Un gene ereditato da parte dell’uomo di Neanderthal potrebbe portare a un rischio maggiore di avere una forma più severa del coronavirus.

Secondo questo nuovo studio condotto dall’antropologo Hugo Zeberg del Max Planck Institute di Lipsia (Germania), gli individui che presentano questo gene hanno una necessità maggiore di tre volte di ricevere la ventilazione meccanica a seguito di infezione da Sars-CoV-2. In base a quanto emerso recentemente, circa il 50% della popolazione del sud-est asiatico e il 16% della popolazione europea sarebbero portatori di questo gene ereditato dall’uomo di Neanderthal, collegato secondo i ricercatori alla forma più severa di Covid-19.

Ovviamente l’età e le condizioni di salute pregresse rimangono ancor oggi le variabili principali che determinano la suscettibilità all’infezione da Sars-CoV-2, ma non sono ormai rari i casi in cui individui giovani necessitano di ventilazione meccanica e terapia intensiva.

Zeberg, assieme al genetista Svante Pääbo proveniente dall’Istituto di Scienza e Tecnologia di Tokyo, hanno analizzato i dati provenienti da 3199 pazienti Covid-19 ospedalizzati, notando una preponderanza di alcune varianti genetiche in corrispondenza del cromosoma 3.

Ricerche svolte nei mesi precedenti avevano collegato questa regione genica a pazienti con forme severe di Covid-19: Zeberg e Pääbo hanno voluto quindi indagare la provenienza di questi geni, trovando nove di queste varianti all’interno del genoma dell’Homo di Denisova, e un paio dal genoma di due uomini di Neanderthal ritrovati in Siberia.

Al momento non conosciamo ancora il motivo per cui queste sequenze del cromosoma 3 sarebbero correlate a un maggior grado di severità di Covid-19: per questo non ci rimane che attendere nuovi in studi in merito, che siamo certi arriveranno prossimamente.