Armored Core VI: Fires of Rubicon, souls e robottoni

Armored Core è tornato. Dopo oltre 10 anni, la storica serie combat action tra mecha più famosa del mondo videoludico torna con una veste completamente rinnovata e stavolta con la potenza di fuoco di una software house che negli ultimi 10 anni è diventata un punto di riferimento globale grazie all’enorme successo dei suoi “Souls”, da Demon’s Souls a Bloodborne, passando per Dark Souls e finendo con l’epocale Elden Ring.

Successo dopo successo, lo studio guidato da Hidetaka Miyazaki non ha soltanto costruito una serie acclamata dal pubblico ma è riuscito a diffondere una filosofia, a iniziare un movimento che ha trasformato i propri giochi in un vero fenomeno: FromSoftware ha dato vita a un nuovo genere, quello dei “souls-like”. Lungi dal limitarsi a essere “giochi difficili”, i Souls si fondano sul principio che il videogioco sia una sfida per il giocatore, un ostacolo superabile unicamente migliorandosi, riprovando, imparando dai propri errori e adattandosi; un dogma che ha frustrato e fatto fuggire tantissimi utenti in questo decennio, ma che ha anche regalato emozioni uniche a chi è riuscito ad abbracciare questa visione.

Oggi, concludendo un circolo che era già iniziato ben prima di Demon’s Souls, Armored Core VI: Fires of Rubicon si presenta al mondo come il souls dei mecha, riappopriandosi di quel senso di sfida e di quella difficoltà che, in fondo, i Souls avevano ereditato proprio dalla serie con i robottoni.

Spara, muori, ripeti

Come già citato nella nostra anteprima di un mese fa, Armored Core VI sembra la perfetta trasposizione della novel/manga All You Need is Kill, meglio conosciuta grazie alla trasposizione cinematografica Edge of Tomorrow, dove l’elemento fondante della trama è la capacità di imparare dai propri errori per migliorarsi e riprovare fino a superare il precedente fallimento. Armored Core VI non è estremamente difficile, e si potrebbe persino dire che alcune missioni sono semplici e banali, ma sa essere punitivo e sfidante quando serve, principalmente nei combattimenti contro i boss.

Come il film con protagonista Tom Cruise e tutti i Souls insegnano, però, per andare avanti l’unica strada è capire dove si sta sbagliando e diventare migliori: non c’è farming, non ci sono strategie conservative né cautela sufficiente che possano rendere il nemico più semplice da battere; spara, muori, migliora e ripeti fino al punto in cui a soccombere è il boss avversario, non ci sono altre vie.

Pimp my ride

Si può essere dei grandi piloti, ma il mezzo rimane fondamentale: “migliorarsi” non significa solo diventare più reattivi, imparare le mosse dell’avversario e coordinare bene attacco e difesa, ma anche prepararsi a dovere. Il secondo elemento fondante di Armored Core VI: Fires of Rubicon è infatti il build setup, ovvero l’assemblaggio dell’AC nelle sue diverse componenti, dalle armi al generatore, dal propulsore ai pezzi del corpo, passando per espansioni e potenziamenti del sistema operativo, tutto combinabile sino a creare centinaia di varianti con le loro peculiarità, dal mecha ad alta mobilità a uno pesantemente armato, con innumerevoli possibilità di personalizzazione in mezzo.

Se nelle missioni minori non si avverte l’esigenza di configurare in particolar modo l’AC, gli scontri con i boss sono praticamente insuperabili senza uno studio accurato di quali componenti installare per contrastare i punti forti dell’avversario. Che si tratti di un carro corazzato, di un AC agile o di un mezzo aereo, i boss hanno ciascuno una personalità e caratteristiche uniche unite a una potenza di fuoco e una resistenza che rendono questi combattimenti un vero inferno, diventando quasi frustranti in alcune fasi di attacco forsennato, pertanto è essenziale non solo adeguare la propria tattica ma soprattutto l’equipaggiamento così da regolare l’output dell’AC.

Valori più alti, infatti, non necessariamente corrispondono a una resa migliore: un setup ultraleggero con maggiore mobilità potrebbe non avere abbastanza energia da renderlo efficace, o soffrire di una potenza di fuoco insufficiente, mentre una configurazione super corazzata potrebbe essere lenta o non avere le giuste armi e munizioni, a seconda dell’avversario. Da questo punto di vista non esiste il setup perfetto: anche progredendo nel gioco, ogni componente ha sempre dei pro e dei contro che lo rendono più adatto ad una situazione invece che a un’altra, rendendo il proprio AC funzionale contro certe tipologie di nemici ma sofferente contro altri.

Per fortuna, il gioco favorisce ampiamente la sperimentazione sulle build permettendo di rivendere ogni oggetto allo stesso prezzo d’acquisto, così il giocatore può tranquillamente investire i propri risparmi, testare la resa del nuovo setup ed eventualmente rivendere le parti/armi meno convincenti per re-investire i fondi in altre varianti. Allo stesso tempo, tuttavia, il fallimento in missione permette di riprovare dal checkpoint e persino di lavorare sull’assemblaggio, ma solo con i pezzi a disposizione nel garage, quindi rimane importante tenere pronte almeno due/tre build diverse per evitare di dover abbandonare la missione e ripetere tutto dopo aver acquistato nuovi componenti.

Dalla salute dell’AC alla stabilità dell’assetto, dalla velocità di propulsione alla capacità di carico, dalla potenza di fuoco alla combinazione delle armi, Armored Core VI vanta una quantità spropositata di attributi e parametri che determinano la resa del proprio mecha, per non parlare dei differenti stili di combattimento legati alle gambe e alle armi principali. Tutto questo si traduce in svariate ore passate tra il negozio e il garage a studiare ogni minimo dettaglio e a collaudare il proprio setup, in un drastico alternarsi di ritmi tra la frenesia degli scontri più importanti e l’analisi approfondita di ogni componente. Un alternarsi ciclico che si ripete almeno una volta a capitolo e rimpiazza la frustrazione delle prime sconfitte con l’estrema soddisfazione di aver finalmente fatto fuori quel boss che sembrava invincibile, proprio grazie a quella nuova build. Rappresenta l’elemento che funziona meglio di questo gioco e incarna appieno la filosofia che FromSoftware vi ha voluto porre alla base.

Azione impura

Venendo al gameplay vero e proprio, Armored Core VI: Fires of Rubicon è un combat action tra mecha in 3D, con un particolare focus sulla verticalità e un raggio d’azione a 360 gradi. La grossa novità rispetto ai capitoli precedenti è sicuramente la maggiore velocità degli scontri, in questo capitolo più che mai frenetici e ad alta mobilità, ma anche l’applicazione della filosofia souls-like ai combattimenti con i boss, che per difficoltà e livello di sfida non hanno nulla da invidiare a Godrick e Malenia. Il risultato, dopo aver preso la mano con i controlli, è azione, tanta azione, tanta adrenalina, schivate repentine, fuoco a volontà, salti, ascensioni e una notevole scia di distruzione, ma non sempre.

Armored Core VI soffre infatti di due problemi: da un lato è piuttosto scostante, con missioni al cardiopalma alternate ad altre brevi, vuote e banali, e dall’altro non riesce a mantenere l’azione sempre godibile per il giocatore, soprattutto a causa di una telecamera che in troppe situazioni risulta impossibile da gestire. Partiamo dal presupposto che la struttura a missioni di per sè non funziona benissimo, relegando il potenziale del gioco a un susseguirsi di percorsi lineari in cui fare piazza pulita di nemici minori sino a trovare il boss del livello: in alcuni casi si intravede anche il tentativo di rendere originale questo tragitto obbligatorio tramite delle meccaniche specifiche per quell’incarico (come il dover restare nascosti o il dover fuggire da un’esplosione in una corsa contro il tempo), ma il più delle volte si tratta di piccoli segmenti riempitivi poco coinvolgenti.

Quando arriva l’azione vera, tuttavia, le dimensioni o la mobilità del boss possono rivelarsi doppiamente ostici a causa del sistema di puntamento e di gestione della telecamera che non rende giustizia al gioco: quando il 70% dell’efficacia difensiva dipende dai movimenti rapidi soprattutto in verticale, una telecamera che si lancia in rotazioni discutibili a seconda di quale nemico si è agganciato e a dove si muove è capace di decretare spesso il fallimento della propria impresa. Dal finire in burroni al ritrovarsi incagliato tra due strutture, la frustrazione della sconfitta si lega più spesso agli errori di visuale su schermo che a quelli col pad in mano; sarebbe bastato avere la possibilità di passare a una sorta di visuale grandangolo, almeno contro i nemici più grandi, ma sfortunatamente non esiste un’opzione simile al momento.

In termini di combattimento, l’AC può essere equipaggiato con un massimo di quattro armi (o tre armi più uno scudo) che possono essere di diversa tipologia: cinetiche, abbastanza bilanciate; esplosive, lente ma letali, danno il meglio solo se usate correttamente (ad esempio dall’alto o da vicino); energetiche, rapide e potenti soprattutto se caricate, ma richiedono molta energia; tra queste ci sono poi delle sotto-varianti specializzate maggiormente nell’infliggere danni o nello stressare il nemico, fino a portarlo in uno stato di instabilità che lo blocca e rende maggiormente vulnerabile per qualche secondo. Per alcuni nemici la tattica migliore potrebbe essere proprio quella di bloccarne gli attacchi più devastanti a suon di stress per poi scaricare tutto il proprio arsenale e infliggere danni ingenti: tutte le armi hanno un limite d’uso, sia esso la capienza del caricatore o il surriscaldamento del nucleo, quindi diventa essenziale perfezionare tempismo e rotazione degli attacchi per massimizzare la potenza di fuoco. Da non sottovalutare anche le armi corpo a corpo, come spade laser o arpioni, dal raggio d’azione limitato ma senza dubbio devastanti.

Un ruolo fondamentale nel determinare stile di combattimento e armi da equipaggiare lo rivestono senza dubbio le gambe: le bipedi, abbastanza bilanciate, si alternano a quelle con giuntura invertita, leggere ma in grado di eseguire salti e scatti più ampi, e ai cingolati, perfetti per aumentare il carico e la corazza del proprio AC ma poco adatti ai movimenti in verticale. Discorso un po’ diverso per le gambe tetrapodi, che possiedono la caratteristica unica di alzarsi in volo e mantenersi in sospensione con un minimo consumo di energia: mobilità generale, velocità di propulsione e scatti evasivi ne risentono parecchio, ma con il giusto setup sono in grado di dare un enorme vantaggio attaccando dall’alto o sorvolando zone altrimenti ostiche da superare a terra.

Riuscire a padroneggiare al meglio la gestione dei movimenti, l’area di scontro, le proprie armi e le risorse a disposizione (come i kit riparazione, l’energia e le munizioni disponibili) richiede una notevole applicazione e tanto studio in fase di assemblaggio, ma il risultato è decisamente appagante e questo rappresenta l’aspetto più positivo per i fan della serie.

80
Armored Core VI: Fires of Rubicon
Recensione di Filippo Consalvo

Definire Armored Core VI: Fires of Rubicon un "souls-like" è decisamente fuori luogo: il gioco è difficile, sfidante, richiede tanta applicazione e vanta delle battaglie con i boss adrenaliniche e coinvolgenti, ma il sistema a missioni, i ritmi altalenanti e una telecamera poco funzionale lo rendono ancora distante dal regalare le emozioni che titoli come Dark Souls o Elden Ring hanno saputo trasmettere. La storia a bivi e i New Game+ e New Game++ faranno felici i fan più accaniti, ma cambiare qualche scelta e alcune varianti delle missioni principali non ci sembrano abbastanza per giustificare le tante ore spese a one-shottare i nemici comuni e a completare alcuni incarichi poco stimolanti. Siamo sicuramente di fronte al miglior Armored Core di sempre, sia per gameplay che per struttura, trama e tecnica, e probabilmente questo è il massimo che ci si può aspettare da un "souls con i mecha", ma Armored Core VI: Fires of Rubicon rimane un'esperienza pensata per e godibile dai fan storici della saga. Se siete tra questi preparatevi a godere, altrimenti sappiate che il gioco è disponibile dal 25 agosto per PC, PS4, PS5, Xbox One e Xbox Series X/S, ma che difficilmente diventerà il vostro game of the year.

ME GUSTA
  • Sfidante e appagante
  • Build management profondo ed efficace
  • Gli scontri con i boss sono adrenalinici e frenetici
FAIL
  • Gestione della telecamera pessima
  • Ritmo scostante
  • Alcune missioni sono scarne e banali
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