Settimana scorsa, il sistema sanitario del distretto di Waikato, Nuova Zelanda, è stato colpito da un attacco hacker che sembra in tutto e per tutto rientrare nella categoria dei ransomware. Ora i dati dei pazienti sono stati parzialmente distribuiti alle testate locali e ad alcune agenzie di stampa, dettaglio che potrebbe essere considerato un sollecito al pagare un riscatto di cui le autorità competenti non hanno ancora fatto menzione.

Come per il caso della Colonial Pipeline Co., la struttura gestionale si è trovata improvvisamente bloccata e, a distanza di giorni, non è ancora riuscita in alcun modo a riprendere l’opportuna operatività di un servizio sanitario che è per sua stessa natura critico e vitale.

Gli ospedali coinvolti nella faccenda stanno cercando di restaurare manualmente i dati dei pazienti e, nel frattempo, stanno chiedendo ai malati e agli infortunati non gravi di far riferimento ad altre strutture sanitarie, così da non oberare di lavoro un’istituzione che è già evidentemente sull’orlo del collasso.

Siamo consapevoli che i criminali possano vedere ciò che viene detto su di loro sui media e che questo possa influenzare il loro atteggiamento. Su questa base, non possiamo rilasciare ulteriori commenti,

ha dichiarato seccamente l’uomo a capo dei servizi sanitari di Waikato, Kevin Snee.

L’attacco ransomware ai sistemi della Nuova Zelanda segue a distanza di poco tempo un omologo attentato digitale inferto al servizio sanitario irlandese. Non ci sono prove che i due casi siano collegati, ma una simile coincidenza sottolinea come le reti cliniche siano tra i bersagli prediletti dagli attacchi hacker.

 

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