1983: viene trasmessa la prima puntata di He-Man and the Masters of the Universe. Un’intera generazione rimane folgorata dal franchise ideato da Mattel come linea di action figure.
2021: dopo diverse (e poco fortunate) iterazioni susseguitesi negli anni e nei decenni, oggi con la nostra recensione di Masters of the Universe: Revelation parliamo di una notevole novità arrivata su Netflix e possiamo subito dire che il brand acquista immediatamente nuova popolarità, grazie a un’opera in un certo senso controversa ma sicuramente molto interessante.
I Masters, quarant’anni dopo
E cos’è Masters of the Universe: Revelation? Si tratta di una nuova serie animata in onda su Netflix, che ne ospita attualmente cinque episodi in attesa della seconda tranche di puntate della prima stagione. È un cartoon di genere fantastico, ambientato su un pianeta, Eternia, che basilarmente è un setting high-fantasy, ma con molti elementi fantascientifici. Per certi versi potete pensare alla Asgard del Thor Marvel Studios, dato che hanno un progenitore comune: il mitico fumettista Jack Kirby, che ha lavorato sia sulle serie cosmiche della Marvel sia su alcune properties Mattel, ispirandone designer e sceneggiatori.
E proprio la casa di giocattoli Mattel (dominatrice del mercato, negli anni ’80) è dove tutto ha inizio, con una linea di toys di enorme successo che espande la propria popolarità tramite fumetti e serie animate.
Revelation è una sorta di sequel diretto della serie animata classica del 1983, retconnizzando poco (ma bene) pochi elementi qua e là e, sebbene eliminando dalla continuity e dal canone qualunque altro esperimento successivo (come l’imbarazzante sequel / soft reboot del 1990 e il bel reboot del 2002), ne sfrutta alcuni concept.
Holding out for a hero
Su Eternia impazza ormai da molto, troppo tempo la battaglia tra i seguaci dell’infido Skeletor e gli strenui difensori del mistico castello di Grayskull, luogo arcano custode di pericolosi segreti ed enormi poteri. Quello che sembra l’ennesimo assedio destinato al fallimento si rivela invece fautore di un enorme cambiamento nello status quo, che comporterà enormi sconvolgimenti sia tra le fila degli eroi (guidati dal possente He-Man, accompagnato dai fedeli Orko, Teela, Duncan e tanti altri) che tra quelle dei malvagi. Finché, un giorno, una nuova missione, destinata alla salvaguardia dell’intero universo, non condizionerà le vite di molti, rendendo addirittura alleati quelli che un tempo erano acerrimi nemici…
Difficile raccontare (o anche solo accennare) la trama di Masters of the Universe: Revelation senza fare alcun tipo di spoiler: dopotutto si tratta di appena cinque, brevi puntate la cui trama verte molto sugli obiettivi dei personaggi e sui colpi di scena presenti. Alla solita lotta per il controllo del castello e dei suoi segreti si sovrappone e sostituisce un viaggio “on the road” volto al recupero della spada sacra, in cui i personaggi della serie affrontano le conseguenze delle lotte passate e operano scelte, spesso dolorose.
Fin qui, tutto bene, dato che lo showrunner Kevin Smith (un vero e proprio nume tutelare della cultura pop/nerd anni ’80/’90) espande gli orizzonti della trama che potevamo aspettarci, dandoci in realtà molto più di quel che si poteva pensare inizialmente.
Per far contenti i fan bastava, in fondo, riproporre le meccaniche base delle interazioni tra personaggi e i conflitti più classici, svecchiandoli e rendendoli meno infantili: Smith invece ha dimostrato molto coraggio nel voler restare ancorato ai concetti originali ma esplorandone nuove sfaccettature, a costo di toccare nuove corde (magari sensibili)… o forse facendolo proprio volutamente, per stimolare alla riflessione e alla crescita molti “bambinoni” restii a cambiare la propria visione del mondo, a partire da un semplice franchise infantile.
Alcuni elementi di questa prima parte della serie, difatti, stanno facendo molto discutere poiché sembrano evoluzioni “non necessarie” e semplicemente dettate dalla sensibilità attuale: tra tutte, la prominenza del personaggio di Teela, amica del Principe Adam (e alleata di He-Man) che si sentirà tradita nei sentimenti e dovrà combattere (quasi più internamente che esternamente) per venire a patti con la realtà che la vede come riluttante salvatrice indipendente di Eternia e non più come semplice gregario.
Una frangia di appassionati ha colto il lato sbagliato del girl power, nel fatto che lo screen time di He-Man sia molto esiguo in confronto a quello della nostra eroina. Ma siamo ben lontani da alcuni esempi invero abbastanza deleteri -visti anche recentemente- di eroine che si affrancano dalle figure maschili svilendole: Revelations è in realtà una serie corale in cui tutti, al di là degli orientamenti di qualunque tipo, hanno modo di brillare, così come di mostrare le proprie debolezze.
Il momento sotto i riflettori arriva per tutti i personaggi principali ed è sempre narrato con cura, fornendo ottimi spunti di riflessione. A chi ancora non si accontenta, per via della poca presenza dell’eroe “principale” rammentiamo che la serie si intitola “Masters of the Universe: Revelation” e non più “He-Man and the Masters of the Universe” proprio perché Smith ha azzeccato un elemento fondamentale: si tratta di una serie tratta da un franchise di pupazzetti, e l’eroe centrale esiste a fine di marketing, soprattutto all’interno di una narrazione seriale.
Ma nei playset, be’, ognuno si gestiva i protagonisti come voleva. Chiunque può essere un “Signore dell’Universo”: la morale principale del tutto è sempre stata l’autoaffermazione di se stessi, che ci porta a essere versioni migliori in grado di compiere prodigi. Poco importa se siamo bonari principini, scaltre guerriere o maghetti pasticcioni.
Kevin Smith has the power, so can you
Smith poi gioca in maniera efficace con la materia base, rievocando echi molto palesi di quello a cui siamo abituati (con tanto di citazioni, battute ed elementi perfettamente contestualizzati) per poi spiazzarci con alcune evoluzioni, in particolare di villain come Triclops o Evil-Lyn, dotati di una loro trimensionalità a volte spiazzante e che richiama più i vecchi fumetti DC della serie che il ridanciano cartoon Filmation.
È uno di quei rari casi di reimagining tutto sommato non rivolti a un pubblico infantile al fine di rinnovare fanbase acquirente di giocattoli e merchandise, quanto anche e soprattutto per chi c’è cresciuto, con quel franchise, e vuole riviverne le emozioni, magari coi figlioletti.
Da un punto di vista tecnico viaggiamo tra alti e bassi. Le prime immagini diffuse non avevano pienamente convinto e la mano dell’ormai noto Powerhouse Animation Studios era subito visibile: e se Castlevania, nel tempo, è andata a migliorare sia nel design che nelle animazioni, Blood of Zeus ci ha fatto tremare i polsi in previsione di quel che poteva accadere.
Scopriamo invece, con piacere, che il risultato finale dello studio sembra dipendere anche dall’influenza del committente supervisore e dai suoi storyboard. Revelations scorre veloce, senza troppi tempi morti, con un buon design, animazioni discrete e una CG piazzata nei punti giusti.
Curiosamente, nonostante la classica deriva manga (che appiattisce un po’ lo stile, rendendo le produzioni di questo studio molto simili a livello di chara design), il tutto si adatta inaspettatamente bene al design dei Masters, con qualche tocco citazionista qua e là palesemente ripreso da alcuni anime e videogiochi. C’è parecchio spazio per il miglioramento, beninteso.
Inevitabile, in questo caso, spendere qualche parola anche per il doppiaggio, spesso sottovalutato nei prodotti animati e invece, in casi come questo, molto importanti nel conferire il giusto tono ai personaggi. Le voci scelte da Smith sono tutt’altro che anonime, o note unicamente agli appassionati di serie animate: tralasciando il fatto che Chris Wood dona la giusta ambivalenza vocale al suo Adam / He-Man, abbiamo due attrici note per i loro ruoli badass quali Lena Headey e Sarah Michelle Gellar nei panni di Evil-Lyn e Teela e un meraviglioso Mark Hamill in quelli di un indecifrabile Skeletor, perfettamente in bilico tra megalomania e ilarità.
Il cast recupera anche le voci di interpreti come Liam Cunningham, Kevin Conroy (ovvero… il più noto Batman animato!) e addirittura Alan Oppenheimer, voce originale di Skeletor, qui nei ruolo del decisamente più pacato Moss Man. Un plauso va anche alla versione italiana curata da Fabrizio Mazzotta, che azzecca alla perfezione tutte le voci, assegnando tra l’altro quella di Skeletor a Pasquale Anselmo con grande lungimiranza. E anche l’adattamento è molto ben curato, facendo notare che chi l’ha realizzato non è uno sprovveduto e conosce il materiale di partenza.
Masters of the Universe: Revelation è disponibile su Netflix
Masters of the Universe: Revelation è una serie animata che mostra tutta la furbizia (e al contempo l'amore per il materiale di riferimento) del suo autore, quel Kevin Smith che ha avuto il coraggio e la costanza per restare fedele ai concept fondamentali della saga pur prendendosi la briga e la responsabilità di portarla in direzioni nuove e molto interessanti.
Tecnicamente discreta, attorialmente magnifica e con diversi tocchi distintivi in grado di coinvolgere sia i fan di vecchia data che nuovi appassionati, Revelation potrebbe infastidire chi cercava solo una imbiancata di facciata alla ridicola (col senno di poi) serie originale, ma galvanizzare chi, invece, vedeva nei pupazzi principi degli anni '80 la possibilità di mettere in scena il dominio delle possibilità.
- Molto fedele alla fonte, nel canone e nelle intenzioni...
- ...ma con il coraggio di cambiare lo status quo
- Caratterizzazioni profonde e ben pensate
- Le sorprese non mancano
- Grande cast vocale
- Qualità altalenante di character design e animazioni
- Soundtrack meno epica del previsto (e del necessario)
- Se volete He-Man e Skeletor in un ruolo centrale, recuperate piuttosto la serie del 2002