Abbiamo visto i primi tre episodi della terza stagione di Gomorra: tra vendetta, nuove alleanze e salti temporali, il gioco per il trono criminale di Napoli si infittisce, perché il “nemico” è molto più vicino di quanto sembri.

Se vivremo, vivremo per calcare i nostri piedi sui corpi di re; se morremo, morire sarà bello trascinando alla morte anche dei principi. Assicurate le vostre coscienze: l’armi son belle e giuste se giusto è il fine per cui son brandite

(Enrico IV, William Shakespeare, Hotspur: atto V, scena II; Raponi)

 

A’ finè ro’ juorno sta tutta ca’”, queste le ultime parole di Don Pietro (Fortunato Cerlino): ucciso da Ciro (Marco D’Amore) e tradito da Genny (Salvatore Esposito), suo figlio, il vecchio leone del clan Savastano muore consapevole di essere stato assassinato dal suo stesso sangue, a causa dell’orgoglio, che gli ha impedito di condividere il proprio potere con lui.

Uno scenario molto diverso da quello degli inizi, in cui Don Pietro si preoccupava del fatto che il suo erede non fosse in grado di premere il grilletto, costringendolo a dire che “accir’r è ‘na strunzata!”, quando, anche allora, a sparare il colpo fu sempre Ciro.

 

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Tre anni e due stagioni dopo, il cerchio si è chiuso, aprendo un nuovo corso: salito sul trono criminale di Napoli, Genny ora è il re della sua famiglia, titolo per cui ha dovuto pagare un prezzo molto alto, e che gli costerà sicuramente ancora più caro.

Tre anni e due stagioni dopo, il cerchio si è chiuso, aprendo un nuovo corso: salito sul trono criminale di Napoli, Genny ora è il re della sua famiglia, titolo per cui ha dovuto pagare un prezzo molto alto, e che gli costerà sicuramente ancora più caro: diventato padre lo stesso giorno in cui ha ucciso il suo, ora, al contrario dei suoi avversari, ha tutto da perdere, anche perché i nemici più pericolosi li ha in casa, primo tra tutti il genero, Giuseppe Avitabile (Gianfranco Gallo), genitore di sua moglie Azzurra (Ivana Lotito).

Completamente perso invece Ciro, le cui scelte hanno portato all’uccisione della figlia, Maria Rita (Claudia Veneziano), ultimo brandello della sua anima, definitivamente persa con lei. Braccio armato di Genny da sempre, dopo aver compiuto la sua vendetta è ora un guscio vuoto, un’ombra destinata alla dannazione eterna.

Comincia con questo scenario da tragedia greca la terza stagione di Gomorra, in onda su Sky Atlantic HD dal 17 novembre con 12 nuovi episodi, ormai sempre più distante dalla realtà e più vicina ai grandi drammi di Shakespeare: vero e proprio viaggio all’interno della parte più oscura della mente umana, la serie ispirata all’omonimo romanzo di Roberto Saviano è uno studio sugli effetti del potere e su come trasformi completamente chi ne viene a contatto anche solo per un breve istante.

 

“Di morte mangerai, che mangia gli uomini, e il morir finirà, morta la morte”

Come un labirinto da cui non si riesce a uscire, il male rappresentato in Gomorra sembra non avere mai fine: nonostante l’orrore visto, i protagonisti non riescono e non vogliono evitarlo, in una spirale infinita di violenza.

La morte, che si respira nei vicoli del quartiere Sanità, nelle case delle Vele di Scampia e nelle stanze, arredate con dubbio gusto, dei capi clan, è la costante di Gomorra: compagna fedele di ogni personaggio, dai principali all’ultima comparsa, è con lei che bisogna fare i conti ogni volta che i protagonisti prendono una decisione. Come il cuore del Vesuvio, la Nera Mietitrice è sempre lì pronta a manifestarsi e per essa e verso di essa tendono tutte le azioni del racconto.

Mai come in questa stagione tutto questo è chiaro: la famiglia di Genny può prosperare grazie alla morte di Pietro, Ciro non riesce a smettere di uccidere nonostante la morte della figlia e perfino nuovi personaggi, come Gegè (Edoardo Sorgente), contabile dei Savastano, sono disposti a guardare il diavolo in faccia perché gli ha dato “un’occasione che altrimenti non avrei avuto”.

 

 

Come un labirinto da cui non si riesce a uscire, il male rappresentato in Gomorra sembra non avere mai fine: nonostante l’orrore visto, i protagonisti non riescono e non vogliono evitarlo, in una spirale infinita di violenza, che ha come fine ultimo evitare la morte o vendicarla, in cambio di un potere effimero e capriccioso pronto a cambiare padrone con il mutare del vento.

Ovunque si fugga, non si può sfuggire a se stessi e alla propria natura. E quella dei protagonisti di Gomorra non potrebbe essere più matrigna e ferina.

Il terzo episodio, il più cupo e inquietante, ci mostra come il male che questi personaggi si portano dentro sia indipendente dalla zona che li ha visti nascere e crescere: Genny a Roma e, ancora di più, Ciro in Bulgaria (e qui Marco D’Amore dà una prova eccezionale, dimostrando di essere a suo agio con qualsiasi accento, perfino quello dell’Europa dell’est) dimostrano come, ovunque si fugga, non si può sfuggire a se stessi e alla propria natura. E quella dei protagonisti di Gomorra non potrebbe essere più matrigna e ferina: anche in Bulgaria, anche privandosi di qualsiasi piacere, Ciro non è in grado di farsi sottomettere, di abbassare la testa, di fermare la sua intelligenza votata al male. Un singolo atto di umanità, e una carezza, ce lo fanno amare e allo stesso tempo odiare ancora di più: quelle capacità fuori dal comune sono in grado di fare anche del bene, ma hanno scelto da tempo, consapevolmente, di dedicarsi interamente al male.

 

 

 

 

In questo sta il grande fascino e anche la cruda brutalità di Gomorra: il confine tra bene e male è molto sottile e una volta scelta la strada più buia è difficile cambiare, perché si dà sfogo a quegli istinti primordiali che ci hanno permesso di prendere il controllo del pianeta, sconfiggendo, momentaneamente, la nostra natura mortale e allo stesso tempo condannando noi stessi e figli dei nostri figli a una realtà violenta, in cui vige la legge del più forte, che si ripete all’infinito, generazione dopo generazione.

 

Trovate Gomorra dal 17 novembre scorso su Sky Atlantic HD.