Chuck Palahniuk, autore di best seller come Fight Club, è stato il protagonista della sesta giornata della Festa del Cinema di Roma. Ospite dell’incontro ravvicinato con il pubblico dal titolo American Gothic, l’autore non si è risparmiato nelle risposte.
Il sesto giorno della Festa del Cinema di Roma ha visto il connubio tra la settima arte e la letteratura. Molti sono i rappresentanti dell’unione e della simbiosi che esiste tra queste arti, uno di questi è senza dubbio lo scrittore americano Chuck Palahniuk.
Fattosi conosce dal grande pubblico con Fight Club, suo primo libro portato al cinema da David Fincher, l’autore di romanzi best seller è stato l’ospite internazionale della giornata a cui era dedicato l’incontro con il pubblico, il cui titolo prende il nome di American Gothic.
Chuck Palahniuk è stato il protagonista dell’incontro ravvicinato con il pubblico.
Nato a Pasco, nello Stato di Washington, il 21 febbraio del 1962 da una famiglia di origini ucraine, cresce nei pressi di Burbank sino ai 14 anni. Laureatosi in giornalismo nel 1986 all’università dell’Oregon, si trasferisce a Portland, dove lavora prima come giornalista e poi come meccanico. Saranno proprio questi anni che gli forniranno gli elementi cardine che si ritroveranno nei suoi romanzi.
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Palahniuk non si è risparmiato nelle risposte, dimostrando grande disponibilità. Ha rivelato così che era convinto che avrebbe lavorato in fabbrica tutta la vita e solo dopo sarebbe diventato uno scrittore. È stato a 27 anni facendo un corso di scrittura, il Dangerous Writing tenuto da Tom Spanbauer, che ha capito che doveva inseguire subito il suo sogno, senza risparmiarsi, e che è stato grazie all’incontro con Gordon Lish che la cosa è divenuta realtà.
Un incontro in cui lo scrittore, presentatosi con gli immancabili occhiali ed un cappello bianco, ha messo in evidenza tutta la sua pacatezza e riflessione che lo contraddistingue. Sorprendendosi piacevolmente del caloroso benvenuto.
Il libro appare un lavoro di successo solo quando se ne parla in questo termine. La prima edizione vendette circa cinque mila copie. Solo tre anni dopo ne venne tratto un film, che però fu un flop. Ricevette il maggior numero di recensioni negative mai scritte.
I critici dicevano che avrebbe trovato pubblico sono all’inferno. Un vero incubo. I produttori erano disperati, uno di loro perse anche il lavoro in Fox. Solo due anni dopo per l’uscita in home video, dove venne preparata una confezione ad hoc, iniziò ad avere successo. Quello di Fight Club è stato un percorso di fallimento, solo dopo è divenuto un successo.
Fare il sequel di Fight Club in forma di libro o di film sarebbe stato controproducente. In entrambi i casi il nuovo prodotto avrebbe sofferto il paragone con l’opera precedente. Volevo continuare ad esplorare ma con un mezzo diverso, usando una versione originale e raccontando così la storia in modo diverso. La graphic novel permette di essere comici senza essere letterali, permette di utilizzare elementi diversi.
Ho iniziato a scrivere con l’intento di raccontare storie che non si possono portare al cinema. La lettura è qualcosa che impegna, ci vuole attenzione, devi capire cosa stai consumando.
La prima domanda ha una portata enorme, non so se sono in grado di affrontarla. C’è una teoria, di cui non ricordo il nome, secondo la quale i film di Fight Club e Matrix ha dato vita ad un linguaggio adatto a definire la cultura. Sono due film che mettono in dubbio la realtà e si interrogano.
Erano a Milano, dove ho letto Guts, un racconto di undici pagine, e durante l’evento tre uomini sono svenuti. Uno di loro mi ha anche urlato contro accusandomi di averlo letto per umiliarlo, solo per farlo svenire. Lo stesso è successo ad altri reading. Il mio intento è mostrare il potere delle storie, voglio creare un atmosfera adatta agli adulti. In fondo non c’è nulla di male!
Non so se posso dire di aver lavorato con David Fincher. Posso dire di essere stato d’accordo con lui! Se lui suggerisce qualcosa c’è sempre un motivo. quando si stavano facendo i provini per Fight Club c’era Curtney Love che all’epoca viveva con Edward Norton, e voleva la parte di Marla a tutti i costi.
Ha portato a cena i produttori per convincerli, vestendosi e comportandosi come Marla. Ma non è servito a nulla. David Fincher non l’ha voluta perché sarebbe stata la scelta più ovvia e quindi scontata. Voleva fare qualcosa di inaspettato. Quando ha proposto Helena Bonham Carter sembrava una scelta ridicola. Poi disse che doveva avere l’aspetto di Judy Garland poco prima di morire. E il risultato è stato strepitoso. Veramente incredibile, ha sorpreso tutti. Io ho semplicemente seguito.
Inoltre durante le riprese c’era uno scontro continuo tra Fincher e Norton perché vedevano il personaggio in maniera completamente diversa. Il regista lo vedeva come un uomo cupo, Norton come uno simpatico. Io venivo chiamato in causa per risolvere la questione.
Per quanto riguarda Invisible Monster in molti mi hanno contattato per farne un film. Saranno i creatori di American Horror Story a portarlo sullo schermo.
La violenza è sempre qualcosa di consensuale. Vuol dire che due persone hanno deciso di avere uno scambio animato. Per questo in Fight Club ci sono così tante regole.
Si deve creare un contesto in cui rapportarsi con essa. In tutti i miei libri ci sono elementi fisici, voglio interagire con i miei lettori ad un livello che vada oltre a quello letterale. Voglio interagire con loro a livello fisico. È un elemento con cui gioco.
Chuck Palahniuk si è dimostrato uno degli ospiti più disponibili mai visti alla kermesse romana. Non si è risparmiato firmato autografo e facendo foto con ogni persona che glielo chiedesse. Per la grande gioia dei suoi fan.