Il 28 Settembre uscirà nelle nostre sale il film Jukai – La foresta dei suicidi, un horror thriller del regista Jason Zada, con protagonista la bellissima rosa di casa Tyrell del Trono di Spade, Natalie Dormer, nei panni di Sara alla ricerca della sua gemella eterozigote data per morta.
Già il trailer trasmette l’atmosfera ansiogena e cupa, quasi magnetica che gli sceneggiatori Sarah Cornwell, Nick Antosca e Ben Ketai volevano imprimere alla pellicola grazie anche alle musiche di Bear McCreary, speriamo quindi che il film ci tenga incollati alla sedia del cinema con tanto di unghie infilate nel braccio del partner.
Sara ha una sorella gemella, scomparsa, con cui ha un’intesa tale da capire quando si trova in pericolo. Così la giovane donna decide di partire alla volta del Monte Fuji per cercare Jess, la gemella che tutti credono essere morta. Ben presto si scopre che la scomparsa di Jess è avvenuta in circostanze poco rassicuranti, in quanto aveva deciso di campeggiare in solitaria in uno dei luoghi meno sicuri del mondo, noto come la foresta dei suicidi.
La location che Sara si trova di fronte non è di certo delle migliori, la fitta vegetazione nasconde infatti misteri che probabilmente dovevano rimanere nascosti alla conoscenza umana. Ormai in un loop di paura la protagonista è rinchiusa in un labirintico susseguirsi di grotte gelate, tagliente sottobosco e fossati, fino al ritrovamento della sorella scomparsa.
Il cast è composto da attori conosciuti e non, si tratta di Natalie Dormer (Sara/Jess Price), Taylor Kinney (Aiden), Eoin Macken (Rob), Stephanie Vogt (Valerie), Osamu Tanpopo (il senzatetto), Ibuki Kaneda (Mei), Noriko Sakura (Mayumi), Terry Diab (Nonna) e Nadja Mazalica (Sara/Jess a 6 anni). Ma scopriamo la storia che si nasconde dietro la finzione.
Jukai è in realtà uno dei tanti nomi della foresta di Aokigahara, sita alla base nord-occidentale del Monte Fuji in Giappone e si estende per 35 km quadrati. Il nome Jukai (mare di alberi) le è stato attribuito proprio per la sua conformazione atipica, che si è modificata nel tempo sulla base di resti di un’ eruzione del monte Nagaoyama, conferendole, vista dall’alto, un aspetto che ricorda l’oceano, vista internamente, è caratterizzata da rocce laviche che formano caverne di ghiaccio e una fitta vegetazione di conifere, cipressi, arbusti e alberi decidue che rendono la foresta estremamente silenziosa, bloccando anche l’azione del vento, e labirintica al punto che ogni spedizione al suo interno richiede l’espediente del filo d’Arianna tramite nastri colorati per ritornare velocemente sui propri passi in caso di emergenza, in quanto l’uso di bussola o satellitari non è consentito dai massicci giacimenti di ferro nel sottosuolo.
Ma come ha fatto a guadagnarsi la fama e reputazione di foresta dei suicidi?
Le prime testimonianze di suicidi si hanno dal XVI secolo quando gli anziani delle famiglie giapponesi si facevano spontaneamente abbandonare in questa foresta per lasciarsi morire e non gravare sulle spalle della loro famiglia, tutto questo meccanismo ha dato origine a storie e credenze popolari della presenza di Yōkai (spiritelli, demoni) come Kodama (spiriti degli alberi in grado di imitare le voci dei defunti, conosciutissimi in occidente per diversi riferimenti, dai custodi dei santuari del videogioco Ni-Oh agli abitanti della foresta nel lungometraggio animato di Hayao Miyazaki, La Principessa Mononoke) e Jubokko (spiriti meno conosciuti rispetto, alberi vampiri che tramutando i loro rami in tubi attaccano i passanti e si nutrono del loro sangue per rimanere sempre verdi. Si dice anche che se il ramo di un Jubokko viene tagliato, anziché linfa, ne uscirà sangue).
Secondo molti spiritisti giapponesi, la struttura della foresta, fitta e labirintica, è attribuibile alla continua ricerca di una via d’ uscita e quindi di pace da parte degli spiriti dei defunti che la abitano. Con la modernizzazione del Giappone queste credenze sono diventate sempre più di nicchia o addirittura andate perdute, fino al 1950….
Il luogo col tasso di suicidi più alto al mondo dopo il Golden Gate Bridge (San Francisco)
Nel 1950 una moltitudine di uomini d’affari si è inoltrata nei meandri della foresta per non fare più ritorno, le stime ci mostrano di media 30 suicidi annuali da quel momento a oggi. Nel 1970 la percentuale di dispersi divenne altissima e altrettanto alta era la probabilità di imbattersi in cadaveri appesi agli alberi o distesi per terra, persino l’odore di putrefazione che fuoriusciva dal sottobosco era diventato insopportabile, tanto che il governo Giapponese decise di effettuare pulizie stagionali all’interno della foresta.
Dal 1988 al 2003 la stima è salita a 100 suicidi l’anno e solo nel 2010 dei 247 tentativi ben 54 sono andati a “buon” fine, se così si può dire. La cosa più sconvolgente è che questi dati sono basati solo sui ritrovamenti nelle brevi esplorazioni interne alla foresta, bisogna quindi contare anche ciò che ancora non è venuto alla luce.
Cartelli contro il suicidio, e bambole voodoo appese agli alberi, sono gli scenari perfetti per un buon horror, e infatti la foresta di Aokigahara è stata ambientazione di altre due pellicole del genere: nel film del 2013 Grave Halloween una giovane donna si addentra a Aokigahara alla ricerca del corpo di sua madre, scomparsa nella foresta. Mentre nel film del 2015 La Foresta dei Sogni di Gus Van Sant, un uomo statunitense (interpretato da Matthew McConaughey) si reca a Aokigahara per porre fine alla sua vita, lì però incontra un uomo giapponese (interpretato da Ken Watanabe) con cui si ritroverà a dover sopravvivere.
La tua vita è un prezioso dono ricevuto dai tuoi genitori, per favore, rivolgiti alla polizia o a un medico prima di commettere suicidio.
– Iscrizione su cartello a Aokigahara