Incredibile quanti CEO siano ai vertici di potentissime aziende tech senza avere la più pallida idea di cosa succeda sotto di loro. Cinismo a parte, la testimonianza di Tim Cook, uomo a capo di Apple, nella causa intentata alla Big Tech dal distributore Epic Games è andata esattamente come ci si sarebbe aspettati: non ha risposto a nessuna delle domande chiave che gli sono state poste.
Si tratta di una strategia manageriale che ha francamente stancato, ma, a parziale discolpa dell’imprenditore, anche l’unica che avrebbe mai permesso alla ditta sotto accusa di uscire dalla situazione senza finire in pasto alle belve.
La discussione di tribunale in corso, lo ricordiamo, mira a stabilire se l’App Store degli iPhone sfrutti una posizione di Mercato vantaggiosa per imporre condizioni contrattuali di stampo monopolistico. Per cogliere in fallo il CEO in questione, l’avvocato dell’accusa ha giocato pesante, domandandogli tra le altre quale fosse la somma dedicata annualmente alla ricerca e sviluppo per il negozio di applicazioni.
Se Cook avesse ammesso grandi investimenti, allora il legale di Epic avrebbe potuto sottolineare come tali somme servano a garantirsi un vantaggio sleale sulla concorrenza, qualora avesse invece dichiarato cifre esigue, allora avrebbe indirettamente dimostrato la dominanza dell’App Store, sottolineando che il servizio sia tanto potente da non necessitare neppure il sostentamento della ricerca.
Come ne è uscito il leader di Apple? Semplicemente sottolineando che il reparto di ricerca e sviluppo dell’azienda riceva un budget per coprire ogni categoria di indagine tecnica e che non sia possibile definire quanti soldi siano dedicati al singolo prodotto.
In questo modo, a Epic non è rimasto che speculare, ipotizzare e teorizzare, tutti elementi utili a intavolare un confronto, ma pressoché superflui in un’aula di tribunale. La stessa scena si è dunque replicata quando l’avvocato ha chiesto quali siano i profitti ottenuti dal servizio. Risposta: le vendite nette complessive si aggirano sui 275 miliardi con un margine di profitto del 21 per cento, tuttavia è impossibile definire la somma ottenuta nello specifico dall’App Store.
Poco dopo, un momento di tensione: l’accusa ha chiesto quanto di questo profitto fosse legato al Mac e quanto fosse invece riferito ai sistemi iOS. Apple, a questo punto, si è rifiutata di fornire i dati, considerandoli confidenziali, e Cook si è limitato a suggerire che i ritorni di iOS siamo “parecchio più grandi” di quelli dei Mac.
Ovviamente non è lecito pensare che Cook non ne sappia veramente niente o che l’organizzazione di Apple sia tanto anarchica e arabattata, tuttavia la Big Tech preferisce giocare a carte coperte, dimostrandosi torbida piuttosto che concedere ai suoi avversari anche solo il minimo appiglio con cui poter avere la meglio.
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