L’abbiamo atteso tra paura e trepidazione. Scetticismo e incertezza, poi eccitazione e curiosità. Finalmente uno dei più grandi romanzi horror prende vita in una forma dignitosa sul grande schermo. Ovviamente stiamo parlando di IT, trasposizione cinematografica dell’omonimo best seller di Stephen King ad opera del giovane Andrés Muschietti, con protagonista Bill Skarsgård. Ma il Pennywise di Muschietti sarà davvero riuscito nel miracolo?
Il 19 Ottobre è ormai vicino. Ultimo Paese nel mondo, ma finalmente IT arriva anche da noi. La trasposizione dell’omonimo romanzo che ha regalato tanti incubi agli adolescenti di tutto il mondo degli anni ottanta (ma continua a farlo ancora oggi), arriva in sala distribuito da Warner Bros.
Un progetto dalla gestazione complessa di cui si parla ormai da diversi anni. Non pochi sono stati i rumor riguardanti questo IT, inizialmente tanto voluto da Cary Fukunaga (True Detective) che, alla fine, ha preferito occuparsi della sceneggiatura della pellicola, lasciando la regia al “più esordiente” Andrés Muschietti.
Muschietti non è certo estraneo al genere dell’horror. Il suo esordio, infatti, avviene quattro anni fa con La Madre (Mama), pellicola nata dall’omonimo cortometraggio dello stesso regista che aveva fatto, letteralmente, accapponare la pelle a Guillermo Del Toro. Il regista Messicano ha insistito affinché Muschietti facesse del corto un vero e proprio film, finanziando e appoggiando il progetto dall’inizio alla fine.
Sebbene la trama fosse validissima e molto impressionante nella sua forma più breve, il lungometraggio non è stato altrettanto efficace, pur mostrando fin da subito al pubblico la grande attenzione per i dettagli e per le atmosfere del regista argentino.
Atmosfera è sicuramente la parola d’ordine quando si parla di IT, insieme a nostalgia e paura. Partiamo da questo fondamentale presupposto per capire in cosa l’IT di Muschietti è un’ottima trasposizione del romanzo di King.
Rappresentare la paura
Così come il romanzo di King, IT non è un film di paura. IT è la paura. E questo elemento è fondamentale per capire sia il romanzo che il film.
La paura, così come accade ai giovani protagonisti da loro stessi definiti Il Club dei Perdenti, si manifesta in tante forme differenti, in base alla persona di cui si sta parlando.
La paura di cui si parla in IT prende forma attraverso il personaggio di Pennywise, creatura antropomorfa che infesta la città di Derry fin dalla sua creazione, terrorizzandola e divorando bambini ogni 27 anni. È quel mutaforma dalle mille sfumature che si nasconde dentro ognuno di noi.
Quella dei mostri dell’armadio e sotto al letto, quella del bullo all’uscita della scuola, dei genitori troppo severi o apprensivi, di un compito in classe andato male o di una creatura vista in un film che non avremmo dovuto vedere. La paura che cresce dentro di noi, si nutre della nostra essenza, quasi come un masso che ci schiaccia, lasciandoci nell’impossibilità di fare qualsiasi cosa.
Quella paura che in età adulta sembra essere sparita. E invece no, lei è li, dentro di noi, pronta a uscire fuori quando meno te l’aspetti. Quel piccolo morbo che credi di aver distrutto, ma che semplicemente hai lasciato che si addormentasse, dimenticandoti apparentemente di quanto ti terrorizzasse, sentendoti uno stupido quando i tuoi genitori, con sguardo di insofferente ovvietà, ti dicevano che non c’era proprio niente di cui avere paura.
Ma quando si è bambini o ragazzi la paura è quel carburante che ci fa andare avanti, quello che ci porta ad affrontare ostacoli apparentemente più insormontabili.
Devi diventare un mostro a tua volta per sconfiggere la paura.
Ecco, IT è proprio questo. Un film che in questa sua prima parte, tenendo fede al racconto ambientato nel passato, è un vero e proprio romanzo di formazione. Un viaggio attraverso atmosfere cupe, ma al tempo stesso calde. Un film di corse a perdifiato, eterne promesse e un fedeltà incondizionata verso gli amici che non avremo mai più.
Sotto questo punto di vista quello di Muschietti sembra essere la massima sintesi di alcuni dei romanzi e racconti più iconici e votati all’infanzia di Stephen King, come Il Corpo, conosciuto in forma cinematografica col titolo di Stand By Me.
Al tempo stesso è inevitabile storcere il naso per alcune inesattezze che si trovano all’interno del film. Quello di Muschietti non è un vero miracolo, ma riesce nell’impresa più ardua di tutti: rappresentare quella paura, l’essenza di un romanzo tanto complesso che King scrisse trentuno anni fa e che, ancora oggi, riesce perfettamente a parlare ai lettori di ogni generazione.
Così come IT può essere rappresentato in molti modi, a seconda dell’età e della persona che lo legge, allo stesso modo Muschietti da la sua interpretazione di IT, riuscendo a essere fedele nell’anima e al tempo stesso originale.
La mancanza della tartaruga e quindi della parte più spirituale del romanzo, Alcuni dettagli riguardanti le apparizioni di IT a seconda dei protagonisti e la morte di Georgie sono rappresentate in modo diverso in questo film. Al tempo stesso Muschietti non rinuncia a piccoli dettagli iconici come la corsa di Ben da Henry o la sua cartolina d’amore per Beverly, l’ipocondria di Eddie e il suo morboso rapporto con la mamma, la battaglia di sassate.
Piccoli elementi che creano la vera e propria magia di IT.
Pennywise e il Club dei Perdenti
Il Pennywise di Bill Skarsgård è perfetto sotto ogni aspetto. Inizialmente incute sospetto, poi è ammaliante, affascinante, ci conquista un secondo prima di divorarci.
È un tentatore, un suggeritore delle nostre repressioni e, al tempo stesso, un burattinaio delle nostre paure più recondite.
Difficile scordare il Pennywise di Tim Curry, mostro iconico e sacro che continua a vivere nel nostro immaginario, unico vero elemento che ha reso la miniserie degli anni ’90, con tutti i suoi difetti e la pochissima fedeltà al romanzo, una piccola opera intramontabile. Eppure il giovanissimo Skarsgård è stato abile nel far suo il personaggio, diventando un tutt’uno con la creatura, sapendo ben giostrare sguardi, espressioni, cambiamenti di voce, movenze.
IT può dare forma a quelle paure, diventare la paura stessa, nutrendosene con avidità. E l’arma per sconfiggere IT è proprio quella di non aver paura. Il percorso, il viaggio, che i giovani protagonisti sono chiamati a fare è proprio quello di superare le loro più grandi paure, facendo la solenne promessa che se tra ventisette anni, quando ormai tutti saranno molto lontani da Derry, quelle paure dovessero tornare a bussare sarebbero stati pronti per schiacciare, una volta per tutte, il male.
E come si fa a non perdersi nella nostalgia del passato, di quei momenti vissuti quando eravamo più piccoli, perfettamente rappresentati dai giovani protagonisti che riescono a cogliere gli elementi fondamentali dei loro personaggi.
Prima fra tutti la giovanissima Sophia Lillis, interprete di una Beverly Marsh meravigliosa. Un personaggio che strega al primo sguardo. Dolce e sensuale, maliziosa e smaliziata al tempo stesso. Una bambina, ma anche una giovane donna con il sorriso sulle labbra e un segreto inconfessabile dentro di sé.
Lei, così come gli altri personaggi, impariamo a conoscerli lentamente, apprendendo piccoli dettagli delle loro vite che aiuteranno, soprattutto per la seconda parte del film prevista nelle sale nel 2019, a comporre un puzzle ben più complesso e articolato.
Proprio come Millie Bobby Brown, Sophia Lillis è una giovane promessa del cinema contemporaneo che ci riserverà molte sorprese.
Accanto a lei, citando appunto la Brown di Stranger Things, si distingue Finn Wolfhard, interprete di Richie “Boccaccia”. Richie è esattamente quell’amico che tutti vorremmo. Indisponente, ironico, tagliente e senza peli sulla lingua. Pronto a tirarti un pugno se serve o rischiare la propria vita per salvare la tua. Wolfhard riesce a distinguersi per la sua capacità di centrare immediatamente il personaggio, cadenzando i dialoghi con le sue battute irriverenti e sempre fuori luogo, ma che conquistano al primo colpo.
Più in sordina Jaeden Wesley Lieberher, interprete di Bill, fratello maggiore di Georgie, una delle prime vittime dello spietato IT, che inizia la battaglia contro il mostro trascinando tutto il Club dei Perdenti ad affrontare le proprie paure. Il giovane attore sa fare il suo dovere, ma senza riuscire davvero a spiccare come Wolfhard o Lillis o, paradossalmente, Jeremey Ray, interprete del tenero Ben.
A completare il giovane cast troviamo anche Wyatt Oleff e Jack Dylan Grazer, rispettivamente interpreti di Stan e Eddie, personaggi lasciati più da parte, ma che vantano di una fortissima caratterizzazione, generalmente non scontata per personaggi secondari come i loro.
Brividi in bilico tra carta e cellulosa
Prima ancora del lavoro in regia, IT vanta un immenso lavoro di sceneggiatura in cui nulla è stato lasciato al caso. Certo, le differenze ci sono, ma sono tutte ponderate in prospettiva del futuro di questo titolo.
C’è un solenne rispetto nei confronti del libro di Stephen King e anche il cambiamento del periodo in cui è ambientato il film, effettuato ambientando il passato negli anni ottanta e non nei cinquanta e il presente ai nostri giorni, serve ad avere ancora più empatia con i personaggi del film.
Dal punto di vista più del genere IT possiamo definirlo un film di suspense che fa affidamento su un canone di regia già consolidato da quelli che sono i modelli attuali come, per esempio, James Wan e il suo The Conjuring.
Jump scares, montaggi velocizzati, musica incalzante, elementi abbastanza banali che servono, principalmente, ad aumentare la tensione, l’adrenalina del momento e a favorire il passaggio dell’emozione dei protagonisti, ma non a spaventare per davvero.
Certo, sotto questo punto di vista se vi aspettavate un vero film dell’orrore a tutti gli effetti, la delusione è dietro l’angolo. Ma per chi ha letto il libro, ritornando al discorso di qualche paragrafo fa, la paura di IT è molto diversa da quella di un semplice “film di paura”.
IT incarna il concetto di paura presentandosi, più che spaventoso, disturbante e inquietante. Lasciando un turbamento nello spettatore anche dopo i titoli di coda.
Una storia che porta a riflettere sul mondo dell’infanzia, quella rubata e quella oppressa dalle figure genitoriali, quella combattuta a suon di cazzotti o distrutta da una trama fin troppo tranquilla o vivace. Un ventaglio di sfumature molto differenti tra loro che portano, soprattutto nello sguardo degli adulti, a riflettere su tematiche ben diverse da quelle che ci si potrebbe aspettare da un “banale film dell’orrore”.
Ecco perché, prima di tutto, IT di Andrés Muschietti è un viaggio di formazione che prepara il terreno per la vera battaglia, quella che si combatterà con gli occhi degli adulti nel seguito in uscita nel 2019. Quella di quando ormai le scelte sono state compiute e non si può tornare indietro, ma si può agire per cambiare il domani.
Se questo IT presenta sfumature contraddittorie, come i toni caldi della fotografia di Chung-hoon Chung e la musica fiabesca di Benjamin Wllfisch, in netto contrasto con le immagini e le tematiche narrate, è lecito aspettarci un IT: Parte Seconda molto più cupo e ricolmo di orrori. Una pellicola, per forza di cose, ben più matura sia dal punto di vista dei personaggi ma anche della regia.
Un nuovo film con un budget altamente superiore ai 30milioni di dollari di questo primo capitolo, ma che potrà poggiarsi sul meritato successo mondiale che sta avendo questo primo IT. Una pellicola che avrà modo di inquadrare la paura sotto un aspetto ancora più diverso.
E noi aspetteremo di tornare a Derry. Aspetteremo di trovarci faccia a faccia col mostro, ancora una volta, e questa volta non sarà un semplice “arrivederci” ma un vero, feroce e doloroso, addio.
IT Il Film: commento dopo l'anteprima con Gabriella!
IT Il Film: commento dopo l'anteprima con Gabriella!#ITilfilm #AnteprimaLive
Posted by Lega Nerd on Friday, October 13, 2017
IT sarà nelle sale italiane dal 19 Ottobre.