Lo Soufan Centre, un’organizzazione non-profit fondata da un ex-agente dell’FBI, ha pubblicato un report in cui denuncia come Russia e Cina abbiano sfruttato la Rete per fomentare le narrative di QAnon, poi esplose nell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio. Non solo, le due potenze starebbero tutt’ora agendo per spaccare in maniera irreparabile le opinioni politiche degli statunitensi e a loro si sarebbero unite anche Iran e Arabia Saudita.
Un documento che è forse da prendere con le pinze, ma non completamente infondato: la stessa FBI ha ammesso vi siano state delle infiltrazioni straniere all’interno del movimento in questione, anche se resta molto ambigua la portata di un simile intervento esterno.
Secondo ai ricercatori, Russia e Cina avrebbero di fatto generato circa un quinto del flame relativo a QAnon, quindi gli altri Paesi avrebbero contribuito in un secondo momento a fare da cassa di risonanza, intavolando un meccanismo di disinformazione di portata internazionale.
Sebbene sia palese che il complottismo di QAnon abbia influenzato direttamente l’assalto al Campidoglio statunitense, è infatti ben più difficile il dimostrare l’origine di simili messaggi, soprattutto perché un intervento estero si posizionerebbe comunque in un’area politicamente grigia, difficile da normare. Proprio per questo, il report chiede che i social facciano di più per interrompere sul nascere le propagande pregne di falsità, anche al costo di rimetterci un po’ di engagement.
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