Apple non pagherà i 13 miliardi di euro in “tasse arretrate”. L’imposizione fiscale dell’Irlanda, argomentano i giudici di Lussemburgo, non costituiva un vantaggio concorrenziale in violazione dei trattati.

La Commissione aveva accusato Apple di aver approfittato di un regime fiscale agevolato durante il periodo che va dal 2003 al 2014, poi nel 2016 l’imposizione di una multa mostruosa da 13 miliardi di euro, una delle più alte mai comminate dall’istituzione europea.

Ma la tesi dell’allora commissario alla concorrenza Margrethe Vestager non ha convinto i giudici della EU General Court di Lussemburgo. Apple, infatti, si sarebbe limitata a pagare quanto imposto, sulla carta, dalle leggi del Governo irlandese. La Commissione sosteneva che l’Irlanda avesse siglato un accordo di favore con Apple, in violazione con il TFUE. La tesi era che ci fosse un regime di tassazione ridotta, anche rispetto a quella delle altre aziende con sede in Irlanda, e che questo equivaleva ad un vantaggio concorrenziale illecito.

I giudici hanno spiegato di non essere riusciti a dimostrare che gli accordi tra Apple e il Governo irlandese fossero in contrasto con le leggi europee.

In altre parole, l’azienda di Cupertino ha sempre pagato quanto previsto dalla legge, e non deve versare un centesimo in più di tasse.

Tim Cook, l’attuale N.1 di Apple, nel 2016 aveva definito la decisione della Commissione «total political crap».

La notizia è stata presa con favore anche dall’Irlanda, che deve una parte importante dell’incredibile crescita degli ultimi anni anche alle politiche di concorrenza fiscale con gli altri Stati membri. Non è un caso che nel 2010 si parlava di PIIGS per riferirsi ai Paesi meno virtuosi dell’UE, mentre ora dalla dicitura una delle due “I” è venuta a meno. Resta quella dell’Italia, tranquilli. «Siamo sempre stati molto chiari nell’affermare che non c’era nessun trattamento di favore nei confronti di Apple», ha detto il ministro delle finanze irlandese.

Non è il primo brusco arresto per le politiche di lotta alla presunta elusione fiscale della Commissione, l’anno scorso era stata annullata un’altra sanzione simile a Starbucks (in quel caso sotto scrutinio c’erano finiti i Paesi Bassi), mentre nello stesso periodo aveva confermato una sanzione contro FCA.