Arriva in libreria per EFedizioni nella collana Reika Libri “è tutto un MANGA MANGA”, la non-enciclopedia satirica sui robottoni giapponesi realizzata da Roberto Corradi e Maurizio “The Hand” Di Bona, con una prefazione d’eccezione: Piero Pelù a chiarire definitivamente la vexata quaestio sulla sigla di Jeeg robot d’acciaio.

Robot che abbiamo amato, robot che abbiamo odiato, robot che abbiamo ignorato e che, anche dopo aver letto questo, continueremo a ignorare… esiste un’enciclopedia dei fiori… poteva non esisterne una dei robot/cartoni animati di qualche decennio fa?

Certo che poteva, però noi abbiamo deciso che “è tutto un manga manga” è l’enciclopedia robottonica che mancava, un po’ perché fatta alla nostra maniera, un po’ perché ci sono dettagli, a volte, che fanno la differenza.

 

 

Riceviamo e pubblichiamo una intervista agli autori a cura di Maurizio Di Bona:

Come vi è venuta l’idea di realizzare questo libro sui robottoni?

Roberto: Per un fatto di praticità. In macchina ho CD con le sigle dei cartoni, come trovo una fila – ed essendo romano, le file le trovo appena esco di casa – penso a Go Nagai che immagina di dotare la sua vettura di arti semoventi per superare il traffico… con i robottoni dell’infanzia ormai ci si convive. Poi quando abbiamo cominciato a parlarne col socio, è cominciato un processo inarrestabile.

Maurizio: Era una cosa che covava da un paio d’anni in silenzio nel cassetto ma non aveva ancora trovato le condizioni per venire fuori in maniera coerente. La bozza a matita di Boss Robot che “dabbava” è stato un po’ il seme che ha generato la pianta… con le 31 schede dei robot protagonisti di quegli anime. Non è un caso se poi ce la siamo ritrovata come immagine di copertina del libro.

 

C’è un robot a cui siete più legati e perché?

Roberto: Dovrei dire Mazinga, il Grande però, perché quello con le antenne a punta lo vedo un po’ come un modello sperimentale, ma in realtà per me è Boss Robot, Borot. Non hai idea di quanto lo cercai da piccolo, nella versione che oggi si definisce “action figure” ma che allora veniva identificata con “pupazzetto”. Mi piacevano forma, colori e piedi parallepipeidali. Nel 2008 finalmente ho afferrato un modellino Bandai ma ormai ero grandicello.

Maurizio: Senz’ombra di dubbio Goldrake, in quanto primo della serie, almeno per come la tv italiana ce li ha presentati dal 1978 in poi. Ha innescato quel processo di “urgenza espressiva”, direbbe Björk, di dover disegnare a cartone finito, con dentro l’orecchio ancora il giro di basso di quella cosa meravigliosa che era la sigla finale, “Shooting Star”.

 

Due aggettivi per definire il vostro libro?

Roberto: condivisibile e inattaccabile. Ambiamo a una volontaria imperfezione descrittiva, in ossequio all’imperfezione che accomuna il genere umano e, forti di questa, rielaboriamo ricordi che hanno attraversato incolumi i nostri 4 o 5 decenni di vita.
Maurizio: Bizzarro e satirico. Che poi sono due degli aggettivi che Stanley Kubrick aveva inserito nel trailer del suo Arancia Meccanica e che io per forza di cose ho “rubato” per realizzare il book-trailer del libro (https://youtu.be/sGOASNW3e8w ).

 

 

Avete alle spalle cose di genere e temi diversi. Preferenze?

Roberto: In genere mi piace quello che fa ridere, secondo le intenzioni dell’autore o per un imprevedibile risultato involontario. Mi lascia indifferente la fantascienza, tipo Guerre Stellari. Se però Chewbecca me lo definisci un cocker in piedi, allora mi fa ridere e mi piace anche quella.
Maurizio: Direi nessuna preferenza. Se mi diverto mentre lo disegno, specialmente nella fase delle bozze a matita, quando la sensazione è un po’ quella di “navigare in mare aperto” va bene qualsiasi cosa.

 

 

Come sono nate queste vostre passioni?

Roberto: Semplicemente essendoci mentre tutto si compiva. C’ero anche quando giravano le Fiat 850 ma poi sono arrivate auto migliori e le peggiori le ho dimenticate. Nel tempo, invece, non sono stati proposti cartoni che ho trovato più interessanti dei robottoni e quindi… eccoli lì a occupare ancora la mia immaginazione.
Maurizio: Io ho cominciato a disegnare sui banchi di scuola. Ma proprio nel senso che scarabocchiavo l’oggetto banco delle elementari anche sfruttando graffi, buchi, macchie… e mi piaceva vedere gli altri bambini che venivano intorno a curiosare finchè l’immagine non si completava. Poi sono cominciati i disegnini su richiesta, le caricature dei professori, le donnine nude, i mostri, i cyborg, e tanti Maradona in libera sequenza… vogliamo chiamarla “gavetta”? Rido.

 

Altre passioni?

Roberto: Il cinema di Sordi, quello di Totò, la tv di un tempo, quella di Corrado, la Fiat 500 quella vera, l’automobilismo, inteso come farmi i mobili da me e Leonardo Da Vinci che mi continua a stupire nonostante lo abbia pedinato in tutti i suoi spostamenti conosciuti. Con mezzo millennio di ritardo per evidenti distanze anagrafiche.
Maurizio: La corsa, che mi porto dietro come sana dipendenza da una decina di anni, seppur in maniera discontinua per tutta una serie di ragioni ed esperienze che potrebbero preludere ad un secondo capitolo di “Cose da Runners” (Becco Giallo 2016) fra qualche anno, augurandomi non si riveli solo una lista di acciacchi. E’ anche una sacrosanta ragione per staccare ogni tanto da computer e disegni, e verificare se il mondo sia ancora là fuori.

 

Avete altri progetti insieme o anche ”da separati”?

Roberto: Entrambi, direi. Progetti autonomi ne ho da sempre ma The Hand è un essere umano di qualità, di lusso direi, quindi non mi sogno di interrompere la collaborazione. E’un po’ il concetto di Cochi & Renato senza individuare chi di noi due è l’uno e chi è l’altro.

Maurizio: A dir la verità di progetti aperti ce ne sarebbero tanti che giacciono nel cassetto di cui sopra in attesa di editori interessati. Almeno due conto di completarli entro la fine dell’anno. Attendiamo la fine dell’estate (ma è cominciata?) per valutare se, come e quando procedere con un’altra cosa a quattro mani.

 

Autori di fumetti o libri preferiti?

Roberto: Giorgio Cavazzano, Massimo De Vita (perché sei andato in pensione??!!), Donald Soffritti, Valerio Held. I libri preferiti sono quelli di Grisham o le biografie. Quando Bergonzoni era Bergonzoni, leggevo con “avidigia” Bergonzoni. Ora, al massimo, posso rileggerlo. Se Topolino nelle sue forme librarie lo ascriviamo al genere, allora anche Topolino. Al primo posto, anzi, semmai. Eventualmente.
Maurizio: A questa domanda rispondo sempre Sergio Toppi che poi sottintende Dino Battaglia. Le loro tavole, quando le vidi per la prima volta, mi fecero davvero brillare gli occhi e intravedere i fumetti che avrei voluto disegnare io… e che ancora attendono sempre nel medesimo cassetto del “non essere” con un personaggio che si chiama Diane999. Suonerà strano ma non sono un grande divoratore di fumetti, soprattutto da quando di tempo per leggere me ne ritrovo sempre meno. Ma mi dichiaro onnivoro e riguardo spesso le cose belle lasciate da Bonvi, Jacovitti, Paz a Pratt.