Dalla Cina, i diplomatici continuano ad applicare una provocazione internettiana strategica, sfidando il Vice-Primo Ministro giapponese, Taro Aso, a bere l’acqua radioattiva filtrata di Fukushima, ovvero l’acqua che il Giappone vuole presto riversare nell’oceano.

Sia chiaro, i toni da “leone da tastiera” appartengono ormai a un modo di fare politica che viene cupamente applicato da personaggi pubblici di ogni nazionalità, tuttavia gli account cinesi sembrano affidarvisi in maniera sempre più martellante, al punto che questo loro comportamento si è addirittura meritato una definizione tutta sua: quello di diplomazia “wolf warrior“.

I politici giapponesi dicono che le acque reflue trattate siano “innocenti”, allora perché non la bevono, non la usano per cucinare o per lavarsi i panni? Dovrebbero garantire che la pesca non venga contaminata; accettare l’opinione della IAEA e impostare un gruppo di lavoro tecnico con la Cina e la Corea per fare valutazioni,

ha twittato il Ministro degli Esteri cinese Zhao Lijian.

Nella sua sfuriata, il diplomatico non ha tuttavia tenuto da conto che la IAEA – la The International Atomic Energy Agency – ha già fornito il suo appoggio al governo giapponese, seppur con una discreta e opportuna cautela.

Oltre ad aver metaforicamente emulato una scena del film Erin Brockovich, insomma, Lijian non ha veramente offerto la prospettiva della Cina su Fukushima, tuttavia questi atteggiamenti coercitivi rischiano sempre di essere più efficienti dei fatti e non vanno mai sottovalutati.

 

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