La recensione di One Punch Man: A Hero Nobody Knows, il tie-in del manga e anime sviluppato da Spike Chunsoft e in arrivo su PlayStation 4, XboxOne e PC.
È lo scetticismo ad avere la meglio in una recensione di un videogioco dedicato a One Punch Man. Non per pregiudizi, ma perché è difficile immaginare un titolo in grado di offrire una qualsivoglia profondità videoludica.
Per chi dovesse approcciare, infatti, One Punch Man senza sapere di cosa stiamo parlando, è giusto ricordare che il protagonista del manga, che poi Netflix ha massificato distribuendone l’anime, si chiama Saitama, un uomo che si è allenato così tanto e così duramente da non solo perdere tutti i capelli, ma anche da acquisire una forza sovrumana che gli permette di vincere qualsiasi combattimento con appena un pugno.
Da qui l’ovvio titolo dell’opera, che non poteva non essere accolta con una grande dose di scetticismo nel momento in cui ne è stata annunciata una trasposizione videoludica. Eppure, il risultato non è da denigrare e anzi, come già c’era stato modo di notare durante la beta di qualche mese fa, One Punch Man ha qualche interessante proposta videoludica per ovviare alla presenza di Saitama, che per quanto fulcro dell’intera narrativa rappresenta un vero e proprio ingombro dal punto di vista dell’interazione.
Un nuovo eroe in città
One Punch Man ci mette dinanzi a un dettagliatissimo sistema di personalizzazione del nostro eroe, perché nell’intero gioco – oltre alla possibilità di gestire per alcuni momenti durante le battaglie i comprimari dell’avventura di Saitama, oltre a quest’ultimo stesso – guideremo esclusivamente il nostro alter ego.
Il nostro avatar, al quale potremo assegnare un nome a nostra scelta, risponde a tutti i canoni della narrazione giapponese, nolente o volente: muto, abituato a comunicare esclusivamente muovendo la testa con tutti i suoi interlocutori, ma munito di tanta buona volontà per diventare a tutti gli effetti il più grande eroe. Dopo averne quindi selezionato il colore della pelle, i vestiti, gli accessori e anche il grido di battaglia – l’unica occasione che avrete per sentirvi parlare – vi ritroverete catapultati in quello che ha le sembianze di un enorme hub di gioco.
La parvenza di open world che One Punch Man vuole dare serve soltanto per dare un’alternanza alla quasi infinita serie di battaglie nelle quali vi ritroverete presto invischiati.
La parvenza di open world che infatti One Punch Man vuole dare serve soltanto per dare un’alternanza alla quasi infinita serie di battaglie nelle quali vi ritroverete presto invischiati. Per quanto quindi la città provi a essere viva e a pullulare di contenuti, troverete semplicemente delle persone immobili, in attesa di parlare con voi e assegnarvi qualche fetch quest, come diversivo dalla trama principale.
Il vostro muovervi in libertà all’interno della città, che si andrà a espandere con nuovi quartieri di volta in volta che andrete a soddisfare determinate richieste o a completare uno dei capitoli della storia, servirà quindi solo per raccogliere missioni e raggiungere i negozi dove fare acquisti. Al di là delle fetch quest, che vi chiederanno in maniera molto banale di andare da un punto A a un punto B con un oggetto specifico oppure di combattere un avversario di poco conto che sta infastidendo qualcuno, avrete due tipologie di missioni che vi serviranno per sfruttare la componente GDR di One Punch Man.
Le prime sono le missioni di poco conto, con le quali vi confronterete all’inizio dell’avventura, utili solo per aumentare il vostro valore di ordine cittadino, ma non il grado di eroe: partirete d’altronde dalla C e dovrete inevitabilmente arrivare alla S, per poter pareggiare le qualità di Saitama, o almeno provarci.
L’upgrade non è eccessivamente complesso e seguendo la storia riuscirete a raggiungere l’obiettivo senza troppa difficoltà, tant’è che già al quinto capitolo – quindi praticamente intorno alla metà del gioco – sarete a livello A. Le missioni, tra l’altro, sono ripetibili a volontà, mantenendo alto il livello di sfida grazie alla valutazione che avrete di battaglia in battaglia: perché di questo, d’altronde, si parla quando si fa riferimento alle missioni, ossia a degli scontri.
La sfida infinita per salvare il mondo
One Punch Man non è altro, quindi, che una sequela infinita di battaglie con i più disparati avversari, che siano essi dei mob con degli asset riciclati all’infinito o dei personaggi che effettivamente derivano dal manga o dall’anime, pronti per essere poi assoldati e sbloccati nelle modalità sussidiarie alla storia, ma comunque accessibili sempre dal medesimo hub di gioco.
Tutte le battaglie andranno affrontate con il vostro eroe, salvo quando gli scontri sono volutamente più complessi del previsto e vi ritroverete a essere supportati dall’intervento di Saitama, sempre in ritardo e quindi pronto a costringervi a resistere il più possibile contro l’invincibile avversario di turno.
Vi ritroverete a essere supportati dall’intervento di Saitama, sempre in ritardo e quindi pronto a costringervi a resistere il più possibile contro l’invincibile avversario di turno.
Se quindi aumentare di livello ottenendo punti esperienza di missione in missione vi permetterà di gestire i vostri parametri come se fossimo in un soulslike (quindi spendendo i punti per le statistiche, che gradualmente di livello in livello chiederanno sempre più risorse), dall’altro lato potrete personalizzare le vostre abilità e le vostre mosse finali, oltre che lo stile di combattimento, andandone a sbloccare sempre di più nel corso dell’avventura: ognuno di essi inficerà non solo sulle mosse a vostra disposizione, ma anche sulle caratteristiche del vostro eroe, che potrà cedere il passo alla potenza sfrenata o al suo essere un esper, quindi molto più votato alla spiritualità e alle tecniche in fase di combattimento.
Su quest’ultimo, per quanto rappresenti l’esperienza totalizzante del gioco, c’è ben poco da dire, per lo più per la piattezza degli scontri dell’intera avventura: One Punch Man si padroneggia in maniera abbastanza rapida e si governa senza troppe difficoltà, tant’è che dopo il quarto scontro, massimo il quinto, sarete già in grado di inanellare una serie di vittorie ottenute con rapidità ed efficacia.
Tra l’attacco leggero e l’attacco pesante, il salto che vi permetterà di effettuare un colpo a mezz’aria e la schivata, non esistono grandi combo da concatenare, né azioni spettacolari degne di nota: basterà attaccare, schivare e poi usare il colpo finale al momento giusto, in un arcade molto immediato, ma allo stesso anche banale. Se da un lato, quindi, i combattimenti non annoiano perché offrono sempre grande rapidità e velocità, dall’altro non propongono nessuna profondità né strategia, vanificando a lungo andare il divertimento.
Arrivati alla decima ora di gioco, quindi, vi ritroverete a dover combattere la noia dell’ennesima missione che non potrà essere variata in nessun modo, se non magari provando qualche personaggio di supporto diverso dal solito. Anche con questi ultimi manca, però, l’appeal giusto: cercando di scimmiottare i tag team sia di Tekken che di FighterZ memoria, One Punch Man offre la possibilità di gestire un gruppo di un massimo di tre combattenti, pronti a darsi il cambio a seconda delle necessità e aumentare così le chance di vittoria.
Qualcuno ha chiamato Saitama?
È in questo frangente che abbiamo notato l’interessante scelta di gestire Saitama in modo tale che non comprometta lo svolgimento degli scontri forzando l’ago della bilancia della propria parte, a causa della sua proverbiale forza.
Nel caso in cui il giocatore dovesse decidere, in uno scontro versus e non nel corso della storia, di avere nel proprio party di gioco l’eroe di One Punch Man, dovrà accontentarsi di scendere in campo con soli due combattenti e attendere l’arrivo di Saitama per un tot di secondi, quantitativo che può essere abbassato inanellando delle combo funzionali all’arrivo in anticipo dell’eroe senza capelli: il vantaggio è segnato dal fatto che l’arrivo di Saitama renderà lo scontro molto più facile, ma lo svantaggio sta nell’avere solo due combattenti contro tre, a patto che l’avversario non abbia inserito anche lui il protagonista nel proprio party.
Il vantaggio è segnato dal fatto che l’arrivo di Saitama renderà lo scontro molto più facile, ma lo svantaggio sta nell’avere solo due combattenti contro tre, a patto che l’avversario non abbia inserito anche lui il protagonista nel proprio party.
L’alternativa, a questo punto, è evitare di compromettere il terzo slot di combattenti ed evitare di inserire Saitama nel proprio party, decidendo di affrontare la sfida con tre eroi normali, ma sin da subito disponibili.
Insomma, in un alcuni scontri ci è capitato di non riuscire ad arrivare in tempo a schierare il protagonista di One Punch Man sul terreno di battaglia, perché in un 2vs3 abbiamo avuto la peggio prima che potesse arrivare Saitama: una scelta intelligente quella di Spike Chunsoft che ci sentiamo di premiare, per l’intuizione avuta e per aver letto in maniera adeguata la necessità di trovare un compromesso che non banalizzasse l’esperienza di gioco.
Gradevole, nella maggior parte del tempo, la resa tecnica, sfruttando un’animazione molto pulita e dei movimenti molto in linea con quello che è stato l’anime di One Punch Man: i combattimenti quindi giovano di una buona grafica e di un motore che riesce a reggere senza problemi tutti gli effetti di luce.
Poco soddisfacente, invece, il rapporto con l’open world: i cali di frame rate sono vistosissimi e ingiustificati per un titolo che deve solo offrire dei palazzi statici e nessun tipo di movimento, né di persone né di altri componenti, così come stride tantissimo in una produzione del 2020 ritrovarsi a camminare in un ambiente piatto e vacuo.
Lo stesso hub, che si riempie di altri giocatori che come voi stanno attraversando il cammino dell’eroe non riesce a dimostrarsi vivo, restituendo una sensazione di finto e di posticcio. Allo stesso modo è di pessima fattura il mixaggio sonoro di molti dei combattenti che ci ritroveremo ad affrontare durante il gioco, le cui voci sembrano essere registrate con un microfono scadente e molto più acuto degli altri suoni. Sintomo di una approssimazione poco giustificabile.
One Punch Man è un tie-in interessante per certi aspetti, soprattutto per l’essere riuscito a trasformare un manga prettamente votato al combattimento in qualcosa di leggermente più sofisticato: la stratificazione che si propone per il personaggio che si va a far vivere è quantomeno interessante, anche se non troppo approfondita, mentre il susseguirsi di battaglie, alternato solo da missioni fetch, a lungo andare stanca un po’.
Non ci sono d’altronde collezionabili da rintracciare sulla mappa, che dà una finta idea di open world; non ci sono attività secondarie che nei titoli giapponesi oramai governano i momenti di stasi, come la cucina e la pesca, il che significa che in One Punch Man si procede spediti come una locomotiva verso la fine, andando a soddisfare tutte le richieste che arriveranno sia dalla sede centrale degli eroi sia dai vari abitanti della città, che vi aspetteranno per avanzare la loro bizzarra richiesta.
Se volessimo definire il lavoro di Spike Chunsoft un esperimento potremmo sicuramente dire che il tentativo lo abbiamo visto e lo abbiamo apprezzato, ma dovendone valutare l’insieme e la totalità dell’esperienza vanno sottolineate degli scivoloni che, come abbiamo già detto, rovinano la nostra avventura al fianco di Saitama.
- Animazioni gradevoli
- Buona componente GDR
- Ottima gestione di Saitama
- Tecnicamente insufficiente in alcuni punti
- Sonoro mixato male in molte sessioni di gioco
- Poca varietà nei contenuti proposti