Magari è un luogo comune, ma se dovessi far finta per un attimo di essere un profano del mondo fumettistico per rispondere alla domanda “Quali sono i fumetti più famosi e/o conosciuti del mondo?”, allora credo che risponderei i supereroi, Snoopy e Topolino. 

Proprio così, senza distinguere fra Marvel e DC (o credendo che siano la stessa cosa), immaginando che Snoopy sia il titolo delle strisce di Schulz e che Topolino esista solo nel giornaletto.

In realtà, pur esagerando e dicendo molte cavolate, non mi allontanerei molto da una certa “verità”: il supereroe è il classico personaggio da fumetto che tutti indicherebbero come tale, Snoopy è famoso quasi quanto Charlie Brown – e in ogni caso è più facile da ricordare che Peanuts – e Topolino è probabilmente il personaggio inventato più famoso di sempre.

Topolino, in particolare, è così famoso che potrebbe benissimo essere il “testimonial” della Cultura Pop: fumetti, film, libri, album di figurine, magliette, tazze, fiancate degli autobus, astucci, quaderni, giocattoli, in “carne ed ossa” a Disneyland… Topolino è ovunque, tutti quanti da piccoli lo abbiamo letto e ancora oggi molti continuano a farlo – e prima di noi lo hanno fatto i nostri padri e dopo di noi lo leggeranno i nostri figli.

Ma perché? Perché leggiamo Topolino?

 

 

 

Le Storie Disney

I bambini leggono Topolino e i genitori sono felici di mettere in mano ai propri figli un Topolino, perché le storie Disney sono molto divertenti, molto semplici e anche molto “pulite”: i bambini leggono Topolino per imparare a leggere o come prime vere letture.

Dopo averlo fatto, quelli un po’ più grandicelli cominciano a capire l’umorismo di certe storie o a divertirsi con certe saghe avventurose davvero ben scritte – e tutti sono felici.

Tuttavia, anche se è logico, banale e ovvio che i bambini leggano Topolino, perché Topolino è una lettura per bambini o ragazzi fondamentalmente, la domanda che sorge spontanea e che decisamente è più interessante porsi è: perché continuiamo a leggerlo e a leggere le storie Disney anche quando bambini non lo siamo più, mentre altre storie per ragazzi a cui siamo affezionati le lasciamo perdere?

 

 

Io ho smesso di leggere Topolino nel 2015, con il numero 3086, ma non ho certo smesso di leggere storie Disney, anzi, dal 2015 ho cominciato Uack! una collana con tutta la produzione di Barks, ho cominciato la Definitive Collection, una raccolta di tutte le saghe apparse su Topolino negli ultimi anni, ho cominciato Pk Giant, i Tesori International, forse la più bella, la Don Rosa Library eccetera.

Certo, se ripercorressi quei momenti vedrei chiaramente e immediatamente il perché ho fatto quella scelta, perché ho smesso Topolino per le altre collane Disney: il motivo sarebbe che su Topolino ero obbligato a prendere le storie così come capitavano, senza alternative, mentre sulle altre collane ero finalmente io a scegliere quali storie leggere, sì, magari c’erano anche storie che non mi dicevano niente, ma almeno sapevo quasi con certezza cosa aspettarmi; sul settimanale invece no, potevo sapere i titoli e gli autori ma poco altro, erano tutte storie inedite (e in ogni caso non mi divertivano più come un tempo, preferivo storie più complesse o vecchie).

È tutta una questione di livelli di lettura.

Diciamo poi che dal 2007 al 2015 al 2018 sono anche cresciuto e maturato come persona, ovviamente, e che certi miei gusti e certe scelte che faccio oggi sarebbero impensabili per un bambino di dieci anni. Quand’ero piccolo se vedevo Topolino in copertina era già sufficiente, me ne fregavo di cosa c’era dentro.

In ogni modo la morale è che ho continuato a leggere storie Disney nonostante tutto, e questo è il punto su cui voglio concentrarmi: perché?, perché lo faccio? Suppongo sia tutta una questione di livelli di lettura.

 

 

Le Parodie

La parodia è un travestimento burlesco di un’opera d’arte a scopo satirico, umoristico o anche critico (Vocabolario Treccani), e su Topolino vanno molto di moda, ecco perché le userò per capire cosa intendo con livelli di lettura.

Se usassimo Topolino e Pippo per scrivere due diverse parodie dell’Odissea, per esempio, quello che verrà fuori sarà, da un lato, una parodia Disney didattica, pedagogica e “seria” in cui Topolino rivive e ci insegna le avventure di Ulisse, ma senza morti e violenze e dall’altro lato una parodia vera e propria in cui Pippo è un Ulisse un po’ pasticcione che combina un sacco di guai.

Chiaramente i bambini leggerebbero solo una bella avventura o solo una storia che fa molto ridere, ma gli adulti no, loro leggerebbero anche una riscrittura di un’opera in cui trovare riferimenti, differenze e altre citazioni varie alla cultura pop – e questo è già di per sé un buono motivo per leggere Topolino anche da adulti.

Ma non finisce qui.

I paperopolesi e i topoliniesi, grazie ai loro caratteri così ben definiti e precisi, sono i personaggi più prototipici, universali e versatili che ci siano.

I paperopolesi e i topoliniesi, grazie ai loro caratteri così ben definiti e precisi, sono i personaggi più prototipici, universali e versatili che ci siano; paradossalmente, usando solo Topolino o solo Paperino si potrebbero scrivere (o riscrivere) tutte le storie del mondo, perché sono come materiale grezzo nelle mani dell’autore, che sia di volta in volta la Ziche, Vitaliano, Casty o Cimino.

Topolino, per dire, è l’avventuriero classico, moralmente giusto, coraggioso e buono che può essere usato in una storia fantascientifica come Il mondo che verrà o in una storia a sfondo giornalistico come Topolinia 20802 senza troppi problemi. Può diventare un naufrago perfetto ne L’isola di Quandomai o il premuroso fidanzato di Minnie in una qualunque storia quotidiana senza cambiare di una virgola.

Paperino, invece, può essere lo sfaticato pigrone che tenta di fuggire dai creditori e dalla lista dei debiti o può essere la spalla dello zione in mille avventure in giro per il mondo. Può diventare un supereroe che combatte gli alieni o un agente segreto sotto copertura a Parigi, può passare dall’essere il geloso fidanzato di Paperina al compagno di sfighe di Paperoga… e tutto questo restando sfortunato e pasticcione (perché PK combatterà anche gli Evroniani, d’accordo, ma lo fa sempre “alla Paperino”, dopotutto).

E poi c’è Don Rosa.

 

 

 

Don Rosa

Don Rosa è il mio autore Disney preferito perché:

  1. riesce ad essere molto divertente e molto comico, incarnando un certo spirito tipico delle storie Disney;
  2. allo stesso tempo è anche molto avventuroso e molto fantastico, incarnando un certo altro spirito tipico delle storie Disney;
  3. riempie i suoi racconti di riferimenti ad altre storie, alla storia e alla cultura pop in generale – ed è divertentissimo cercarli tutti;
  4. se Carl Barks è il più grande perché da solo ha creato praticamente tutta la cosmologia di Paperopoli, è stato però Don Rosa ad averla categorizzata, etichettata e specificata – è stato Don Rosa ad aver preso i personaggi creati dal suo maestro per unirli in vincoli parentali e amicali, è stato lui ad aver ordinato e limato tutti gli indizi sparsi lasciati in giro da Barks sulla vita di Paperone per scriverne la biografia (non voglio essere supponente, ma La Saga di Paperon de’ Paperoni è una delle opere più belle mai concepite).

 

 

 

La Saga di Paperon de’ Paperoni

(Life And Times Of Scrooge McDuck)

 

La Saga, partendo dall’infanzia e arrivando al ritorno dei nipoti dal Monte Orso, ovvero il momento in cui per la prima volta compare il personaggio sulle pagine di un fumetto, racconta come Paperone sia riuscito a diventare il papero più ricco del mondo e lo fa riferendosi alle decine e decine di storie di Barks che citano, accennano o mostrano brevemente gli episodi biografici raccolti e ordinati da Don Rosa nei dodici capitoli.

Spiegando quella che per me è la bellezza della Saga, quindi, vorrei ora cercare gli altri motivi che spingono noi adulti a leggere le storie Disney.

 

 

 

 

La Lettera sulla Neve

Partiamo dal presupposto che agli inizi della sua carriera Don Rosa decise di essere il più verosimile possibile e cioè, a prescindere da tutte le storie più “fantastiche” o burlesche, decise che se Paperone in una vecchia storia dice che nel 1877 era un ragazzino e se la storia del Monte Orso è ambientata nella sua data di uscita, ovvero il 1947, allora Paperone nel ’47 ha circa ottant’anni e questo implica una rigida cronologia secondo cui tutte le storie con protagonista Paperone e i nipoti sono ambientate per forza intorno agli inizi degli anni ’50.

Perché altrimenti Paperone sarebbe troppo vecchio se non morto e perché è solo dopo il Monte Orso che Paperone si riavvicina ai suddetti nipoti (stando ovviamente alle storie di Barks, fonte privilegiata e quasi unica di Don Rosa)

Il fatto che la cronologia per Don Rosa sia così rigida, quindi, presuppone che i genitori di Paperone, nel 1947, siano già morti da un pezzo: ecco dove volevo andare a parare sin dall’inizio con il mio discorso.

Nel nono capitolo della Saga, Il miliardario di Colle Fosco, Paperone torna in Scozia e fa una cosa che non si era mai vista in una storia Disney e che non si è mai più vista neanche dopo: va al cimitero, sulla tomba di un personaggio e quel personaggio è sua madre, Piumina O’Drake – morta nel 1897.

La scena è questa: Paperone torna in Scozia, arriva vestito tutto elegante, è miliardario ed è felice, la gente del posto invece no, lo prende a pomodorate in faccia, lo insulta, lui si offende, si arrabbia, se ne va, suo padre e le sue sorelle lo accolgono, ridono, scherzano, sono felici di rivedersi.

Paperone viene preso in giro per i suoi abiti “da damerino” da un sarto e lui si offende, il sarto gli offre cinque sterline e la palandrana in cambio dell’abito, Paperone accetta e se ne va contento – è tutto molto assurdo, se vogliamo (ma del resto è una storia Disney).

Comunque, Paperone sale sul carro di suo padre, lui gli dice che andranno al castello per riposarsi e Paperone dice di no, che prima vuole andare a trovare la mamma, e tutte le precedenti vignette caotiche, comiche, chiassose e piene di dettagli diventano niente e si annullano, perché subito dopo, a fondo pagina, appare una vignetta con un Paperone silenzioso, con le mani dietro la schiena, chinato su una lapide, da solo.

 

 

La potenza della scena è inarrivabile, perché in una sola vignetta è riassunta una vita intera, uno stato d’animo, un enorme significato.

La potenza della scena è inarrivabile, perché in una vignetta, decisamente staccata dalle altre e dal resto della storia, decisamente isolata anche dall’intera Saga, in una sola vignetta è riassunta una vita intera, uno stato d’animo, un enorme significato:

Paperone è ricco, okay, è anche avaro, va bene, ma alla fine della Saga si rende conto che la sua ricchezza è anche la sua famiglia, che la ricchezza sono anche gli affetti, anche lo scorbutico Paperino, esatto, e il fatto di essersi isolato per anni senza voler vedere nessuno, facendo finta di essere rimasto solo, è unicamente il risultato della cocciutaggine di un papero che non ricordava quella vignetta, non ricordava di essersi fermato lì sulla tomba per un tempo infinito.

O, forse, forse è proprio perché si era fermato su quella tomba in mezzo al caos della storia, quella tomba che lo separa per sempre da sua madre, che alla fine si rende conto che la vera ricchezza sono i legami che abbiamo?

 

 

Nelle storie Disney i personaggi non muoiono e non invecchiano mai, passano gli anni ma loro sono sempre gli stessi, e questo permette di avere un universo con cui giocare come si vuole, creando magari storie avventurose o fantascientifiche o romantiche con gli stessi personaggi in diversi tempi storici. Ma questo impedisce anche alle stesse storie di essere verosimili o credibili o quello che si vuole e insomma, okay, saranno divertenti, ma restano in qualche modo infantili.

Quante altre volte abbiamo pianto su una storia Disney?

Don Rosa invece disegna Paperone sulla tomba di sua madre e rende potentissima la storia d’amore con Doretta, molto più di quanto aveva fatto Barks. Don Rosa inquadra quella lettera abbandonata sulla neve e mai aperta che avrebbe potuto cambiare le sorti di un personaggio per sempre e ci fa piangere… quante altre volte abbiamo pianto su una storia Disney?

Sembra stupido, lo so, sembra davvero stupido, perché Paperone nella prima storia è ricco e avaro e così è, fine, per sempre nei secoli dei secoli e amen, ma Don Rosa invece disegna quella lettera mai aperta e quella lettera mai aperta era una dichiarazione d’amore e Paperone avrebbe potuto leggerla e non diventare mai ricco e mai avaro e magari avrebbe potuto aprire anche un saloon a Dawson e chissà dove sarebbe andato, non sarebbero mai esistiti Paperino e i nipotini, non ci sarebbe mai stato niente di quello che al contrario è accaduto.

Forse allora continuiamo a leggere Topolino perché speriamo che Paperone apra quella lettera?

O siccome dopo la lettera Paperone tenta di tornare senza mai riuscirci da Doretta continuiamo a leggerlo perché stiamo aspettando il momento in cui finalmente ce la farà? Lo facciamo perché ci emoziona e ci commuove scoprire solo alla fine che in realtà il padre di Paperone era già morto e quello era il suo fantasma? Ci commuove l’ultima tavola della Saga in cui Paperone capisce qual è la vera ricchezza e un po’, perché no, lo insegna anche a noi? Continuiamo a leggerlo perché fra una storia buffa e un’avventura piacevole che ci distraggono e ci fanno stare bene aspettiamo un’altra storia sui cui piangere?

Perché Paperone e Paperino, uno coi suoi ricordi e le sue emozioni e l’altro con le sue storie quotidiane di piccole sfighe, delusioni e frustrazioni, perché loro due sono noi molto più di tanti altri personaggi umani?