Cominciamo la recensione di Io sono nessuno da una premessa: questo è il film delle rivincite e delle conferme. La nuova opera di Il’ja Najšuller con protagonista Bob Odenkirk racconta una storia su schermo che si riflette anche su quella di regista e interprete principale: non si sfugge dal talento. Di qualunque tipo sia, prima o poi è nella sua natura manifestarsi. Najšuller, artista russo principalmente noto per la sua carriera musicale, aveva già provato nel 2015 la carta del cinema, con un risultato interessante per quanto super-sperimentale: il suo Hardcore Henry era un bizzarro videogioco First Person Shooter… che non si giocava, e chiaramente non fu apprezzato per la sua natura ibrida fuori contesto. Un lavoro con molto estro e voglia di sperimentare, ma non per tutti i palati. Ecco che Najšuller ci riprova e… fa centro. Bastava prendere un po’ più la mira e indirizzare il proprio talento in direzioni più consuete, forse, ma più a fuoco.
Un altro grande talento che trova nuove vie di espressione è Odenkirk, che alla non più giovane età di 58 dimostra di poter essere un eroe d’azione convincente quanto Keanu Reeves o Tom Cruise, nonostante i suoi trascorsi attoriali siano piuttosto distanti da questo archetipo. Ma andiamo con ordine.
Un lupo travestito da agnello, con le migliori intenzioni
Hutch Mansell è un vero e proprio “Signor nessuno”, le cui giornate si trascinano stancamente tra una bella -quanto ordinaria- famigliola, un avvilente lavoro da contabile presso la piccola azienda del suocero e la rincorsa abituale al camion della nettezza urbana, con cui manca sistematicamente l’appuntamento. Una vita tranquilla, abitudinaria, scandita dai passi di jogging e dal continuo atteggiamento di sufficienza a lui riservato da chi gli sta accanto, come a ricordargli ogni singolo giorno che lui “non è nessuno”. Una notte, una coppia di malcapitati ladruncoli tenta di rapinargli casa: Hutch, pur potendo colpire o quantomeno mettere in fuga gli aggressori, decide di non rischiare conseguenze e lasciarli compiere il loro modesto colpo da una manciata di dollari. Ma quando a mancare all’appello è il braccialetto col gattino della figlioletta, qualcosa scatta in lui: qualcosa di simile a un meccanismo di rivalsa che porterebbe un uomo qualunque a reagire in modo violento e a trasformarsi in giustiziere. Peccato che lui, in realtà, sia tutto tranne che un uomo qualunque: in gioventù è stato una vera e propria macchina da guerra umana dell’FBI, destinato a sbrigliare le situazioni più ingarbugliate nella maniera più efficace e definitiva possibile… lui era il “Risolutore”.
Un giustiziere solitario come tanti, ma unico
Il genere relativo al “giustiziere solitario”, negli ormai cinquant’anni che ci separano dall’uscita di Deathwish (Il giustiziere della notte) con Charles Bronson, è stato esplorato in lungo e in largo, in maniera più o meno riuscita. Un sottofilone, tra quello dei più apprezzati, è quello in cui il protagonista risulta essere un uomo altrimenti ordinario, mite, addirittura bonario, almeno finché qualcosa non scatta e lo smuove dal torpore della sua esistenza, trasformandolo in un vendicatore, un vigilante. Un trauma che porta con sé altra violenza, spesso sommaria, volta a “raddrizzare un torto”. Un ideale che fa rabbrividire nella realtà, ma nella finzione filmica funziona fin dagli albori del cinema, perpetrato da personaggi iconici tra cui lo stesso Batman.
Tra questi, negli ultimi anni, ha avuto enorme successo (nascendo, peraltro, direttamente al cinema, senza appoggiarsi a una base letteraria, fumettistica o videoludica) John Wick, ex assassino e cacciatore di taglie ritiratosi a vita privata ma tornato in azione in seguito a un evento fortuito. Un personaggio magistralmente portato su schermo da Keanu Reeves, rendendolo un’icona.
L’archetipo, però, funziona così bene che lo stesso autore del personaggio, Derek Kolstad, ha deciso di rimischiare le carte e provare a vedere cosa succede cambiando tutto per non cambiare nulla, reimpostando le coordinate del personaggio su quelle del Robert McCall di The Equalizer ma rendendolo decisamente più esagerato e plateale, oltretutto dandolo in pasto a un attore eccezionale, carismatico, ma decisamente poco noto per gli action movies come quello che ci ha regalato l’incredibile Saul Goodman di Breaking Bad, ovvero Bob Odenkirk.
Dimmi che hai girato il remake di John Wick, senza dirmi che hai girato il remake di John Wick
A conti fatti, si tratta di un’operazione molto furba ma incontestabile: spesso ci si lamenta dei tanti remake inutili e delle idee continuamente riciclate, soprattutto perché i risultati sono solitamente di basso profilo, ma anche per una idiosincrasia automatica “di rigetto” quando percepiamo il volerci proporre, da parte dei produttori, opere che sanno di “già visto” a partire dal trailer e mucche munte all’inverosimile, perché partire dalla base di un franchise è sempre più comodo che inventarsi qualcosa. Ebbene, Io sono nessuno è un film che apparentemente parte da zero, ma in realtà è letteralmente un remake di John Wick, spostando le pedine al posto giusto e ribaltando molte situazioni. Non scenderemo nel dettaglio, ma se conoscete bene almeno il primo film della saga vi renderete subito conto delle intelligenti digressioni e cambiamenti operati per far sembrare Nobody un film “nuovo” quando è semplicemente un film “intelligente” e capace di apparire fresco nonostante anche Deadpool e Kingsmen abbiano sdoganato un certo tipo di azione molto fisica, gore al punto giusto e con tanto umorismo nero nel mezzo.
Il merito è sicuramente condiviso: la base narrativa di Kolstad, oramai un piccolo guru del genere, è stata fondamentale per impostare una direzione, saldamente intrapresa poi dal cast. Najšuller, inaspettatamente, rende la pellicola con un ritmo molto serrato, senza però essere martellante a livello di immagini e suoni come ci aspettavamo, visti i suoi trascorsi: la progressione cadenzata degli avvenimenti, invece, valorizza le interpretazioni del cast e la psicologia dei personaggi, estremamente ben definita (e azzeccata) pur nella loro linearità. Linearità che tuttavia assume una terza dimensione grazie ai suoi interpreti, in primis Odenkirk, che rende perfettamente la nervosa minacciosità insita nel suo personaggio. Un plauso poi va all’impagabile Christopher Lloyd, che tratteggia la figura del padre di Hutch con irresistibile semplicità e fa venir voglia di vedere uno spin-off solo su di lui.
Io sono nessuno è un film travolgente, che accalappia anche quando evidentemente sale un po' troppo sopra le righe. Decisamente brutale ma mai grezzo, si concede anzi il lusso di diverse finezze nel suo beffardo utilizzo dell'ironia, assolutamente apprezzabile, rendendo di concerto un film come John Wick sicuramente bello ma molto più patinato e coreografato nelle sue scene e nei suoi temi.
Se un po' di “sana” violenza liberatoria non vi spaventa e avete voglia di vedere come si rende unico qualcosa di già visto altre mille volte, è un film assolutamente consigliato.
- Ottimamente ben congegnato nelle sue meccaniche semplici ma efficacissime
- Odenkirk e Lloyd da soli valgono il prezzo del biglietto
- Più profondo del previsto, con un'ottima ironia amara di fondo
- Alle volte si prende troppo sul serio...
- ...e quindi stona quando esagera con toni inverosimili