È disponibile su Netflix il film di animazione in computer grafica Godzilla: Il pianeta dei mostri. Primo capitolo di una trilogia, il film diretto da Kōbun Shizuno e Hiroyuki Seshita segna un nuovo approccio al re dei mostri.
Sono passati ormai 64 anni da quando nei cinema arrivò il primo film dedicato a Godzilla, il re dei mostri. La pellicola diretta da Ishirō Honda è stata la prima di un numero infinito che ha visto protagonista il lucertolone nato dalle radiazioni atomiche.
In breve tempo Godzilla – che ha inaugurato il genere Kaijū Eiga – è divenuto uno dei mostri più noti ed amati dagli appassionati di fantascienza e nei 31 film in cui è apparso finora è stato rappresentato sia come mostro distruttore sia come eroe salvifico, scontrandosi sia con il genere umano che con altri mostri.
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Gli ultimi film che hanno visto protagonista il re dei mostri sono stati il Godzilla di Gareth Edwards e lo Shin Godzilla di Hideaki Anno, due prodotti che hanno riproposto le caratteriste originarie del mostro, riproponendo la sua arma più temibile ovvero il raggio distruttore, anche se in maniera completamente diversa.
Ora la lucertola più amata di sempre torna con Godzilla: Il pianeta dei mostri, nuova avventura targata Netflix. Una trilogia animata in cui ovviamente è il protagonista indiscusso e che a differenza dei film che lo hanno preceduto propone una storia ed un Godzilla completamente nuovi.
Godzilla: Il pianeta dei mostri è il primo di una nuova trilogia animata targata Netflix.
Godzilla: il pianeta dei mostri ha un approccio totalmente originale. A differenza dei film visti finora, non assistiamo alla classica storia in cui il mostro emerge dalle viscere della Terra per vendicarsi dell’umanità che sta distruggendo il pianeta o per combattere altri mostri e riportare l’equilibrio e ritornare da dove era venuto. Nel film diretto da Kōbun Shizuno e Hiroyuki Seshita l’apocalisse è già realtà. L’uomo è stato costretto ad abbandonare il suo pianeta e a vagare nello spazio in cerca di un pianeta abitabile e Godzilla e i mostri emersi dal suolo sono rimasti e divenuti i padroni incontrastati.
Un incipit che lascia poco spazio all’immaginazione. L’uomo e i molti popoli venuti dallo spazio sono impotenti di fronte a Godzilla. Più che un mostro una vera e propria divinità invincibile, che scatena tutta la sua furia nei confronti degli uomini, impotenti difronte a tanta forza bruta. Almeno fino al giorno in cui un giovane pieno di rancore che ha vissuto sulla sua pelle l’abbandono della Terra non mette a punto una strategia d’attacco.
Godzilla: Il pianeta dei mostri unisce il kaiju eiga alla fatascienza più classica, ambientando la storia in un futuro iper tecnologico.
Un film quello di Netflix che unisce il kaiju eiga alla fantascienza più classica, ambientando la storia in un futuro iper tecnologico dove la distruzione del pianeta è già avvenuta e viene presentata in forma di flashback, in maniera “riassuntiva” ma efficace.
Mostrando l’invasione dei mostri, che ricorda molto Pacific Rim, l’arrivo di popoli da altri pianeti – che richiama le molte pellicole di invasioni extraterrestri – ed infine la fuga verso lo spazio, ci viene presentato un quadro cupo e dove la speranza ha lasciato ormai posto alla disperazione, mostrando i problemi che il lungo viaggiare nello spazio porta con sé, a partire dalla scarsità di risorse e la difficoltà nel trovare un nuovo pianeta.
Un film che ha nella vendetta la sua spina dorsale, ma dove a volersi vendicare non è la natura con l’invio di Godzilla, ma l’uomo che vuole riprendersi quello che il re dei mostri e i suoi simili gli hanno tolto. Ad incarnare tale sentimento è il protagonista Haruo Sakaki, il quale costretto ad abbondare la Terra da ragazzo non riesce a capacitarsi della codardia dell’uomo, che è fuggito senza pensarci due volte.
Il film ha nella vendetta la sua spina dorsale. Ad incarnare tale sentimento è il protagonista Haruo Sakaki.
Il capitano dell’esercito dei sopravvissuti è la classica testa calda, che agisce prima di pensare e guidato da motivazioni prettamente egoistiche. Un ragazzo pronto a gettarsi senza esitazione in una missione tanto difficile quanto disperata. È il più classico dei protagonisti che vanno contro tutto e tutti pur di fare qualcosa che possa smuovere la situazione e i suoi compagni.
Una storia in cui Godzilla è rappresentato sempre come la conseguenza dei crimini dell’uomo, ma che per la prima volta risulta praticamente inavvicinabile, viene rappresentato come un dio distruttore onnipotente la cui furia è inarrestabile.
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Grazie alla una buona sceneggiatura di Gen Urobuchi (Psyco Pass), la storia sin dai primi minuti risulta avvincente e riesce a catturare lo spettatore sin da subito. Nonostante un ritmo più blando nella parte centrale, necessario per mettere le basi ad una seconda parte tutta azione ed adrenalina. Una storia che inizia con l’acceleratore, per poi rallentare e mantenere una velocità stabile che ritornerà ad aumentare con il passare dei minuti fino a giungere al climax finale.
Uno script che presenta Godzilla gradualmente ed il cui ingresso in scena è lento ma inesorabile e sempre più spaventoso. Un mostro “invisibile” che prima di mostrarsi si presenta con l’orribile suono dei suoi ruggiti e dal tremore della terra. Espediente narrativo perfetto per mostrare tutta la sua terribile forza e la paura che incute.
Punto di forza è la solida sceneggiatura di Gen Urobuchi.
Una vicenda in cui non mancano secondi fini, doppi giochi – che ancora non si sono rivelati – e misteri da risolvere. Dove le risposte alle molte domande, che personaggi e spettatori si pongono, trovano risposte che verranno presto smentite, lasciando quell’alone di mistero che fa venire voglia di vedere subito il secondo capitolo.
Una sceneggiatura quindi dai toni cupi e disperati, una storia matura e senza censure, in cui le difficoltà dei profughi, l’inospitalità della Terra e le paure degli uomini vengono mostrate senza alcun filtro. È innegabile che una maggiore attenzione e spazio ai personaggi secondari avrebbe giovato alla storia, focalizzata principalmente su Haruo e il suo desiderio di vendetta.
Realizzato in computer grafica, Godzilla: Il re dei mostri potrebbe spiazzare per il tratto stilistico. Quando si parla di animazione giapponese non la si associa mai a tale tecnica, ed infatti i primi minuti risultano stranianti, ma con il passare del tempo ci si abitua e la scelta non risulta poi così assurda e fuori luogo, soprattutto quando entra in scena Godzilla.
Un film in cui non delude la regia a quattro mani di Shizuno e Seishita, i quali ci portano nel pieno della vicenda, restando con la macchina da presa vicino ai personaggi, con movimenti di macchina dinamici, soffermandosi sui particolari e mostrandoci i mostri ora sola con fugaci immagini in controluce, ora soffermandosi sulle loro caratteristiche fino a mostrarli in tutta la loro possanza.
Convincenti la regia del duo Shizuno-Seishita e la fotografia.
Un film in cui la fotografia rispecchia alla perfezione i luoghi in cui l’azione si svolge e gli animi dei protagonisti. Passando dalle tonalità grigie a tinte rosse della Terra del passato, passando per i colori freddi dello spazio sino a giungere all’unione dei due nella Terra del futuro a cui si aggiungono le tonalità del tramonto, simbolo sia della fine di un incubo che di un’era.
Un prodotto consigliato a tutti gli amanti del re dei mostri e dell’animazione giapponese. Immancabile la scena extra, che ci porterà nel secondo capitolo.
Godzilla – Il pianeta dei mostri è disponibile su Netflix.