Un’iniziativa legislativa del Parlamento Europeo esorta la promulgazione di una legge che garantisca il diritto alla disconnessione dei lavoratori in smart working.

L’iniziativa è stata votata e approvata, con 472 voti favorevoli, 126 contrari e 83 astensioni, e parte dalla normale esigenza dei lavoratori digitali vecchi e nuovi di disconnettersi al di fuori dell’orario “di ufficio” o comunque di lavoro. Si punta a stabilire i limiti del lavoro volontario e di quello subordinato, i requisiti minimi, le condizioni e gli orari e i periodi di lavoro e riposo.

Difatti, sebbene lavorare da casa possa sembrare comodo (e in molti casi lo è) col tempo si è venuta a creare una vera e propria cultura del lavoro distorta per la quale si è “sempre connessi” e non si stacca mai, influendo sulle dinamiche personali e familiari dei lavoratori.

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria causata dal COVID-19, lo smart working è aumentato di circa il 30%, valore che probabilmente è destinato ad aumentare ulteriormente. Secondo la ricerca condotta in merito da Eurofound, i lavoratori da remoto hanno più del doppio delle probabilità di lavorare oltre le 48 ore settimanali massime previste dalla legge, rispetto ai lavoratori in sede. Oltretutto, uno su tre compie straordinari non volontari, a fronte del 5% dei lavoratori da ufficio fisico. E questo è il valore dei lavoratori dipendenti: il problema è ancora più sentito dagli autonomi, costretti spesso a turni di lavoro massacranti per restare in quota o guadagnare abbastanza.

Il telelavoro è stato accentuato enormemente nel corso dell’ultimo anno, andando a costituire un’alternativa fondamentale per non fermare le attività e il diritto al lavoro di molti, ma orari di lavoro prolungati, uniti a sollecitazioni psicologiche sbagliate, ha visto crescere in percentuale, negli stessi, pesanti ripercussioni fisiche e mentali con stati d’ansia, depressione ed esaurimento.

Il cosiddetto “diritto alla disconnessione” viene quindi percepito dai parlamentari che stanno portando avanti la proposta come un diritto fondamentale del lavoro, per cui al di fuori di certi orari precedentemente chiarificati non venga richiesto impegno lavorativo e/o disponibilità, se non sotto forma di straordinari volontari.

Secondo la proposta di legge questo diritto andrebbe garantito e non, come invece accade in talune situazioni, scoraggiato se non deriso sotto forma di discriminazioni, critiche o minacce di licenziamento, e i governi dei Paesi UE dovrebbero adottare misure atte a incoraggiarne l’adozione.