Spesso ci si lamenta dei tempi della burocrazia, soprattutto in questi mesi in cui i tribunali sono rallentati a causa della pandemia di coronavirus. In Indonesia si è cercato di mantenere i ritmi della giustizia affidandosi a Zoom e altri programmi di videoconferenza, con il grottesco risultato che alcuni criminali si siano visti assegnare la pena di morte in remoto.
A denunciare la situazione è Amnesty International, associazione che ha recentemente pubblicato online il suo report annuale sulle esecuzioni di Stato. Nella sessantina di pagine del documento, i ricercatori si sono attardati a evidenziare la criticità di un simile procedimento amministrativo, il quale pone una standardizzazione deumanizzante della pena che inquieta coloro che si occupano di diritti umani.
Le udienze virtuali sviliscono i diritti di coloro che si devono difendere dalle sentenze capitali – è una questione che determina la vita o la morte di una persona. La pena di morte è sempre stata una punizione crudele, ma questo trend online aggiunge ingiustizia e crudeltà,
ha sottolineato Usman Hamid, direttore di Amnesty International Indonesia.
Il lato umano della giustizia si troverebbe infatti filtrato dallo schermo del computer, con l’empatia dei giudici che verrebbe in molti casi attenuata dal medium digitale, aggravando non poco la posizione dei potenziali condannati. Nonostante l’Indonesia sia facile alla pena di morte – soprattutto per crimini di droga – non è infatti raro che la condanna venga commutata in ergastolo, situazione che sembrerebbe ostacolata dallo smart working giuridico.
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