Dying Light 2 è uno di quei giochi che brami di poter giocare: perché dopo così tante volte che l’hai visto, non puoi che voler essere protagonista di quel susseguirsi di azioni al cardiopalma, di parkour sui tetti più alti di una città disastrata e dei combattimenti con le armi più improvvisate che possiate pensare. Dying Light 2 anche alla Gamescom di quest’anno si è fatto nuovamente vedere, vestendo ancora una volta i panni di protagonista: perché l’esperienza creata da Techland, supportata dall’estro narrativo di Chris Avellone, si candida a essere una delle più coinvolgenti del prossimo anno videoludico.
A differenza delle altre presentazioni, stavolta Techland ha voluto sottolineare in maniera molto importante la libertà di approccio che ogni giocatore potrà avere alla missione: il fulcro dell’intera produzione polacca, d’altronde, sembra essere proprio questo, un’esaltazione della libertà e le svariate possibilità di intraprendere una strada piuttosto che un’altra.
L’orlo dell’abisso è oramai prossimo e l’umanità non ha più niente da lasciarci: la distopia che ha voluto creare Dying Light 2 rischia di essere ancora più disastrosa di quelle che siamo abituati a vivere osservando The Walking Dead o magari lo stesso Days Gone: qui la situazione è molto più profonda rispetto a una semplice distruzione dell’uomo e la rinascita degli zombie. Nella storia che ci racconta Techland, ci ritroveremo in un percorso narrativo che risponde alle nostre azioni, che ha dei colpi inaspettati da offrire e delle conseguenze che non ci aspettiamo.
D’altronde la presenza di Avellone non poteva non farci sperare in qualcosa di meglio di così: la curiosità di poterci quindi fiondare in una realtà mutevole, pronta a essere camaleonte dinanzi al nostro repentino cambio di colore ci attira tantissimo, così come intanto quel medioevale modo di concepire l’esistenza si staglia dinanzi ai nostri occhi in una città completamente disastrata e abbandonata alla mercé di homeless che si sono vestiti da soldati attaccabrighe.
Intanto nella demo che ci è stata mostrata ci siamo nuovamente trovati dinanzi a un importante bivio narrativo: nei panni del protagonista, Aiden Caldwell, vediamo Frank finire nella morsa di uno degli uomini del Colonnello, l’uomo che sta mettendo a soqquadro l’intera città di Dying Light 2. La spiegazione del team di sviluppo è chiara, perché il bivio è proprio dinanzi ai nostri occhi: possiamo decidere di inseguire i colpevoli dell’assalto a Frank, che ora è costretto a lottare tra la vita e la morte, o rimanere accanto al nostro amico e cercare di evitargli qualsiasi tipo di problema in attesa di cure più adeguate.
Ovviamente non avendo un controller in mano ci siamo dovuti accontentare di quanto scelto dalla scriptata mano di Techland, che ci ha mostrato la scelta compiuta: inseguire in maniera assennata i presunti colpevoli e far sì che non possano mai più commettere altre scellerate azioni, sia nei confronti di Frank che di altre persone.
La struttura che ci viene presentata di questa demo, come d’altronde ha poi confermato al termine della presentazione lo sviluppatore addetto alla dimostrazione pratica, è il classico archetipo delle missioni in Dying Light 2, che dopo una prima ramificazione ne produce subito un’altra: una volta raggiunti, infatti, i presunti attentatori ci siamo ritrovati dinanzi a un nuovo bivio.
Da un lato la possibilità di restituire l’acqua che gli uomini del Colonnello hanno sottratto alla città, dall’altro accettare la teoria dell’antagonista principale della popolazione, ossia che il suo ruolo di crudele non è altro che una montatura. Per quanto esser stati calati in medias res non ci abbia permesso di comprendere il peso di una situazione del genere, il pathos che genera l’impattare contro un bivio narrativo di tale portata, ci è stato subito spiegato che la restituzione dell’acqua al popolo, con l’apertura di una diga, ci avrebbe spinti verso un’area inedita della mappa di quella zona.
Un aspetto che avremmo potuto facilmente perdere se avessimo deciso di restare con Frank oppure, una volta raggiunti i presunti attentatori, avessimo preferito dar retta al Colonnello e alle sue storie. Il concetto, quindi, al di là di quelle che possono essere le conseguenze delle nostre azioni e decisioni, è che in Dying Light 2, stando alle percentuali indicate da Techland, ci sarà il rischio di perdere il 50% dei contenuti offerti dal titolo, proprio perché la vastità a nostra disposizione difficilmente sarà copribile con un’unica run.
Accanto a questi aspetti narrativi indubbiamente conturbanti, c’è da sottolineare l’abilità del team di sviluppo di creare altrettante situazioni affascinanti in fase di gameplay, visto dalla sua accezione di combat system: Aiden non è un soldato munito di un arsenale di prim’ordine in grado di sbaragliare la più purulenta invasione di esseri tumefatti e poco rassicuranti, per questo deve fare di necessità virtù. In un atterraggio poco aggraziato in una stanza che precedeva un nido di esseri infetti la nostra priorità è stata soltanto quella di rintracciare una via di fuga, in dei cunicoli che, per bontà del level design, hanno permesso ad Aiden di trovarne subito svariate.
Una situazione del genere permette anche una buona esaltazione del parkour e di tutte le acrobazie tra i tetti, tra salti, corse sui muri, scivolate e l’approccio che preferite di più, tra la smodata corsa verso l’obiettivo o lo stealth più ragionato per evitare di essere visti o percepiti. Il che, in una situazione in cui non sarà possibile sparare all’impazzata contro gli zombie che ci si pareranno innanzi o anche contro gli altri umani desiderosi di fare della nostra carne le più inaspettate beltà, potrebbe essere la soluzione fondamentale ai nostri problemi.
Come detto già in apertura, mettere le mani su Dying Light 2 è sicuramente uno dei desideri più forti di questo momento: il titolo, visto e raccontato da Techland, si candida facilmente a essere la sorpresa del prossimo anno, pronto di diritto a darsi battaglia con Cyberpunk 2077, col quale condivide la volontà di essere enorme e con il quale si dividerà indubbiamente la palma per la miglior esperienza open world. Siamo dinanzi a due ambientazioni diverse, a due concept decisamente agli antipodi e con obiettivi ben diversi, ma con delle mire decisamente comuni. Restiamo in attesa di una demo che possa iniziare a farci assaporare quanto vedremo nella primavera del 2020.