Dal 23 Aprile arriverà su Sky la serie TV Anna, tratta da un romanzo di Niccolò Ammaniti, e che avrà lo stesso scrittore alla regia. Si tratta di un racconto che mischia la distopia con il coming of age, una sorta di Signore delle Mosche all’italiana, con i giovani protagonisti che vivono in una Sicilia post-pandemia. Abbiamo assistito alla presentazione di Anna, in cui Ammaniti e gli altri protagonisti della produzione hanno descritto tutto ciò che è ruotato attorno al progetto.
Nicola Maccanico di Sky ha aperto l’incontro sottolineando come Anna sia “una serie TV che è figlia di un percorso. La serialità dev’essere larga, pop, e deve cercare l’altezza. Quelle di Ammaniti sono storie universali, ed in più si è aggiunto un nuovo raffronto: il rapporto tra grandi e piccoli. C’è una grande qualità estetica in Anna“.
Mentre Mario Gianani di Wildside ha sottolineato come la collaborazione con Ammaniti sia nata grazie “alla sua capacità di riscrivere il genere, e questa raccontata in Anna è una distopia realistica. Ammaniti qui fa un passaggio alla regia, avevamo tutti fiducia in lui, ed ha fatto un lavoro magnifico. Viviamo in un mondo di algoritmi, in cui gli autori devono spezzare gli algoritmi, e Ammaniti e Francesca Manieri ci sono riusciti“.
Proprio la co-sceneggiatrice della serie TV, Francesca Manieri, ha dichiarato:
“Questa è la seconda volta che lavoro con Niccolò Ammaniti, che considero la persona che ha il tasso d’idee più alto del mondo. Lui è molto prolifico, e va gestito. Abbiamo un carattere simile. Entrambi abbiamo una certa spiritualità ed ironia. Quando si scrive e si ha una forza come quella di Niccolò si possono spaccare i meccanismi schematici.
Questa è la seconda volta che lavoro con Niccolò Ammaniti, che considero la persona che ha il tasso d’idee più alto del mondo. Lui è molto prolifico, e va gestito.
Quelle di Anna sono tematiche affini alla serie TV Il Miracolo. C’è una reciproca implicazione tra bene e male. Ironia e compassione guidano la scrittura, non il colpo di scena. Niccolò ha fatto un grande lavoro, si trattava di un qualcosa di titanico, e lui ha gestito tutto al meglio. Non aveva la fatica della macchina, e questo perché c’è stata una visione che ha guidato il tutto”.
Ed arrivati al momento di Ammaniti, lo scrittore ha raccontato come è nata l’idea di espandere il romanzo, e di realizzare la serie TV su Anna:
“Dopo il romanzo ho passato anni a pensare ancora a questa storia. Si tratta di una ragazzina che cerca di superare i limiti della sua strana esistenza. E più passava il tempo più emergevano altre storie. Volevo scrivere un’edizione più lunga, raccontare vecchi e nuovi personaggi. Non sapevo come continuare questo racconto, e Gianani mi è venuto incontro: abbiamo parlato del fatto d’inserire altri personaggi, e ho detto che volevo curare la regia. E devo dire che mi sono stati di supporto. Ci sono centinaia di bambini che hanno lavorato con noi, e che non si sono mai tirati indietro. Mi rattrista che sia tutto finito, perché si era creata una famiglia”.
Parlando proprio dei protagonisti, Giulia Dragotto è l’interprete di Anna nella serie TV. Ecco le sue parole:
“Anna mi ha lasciato tante belle cose, anche se sono molto diversa da lei. La stimo perché mi ha lasciato un qualcosa che non avrei acquisito mettendomi nei suoi panni. Lei è folle e coraggiosa, se fossi stata al suo posto non saprei come avrei agito”.
Elena Lietti è, invece, l’interprete di Mariagrazia, la madre di Anna:
“Mariagrazia è fedele a sé stessa ed ai bambini. Vediamo in lei il coraggio, l’autonomia e la libertà di pensiero. La sua eredità è nel libro che lascia e che rappresenta un manuale di sopravvivenza con delle cose molto pratiche che aiuteranno i protagonisti. Ci sono anche cose che hanno a che fare con la memoria, con l’importanza della famiglia. Questa mamma diventa una guida importante”.
Roberta Mattei interpreta la Piccirdda, e descrive il suo personaggio come “funzionale, perché è una ragazza con una forte personalità, che si poteva spostare più verso il disagio e la remissione, ed in realtà vive la propria natura. La natura poi diventa uno dei temi fondamentali. Il mio è l’unico adulto in un mondo di bambini”.
Tra i più piccoli che hanno partecipato alla produzione c’è Alessandro Pecorella, un giovane attore di soli 9 anni. Ammaniti lo ha descritto come “il figlio che avrei voluto avere, lui ha capito subito come doveva fare l’attore, è diventato una star navigata in pochissimo tempo. Ha fatto delle cose incredibili, salendo sugli alberi e lanciandosi. Lui mi ha portato verso la sua età“.
Mentre Clara Tramontato fa Angelica, che lo stesso Ammaniti ha descritto come “la cattiva della storia. Quando l’ho scoperta ai provini era in mezzo ad altre cento Angeliche, ed ho capito subito che era quella giusta. Sembra cattiva ma è buonissima e molto timida. Tutti hanno sofferto a livello fisico, ma tra tutti lei è quella che ha sofferto di più, è stata brava, e mi manca“.
La stessa Tramontano ha dichiarato:
“Spero di non essere esattamente come Angelica, perché non è proprio una bella persona. Per me è stato fantastico stare dentro quel set, un qualcosa d’incredibile. Si è trattata della mia prima produzione, e si vedeva che tutti lavoravano bene, c’erano cose molto belle ed è stato davvero emozionante“.
Giovanni Mavilla è l’interprete di Pietro, che Niccolò Ammaniti ha descritto come “il ragazzo che Anna incontra durante la storia, e di cui s’innamora. Anna è un po’ selvaggia, ed anziché costruire una famiglia pensa ad andare oltre. Pietro la segue e la ricentra. Giovanni è stato bravo a fare questo ruolo”.
Lo stesso Mavilla ha così descritto la sua esperienza:
“Mi sono molto divertito, ho imparato qualcosa da Anna come personaggio. L’esperienza è stata nuova per me, ma lavorando insieme si è creata una famiglia”.
E passando alle domande rivolte dai giornalisti: è stato chiesto ad Ammaniti della gestazione della serie, prima e durante la produzione (considerando anche l’interruzione dovuta all’inizio della pandemia).
Ammaniti: “La gestazione della serie è stata lunga. Un abbozzo della sceneggiatura è stato scritto prima de Il Miracolo. Poi siamo partiti per un giro per la Sicilia per trovare i luoghi della produzione. Serviva un mondo post-pandemia, perché i ragazzi si muovono nei centri commerciali per svaligiarli. Il lavoro di location e scenografia è stato lungo. La cosa più impegnativa però è stata il casting, bisognava trovare tanti ragazzi.
Quando siamo partiti è stato faticoso, avevo fisicamente paura di non farcela. Abbiamo girato, oltre che in Sicilia, anche nel Lazio ed in Toscana, poi quando è arrivato il Covid eravamo in Sicilia. Da un giorno all’altro è arrivato il lockdown, ci siamo trovati in una solitudine improvvisa, a volte ci vedevamo su Zoom per cercare di capire cosa fare. Cercavo di lavorare in remoto con il montaggio, ho corretto delle cose, e negli ultimi tre mesi non c’erano neanche più disponibili gli stessi luoghi“.
Che effetto ha prodotto l’intreccio tra la pandemia reale e quella nella serie TV Anna?
Ammaniti:
“Mi ha impressionato l’intreccio tra realtà e finzione. Quando nei flashback abbiamo raccontato lo sviluppo della pandemia, c’era la mia malattia, la rossa, che aveva un qualcosa di dermatologico, ma è stata solo un espediente narrativo“.
Mi ha impressionato l’intreccio tra realtà e finzione. Quando nei flashback abbiamo raccontato lo sviluppo della pandemia.
“In Io non ho paura – ha proseguito- raccontavo un mondo di una piccola società di bambini con gli adulti che sono tutti degli orchi. In Io e Te ho continuato il percorso, ed ho coltivato questa ossessione con Anna, mettendo dei bambini in un mondo senza adulti. E per isolare gli adulti dai bambini ho pensato ad un virus. Avendo studiato biologia ho trovato questa un qualcosa di plausibile. Quando è venuto il Covid ed abbiamo girato delle scene in cui le persone avevano le mascherine ha fatto impressione“.
Quando è venuto il Covid ed abbiamo girato delle scene in cui le persone avevano le mascherine ha fatto impressione.
In un mondo distopico, in cui i bambini si ritrovano senza gli adulti il diario è l’unica speranza in un ambiente che porta verso la morte.
Ammaniti: “Non esiste futuro se non c’è un passato. Questo mondo di bambini ha una memoria bassa, e l’unica che ha memoria è Anna grazie al libro lasciato dalla mamma. Leggere è fondamentale, ha aiutato noi come società, ed aiuta i protagonisti di questa serie. Il libro è una tradizione che viene portata avanti“.
Manieri: “Il quaderno è un simbolo dell’importanza della scrittura, la centralità della parola. Passato, presente e futuro grazie alla parola coesistono“.
Come è arrivato Ammaniti alla regia di Anna?
Ammaniti: “C’è stata in passato l’idea che facessi la regia di Io e Te, poi arrivò Bertolucci e gli lasciai il posto con grandissimo piacere. Non mi piaceva scrivere una storia per trasformarla in un film ed in una serie. Su Il Miracolo mi sono messo in gioco perché era una serie originale. Di Anna ho espanso l’universo narrativo, quindi non è la stessa cosa del libro.
Quando ho visto i film tratti dai miei romanzi avevo la visione di un lettore, sentivo perciò una certa distanza rispetto a quelle visioni. Volevo quindi fare un qualcosa perfetto per le mie storie, qualcosa che le rappresentasse così per come le avevo immaginate.
L’incertezza ed il timore c’erano, anche durante la fase di riprese. Ho avuto la percezione che la cosa stesse funzionando solo dopo un po’, e ne sono stato rassicurato. Non sapevo se ero in grado di saper utilizzare la macchina“.
Il poster della serie, con la madre di Anna che indossa la tuta da astronauta cosa vuole rappresentare?
Lietti: “Siccome ho lavorato bene con Niccolò Ammaniti fin da Il Miracolo, innanzitutto l’immagine di base della serie rappresenta la fiducia che ho per Niccolò. Si tratta della visione che Anna ha della madre: c’è il personaggio che si mostra come un’astronauta con un gatto accanto, un qualcosa di molto poetico, evocativo, che significa molto.
Niccolò all’inizio voleva che la madre apparisse come un fantasma nero, e dopo averla girata sembrava non funzionare, perciò dopo la girammo di nuovo, e l’idea di mostrare quest’astronauta con il gatto ha funzionato“.
Che equilibrio c’è in un racconto che incrocia il coming of age col mondo degli adulti che porta verso la morte?
Manieri: “Già nel romanzo c’è un personaggio che diventa madre, moglie, vedova, e vive tutto insieme. Il coming of age vale per tutte le età. La ferita dell’adolescenza ha sempre a che fare con la morte, e qui diventa ancora più forte perché c’è la malattia“.
Ammaniti: “Quando si cresce qualcosa la perdiamo, come il gioco o la fantasia. Ho sentito sempre quel primo periodo di vita come una specie di morte, e dopo che lo si vive si passa al ricordo di quello che c’è stato nell’infanzia e nell’adolescenza“.
Ammaniti: “Quando si cresce qualcosa la perdiamo, come il gioco o la fantasia. Ho sentito sempre quel primo periodo di vita come una specie di morte, e dopo che lo si vive si passa al ricordo di quello che c’è stato nell’infanzia e nell’adolescenza”.
Avete pensato di far uscire più tardi la serie, considerando la concomitanza con una pandemia reale?
Maccanico: “Portiamo questa serie al pubblico per questioni diverse rispetto al Covid. Questo slot lo abbiamo confermato perché in Anna il virus non è collegabile con questa pandemia. Ci sono assonanze involontarie, ma è una meravigliosa storia di fantasie, che tocca pulsioni reali e profonde.
La serie prende le mosse da un contesto complicato, ma alla fine libera, dà speranza. Oggi siamo contornati dal coronavirus, e non si riesce a trovare altro. Chi fa il nostro lavoro non si deve fare condizionare, Anna è un viaggio completamente diverso, ed aiuta a distrarsi.
La serie prende le mosse da un contesto complicato, ma alla fine libera, dà speranza. Oggi siamo contornati dal coronavirus, e non si riesce a trovare altro, ma Anna è un viaggio completamente diverso, ed aiuta a distrarsi.
Ci sono ispirazioni specifiche a livello visivo per la serie?
Ammaniti: “Mi ha colpito un quadro di Brueghel con dei fanciulli che giocano in piazza facendo tanti giochi, alcuni anche violenti. Ci sono i bambini che provano a fare quello che fanno gli adulti, ed hanno dei volti molto seri. Quel quadro è stato la prima impressione visiva di ciò che volevo fare. Poi mi ha ispirato Apocalypto, che a livello di cura dei costumi e trucco è molto dettagliato, e lo volevo utilizzare“.
Ammaniti che bambino è stato?
Ammaniti: “Mi facevo gli affari miei, e mi chiedevo perché dovevo andare a scuola, soffrivo quest’imposizione, mi chiedevo se si potesse essere liberi come gli animali. L’ipotesi di un mondo altro in cui rifugiarsi è stato un qualcosa che mi ha aiutato. Adoravo raccontarmi delle storie“.
Cosa vuole trasmettere Anna al pubblico?
Ammaniti: “Voglio trasmettere speranza ed anche rispetto delle regole, così come ha detto il Presidente del Consiglio Draghi ultimamente. La speranza muove tutta la storia, e diventa una spinta propulsiva.
La speranza muove tutta la storia, e diventa una spinta propulsiva.
La Sicilia è l’emblema stesso della speranza, perché c’è un dito d’acqua che la divide dal continente, ma che sembra enorme. Anna cerca di aprire un varco verso un futuro per lei, ma per tutta l’umanità.
Anna di Niccolò Ammaniti sarà completamente disponibile dal 23 Aprile su Sky