Tra deforestazione e iperconsumo delle risorse, gli umani stanno assottigliando la biodiversità e molti animali selvatici stanno scomparendo.

A lanciare l’allarme è stata oggi la World Wildlife Fund (WWF) in occasione del Living Planet Report. Il documento pubblicato per l’occasione evidenzia uno scenario apocalittico in cui la popolazione di mammiferi, uccelli anfibi, rettili e pesci sta diminuendo a una rapidità ben al di sopra delle aspettative.

Gli esperti di WWF International e della Zoological Society of London, autori della ricerca, stimano che l’attività umana abbia degradato in maniera sensibile tre quarti delle terre emerse, nonché il 40 per cento degli oceani.

Nell’ultimo lustro, in particolare, la forte crescita economica globale ha generato un consumo esplosivo delle risorse naturali portando, tra le altre, a una deforestazione forsennata.

 

 

Tra le più delle 4.000 specie vertebrate catalogate dal Living Planet Index, le creature che hanno sofferto maggiormente sono quelle che vivono nell’acqua dolce, le quali hanno subito un declino dell’84 per cento.

Scomparendo i territori a disposizione degli animali selvatici, il rampante diboscamento genera inoltre un effetto collaterale che ormai ci è molto chiaro: la diffusione delle malattie zoonotiche quali il coronavirus.

Con la deforestazione e con la crescente interazione tra fauna selvaggia, bestiame e umani, ci sono sempre più possibilità di sconfinamenti di malattie zoonotiche come l’Ebola, come Covid-19.

Le foreste fungono davvero come ammortizzatori utili a mantenere simili malattie lontane dagli uomini e se le distruggiamo ci sono maggiori chance che finiremo con lo scatenare qualcosa che è in grado di impattare disastrosamente l’umanità,

ha dichiarato Fran Price, capo del global forest practice del WWF, alla Thomson Reuters Foundation.

In una ricerca parallela, l’Università di Oxford ha sottolineato come le Nature-based solutions (NBS) siano le uniche strategie chiave per rallentare il cambiamento climatico e, soprattutto, per attenuarne le conseguenze.

Oltre al controllo dei gas serra, l’ingegneria naturalistica potrebbe infatti alleviare del 60 per cento gli impatti degli allagamenti, l’erosione del terreno e gli sprechi nella produzione alimentare.

 

Potrebbe anche interessarti: