore dell’Istituto di Botanica dell’Università di Camerino
e si è scoperto che è arrivato nel nostro Pianeta ben due milioni di anni fa. Questo piccolo crostaceo (un solo centimetro di lunghezza) è una specie endemica il che vuol dire che vive qui e in nessun’altra parte del mondo.
Nonostante la sua dimensione contenuta, è possibile notarlo abbastanza facilmente in acqua grazie al vivido arancione fosforescente che lo colora.
Il Chirocefalo è un crostaceo branchiopode della famiglia Chirocephalidae con una caratteristica molto importante: quella di adattarsi ad ambienti sottoposti a forti stress stagionali. Infatti lo stesso Chirocefalo produce forme di resistenza dette cisti, all’interno delle quali l’embrione è isolato da una parete protettiva che gli consente di conservare la vitalità fino a che non si ricreano le condizioni idonee alla schiusa.
In pratica durante la stagione estiva da giugno a settembre con il lago che torna in superficie, appena sciolte le nevi, il Chirocefalo torna a farsi vedere in quanto il suo ciclo biologico è sincronizzato e dipendente dal ciclo idrologico annuale dello stesso lago di Pilato.
Le cisti deposte di stagione in stagione non si schiudono tutte, ma una parte rimane nel sedimento (anche sotto i sassi è per questo che il lago è recintato a cinque metri dall’acqua) costituendo un’ulteriore garanzia, oltre a quella stagionale, per il futuro della specie.
È quindi di vitale importanza proteggere il biotopo dove questa specie vive poiché, mentre la vita della forma natante dura pochi mesi, le cisti da essa prodotte si mantengono vitali per diversi anni se non intervengono fattori antropici a perturbare il sedimento nel quale queste si sono andate stratificando.
La struttura del crostaceo è molto riconoscibile per il corpo allungato approssimativamente cilindrico e per l’assenza del carapace insieme a questi due grandi occhi neri posti sui lati del capo. Il corpo è diviso in tre regioni: un capo, un torace provvisto di undici paia di appendici natatorie, aventi anche funzione respiratoria, ed un addome che nel suo tratto iniziale reca gli organi della riproduzione: un sacco ovigero nella femmina ed una coppia di peni pari nel maschio.
Purtroppo i cambiamenti climatici stanno minando moltissimo alla vita di questa creatura che già nel 1990 corse un gravissimo pericolo d’estinzione quando, a seguito di due estati particolarmente siccitose, il lago si prosciugò totalmente.
Addirittura in quegli anni fu pensato un progetto proprio per salvare il Chirocefalo, trasportare acqua (anzi, cubetti di ghiaccio) con una spola di elicotteri ed aerei. Tuttavia il progetto non trovò attuazione, perché la diversa temperatura, e il diverso tasso di acidità che avrebbe avuto la nuova acqua, sarebbero stati fatali per il gamberetto. Nonostante le gravi difficoltà lo stesso Chirocefalo riuscì a sopravvivere depositando le cisti ancor più in profondità tornando a nuotare di nuovo nei laghi come se nulla fosse accaduto.
Nell’escursione realizzata il 26 luglio 2021 abbiamo potuto constatare un livello dell’acqua discreto e un buonissimo numero di Chirocefali.
La carenza d’acqua per questo animale si traduce in uno sconvolgimento del suo habitat che lo costringerebbe a mutare le proprie abitudini, in primis quelle della riproduzione che detto in parole semplici: estinzione della specie. Chiaramente è giusto conoscere la verità scientifica e non girarci intorno ad un dito, ma possiamo anche ben sperare che il Chirocefalo riesca a mutare il suo adattamento nuovamente, anche perché nel 2020 (nonostante il lockdown) si è di nuovo assistito al completo prosciugamento dei laghi ed è stata una meravigliosa sorpresa vedere nel 2021 (per di più a fine luglio) così tanta acqua nei laghi e così tanti Chirocefali che nuotavano vispi e pacifici nel proprio luogo natio.
Arrivare ai laghi di Pilato
L’escursione sul monte Vettore, alla ricerca del Chirocefalo, è una dei trekking più belli che potete fare nell’Appennino Umbro Marchigiano, paragonabile alle grandi camminate dolomitiche sia per grado di difficoltà che per la varietà di paesaggio che si può incontrare. Ci sono diversi approcci per arrivare ai laghi, dal versante marchigiano si può prendere il sentiero 151 da Foce di Montemonaco, opppure, come abbiamo fatto noi, partendo da Forca di Presta lungo il percorso 101 che conduce su al Monte Vettore.
Dopo un paio d’ore, ma potreste mettercene anche tre (una volta ci misi tre ore e un’altra volta un’ora e venti minuti) perché il tempo di percorrenza è veramente labile sia per il grado di allenamento sia se si sale con un clima più o meno proibitivo (partite presto che non ci sono alberi e ombra per ripararvi dal sole), finalmente si arriva tramite una salita molto ripida al Rifugio Tito Zilioli (2250 m slm). Il rifugio, restaurato e rimesso a nuovo da pochissimi mesi, è una tappa fondamentale per una pausa di rifocillamento in piena sicurezza, il rifugio è sempre aperto con la stanza dedicata proprio agli escursionisti inoltre è possibile prenotare anche i letti per dormire volendo.
Nonostante non siamo nelle Alpi l’equipaggiamento deve essere adatto sia per il caldo che per il freddo inoltre il vento, come su tutto il percorso, imperversa. Dopo il rifugio Zilioli si parte verso destra e prima del percorso segnato per la vetta dello stesso Vettore bisogna scendere verso sinistra attraversando un pendio erboso dove non ci sono sentieri segnalati. Qui e soltanto nella zona di questo pendio erboso è possibile incontrare le stelle alpine.
La direzione da seguire, in quanto non ci sono appunto percorsi, è una fascia rocciosa in basso, chiamata ”le roccette”. Da qui in avanti c’è il pezzo complicato del percorso, ma super spettacolare perchè dopo questo tratto si svelano i laghi con un effetto “wow” veramente straordinario (purtroppo per vedere se l’acqua c’è oppure no si deve arrivare quasi a destinazione).
Per scendere infatti bisogna passare per queste rocce, e devo dire che non è per tutti, occorre aiutarsi con le mani, scendendo in alcuni tratti abbastanza impervi inoltre il vento alcune volte è talmente forte che rischia di farti perdere l’equilibrio in punti molto pericolosi.
Una raffica ben fatta, e lì ce ne sono anche di imprevedibili, può farti cadere sulle rocce sottostanti. Senza contare che se le rocce sono umide o bagnate occorre davvero esperienza e tanta cautela, quindi come sempre solito consiglio di non andare da soli e scendere solo se si è certi dei propri mezzi. Non è un caso che qui si siano registrati diversi incidenti e che il Soccorso Alpino venga chiamato giornalmente per incidenti quindi occhio ragazzi.
La valle di Pilato comunque spesso rimane inagibile fino a giugno per residui di neve, quindi i mesi ideali per visitarla sono quelli che coincidono con la fuoriuscita dello stesso Chirocefalo da metà giugno a settembre più o meno. Dopo questo tratto più impervio la vista è proprio sulla valle di Pilato e sui suoi laghi, la fatica e il dislivello più o meno 7 km (solo andata) con 1000m di dislivello, vengono ripagati dalla vista meravigliosa.
A scendere si oltrepassa una grande parete di roccia e ghiaia che circonda la vallata dei laghi fino ad arrivare proprio a livello dell’acqua su un piccolo prato, che consiglio assolutamente come altro punto di riposo (se il tempo lo permette).
Ricordate che occorre stare ad almeno cinque metri dalle sponde del lago, perché il simpatico Chirocefalo depone le uova (cisti) tra le rocce in secca.
Un paio di consigli, anche per vedere lo stesso gamberetto, è quello sicuramente di portarvi un binocolo perché a 5 metri noterete la recinzione per impedire alle persone di avvicinarsi. Tuttavia già da quei metri potete vedere delle macchie rosse nell’acqua, che sono gli stessi Chirocefali che nuotano in gruppo e per non disturbare l’ecosistema basta appunto un buon binocolo per ammirare il simpatico gamberetto preistorico. Tutto questo serve per preservare la vita dello stesso Chirocefalo difatti la presenza dell’uomo è controllata a vista (ci sono quasi sempre ufficiali della Guarda Forestale) perché, seppur ci sono delle recinzioni, c’è ancora una buonissima parte di persone che si avvicinano oltre il limite consentito andando addirittura fin dentro l’acqua (…).
Ovviamente considerando che il percorso è di tipo EE un abbigliamento tecnico è più che consigliato, scarpe da trekking, bastoncini, giacca a vento (per i repentini cambi di tempo) e impermeabili oltre che occhiali da sole e protezione solare visto che il percorso è totalmente esposto (se prendete soprattutto il 101 quello fatto da me). Infine come ogni buon trekking una buona dose di acqua, snack e cibo (non particolarmente pesante) per ripartire con le energie giuste, ricordate che il rifugio è soltanto un bivacco e non vende cibo.
Per il resto godetevi uno dei più bei panorami dell’Appennino umbro-marchigiano e il silenzio che lo avvolge consci di stare in un luogo unico al mondo con una creatura che vive da due milioni di anni in quelle acque.