Il Parlamento europeo da voce al desiderio di introdurre regole stringenti che vadano a infrangere il monopolio delle Big Tech.
Margrethe Vestager, Commissaria europea della concorrenza, si é oggi fatta sentire forte e chiara: il mercato va protetto dai malcostumi, con le aziende digitali che devono imparare a prendersi più responsabilità e con le nazioni dell’UE che deve iniziare a coordinarsi con maggiore agilità.
Nello specifico, la politica ha promosso con forza gli obiettivi della Digital Services Act (DSA), suggerendo che, per limitare la diffusione di contenuti pericolosi o illegali, le piattaforme online debbano accertarsi dell’identità dei propri clienti.
Vestager ha parlato anche della meno nota Digital Markets Act (DMA), proponendo l’introduzione di due nuovi “pilastri” normativi che vadano a frenare lo strapotere di quelle Big Tech che, con la loro influenza, possono governare le economie del settore, i cosiddetti “gatekeeper”.
Il primo di questi pilastri é che sia chiarita la lista di quello che i grandi “gatekeeper” digitali possono e non possono fare basandoci sulle nostre esperienze con quel genere di atteggiamento che impedisce ai mercati di lavorare in maniera sana,
ha dichiarato alla think-tank del European Policy Center.
Parallelamente, la Commissaria europea ha incitato tutti i paesi dell’Unione Europea perché diano il via a un’infrastruttura investigativa capace di operare transnazionalmente, un obiettivo che sembra quanto mai improbabile, considerando che le nazioni UE faticano anche solo a trovare un punto d’accordo nel decidere come regolare gli orologi.
Questo ci concederebbe un set di regole armonizzate che ci garantirebbero di investigare certi problemi strutturali dei mercati digitali così che, se necessario, si possa agire per rendere questi mercati costanti e competitivi,
ha sottolineato Vestager.
Queste riflessioni si uniscono a quelle portate avanti dal Congresso statunitense, il quale, proprio oggi, ha sentito i CEO di Twitter, Facebook e Alphabet per valutare la loro opinione sull’eventuale modifica della Sezione 230, ovvero un’alterazione delle regole che normano l’antitrust delle aziende tecnologiche, ovviamente a danno delle Big Tech.
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