Probabilmente era il film più atteso di questa stagione cinematografica: le aspettative erano ai massimi storici, un po’ tutti speravano che almeno fosse – se non più bello – almeno al livello del suo predecessore. Ma riuscire a sfornare un seguito che potesse reggere il confronto con il primo Guardiani della Galassia non era di certo un’impresa facile. O meglio: non lo è per chi non si chiama James Gunn.

Se  invece sei James Gunn puoi fare questo ed altro, ormai lo abbiamo capito.

Guardiani della Galassia Vol.2 è, infatti, un film che non solo riesce a raggiungere il livello del precedente, ma lo fa senza potersi aggrappare all’effetto sorpresa che tanto ce lo aveva fatto amare all’epoca.

Quando ormai più di due anni fa Guardiani della Galassia approdò nelle sale la reazione del pubblico e della critica fu unanimemente entusiasta per due fattori principali: lo stile pop travolgente e il fatto che nessuno si sarebbe mai aspettato qualcosa di tanto pirotecnico da un cinecomic con protagonisti personaggi conosciuti forse a dodici lettori in tutto il mondo, a voler esser buoni.

 

 

 

 

Ora che Starlord e soci sono diventati delle vere e proprie icone presso il grande pubblico è decisamente più difficile stupire gli spettatori, che naturalmente sanno già cosa aspettarsi andando in sala.

E qui si ritorna all’Effetto Gunn, come mi piace chiamarlo. Il gruppo è ormai formato, i personaggi li conosciamo, l’unica cosa che mancava era un maggiore approfondimento dei rapporti che li uniscono, ma naturalmente senza che venissero banalizzati.

Ma a Gunn la banalità non piace nemmeno un po’,

credo sia abbastanza chiaro, quindi ha fatto di tutto per portare la sua creatura al livello successivo, lavorando sulla caratterizzazione di quei personaggi che ancora non erano stati esplorati quanto avrebbe voluto.

 

La prima parte del film è ricca di momenti visivamente spettacolari e situazioni costruite a regola d’arte,

Il risultato è che la prima parte del film risulta ricca di momenti visivamente spettacolari e situazioni costruite a regola d’arte, con il solo difetto di risultare poco carica di sostanza, come se il regista – che in questo caso è anche sceneggiatore, esattamente come per il film precedente – non volesse far comprendere allo spettatore dove si stia andando a parare.

 

Man mano che la narrazione prosegue, però, la tensione cresce, l’azione diventa sempre più frenetica e la storia prende piede come un fiume in piena, culminando in un finale che definire emotivamente spettacolare sarebbe un eufemismo.

Sebbene ci si aspettasse un approfondimento della storia personale di Starlord, che pure effettivamente possiamo trovare nel film, non è lui a risaltare in maniera particolare: i veri mattatori della pellicola sono il Drax di Dave BautistaYondu, interpretato da Michael RookerBaby Groot.

 

 

 

 

Per quanto riguarda Drax era scontato che gli dessero più spazio, visto l’apprezzamento ricevuto nel primo film, complice anche la naturalezza con cui Bautista, contro ogni aspettativa, riesce a portarlo in scena.

Per Yondu il discorso è già più complesso, dal momento che si tratta di un personaggio deliziosamente borderline, un outsider che viene chiamato in causa quasi a forza, scolpendosi nel cuore degli spettatori. Se già lo avevate amato due anni e mezzo fa, preparatevi a perdere completamente la testa per lui.

Baby Groot  incarna invece tutto quello che dovrebbe essere un comic relief in un blockbuster del genere: divertente, istantaneamente adorabile, ma tuttavia presente nei momenti giusti, assolutamente non ingombrante con la sua presenza.

Quindi Gunn, ormai forte di avere un gruppo già consolidato, ne ha approfittato per sperimentare con una scrittura consapevole e matura, anche nel linguaggio decisamente più scurrile e roccioso rispetto agli standard dei film dei Marvel Studios, e con una regia che regala momenti di ampio respiro, giocata su lunghi piani sequenza e rapidi movimenti di macchina che assecondano la frenesia dell’azione, senza però renderla incomprensibile.

 

Ad aggiungere grande valore al tutto ci pensano le scenografie digitali, con concept dei paesaggi mozzafiato, e in generale il comparto degli effetti visivi, che rendono Guardiani della Galassia Vol.2 una space opera visivamente ineccepibile.

Anche se, a onor del vero, in questo secondo capitolo viene leggermente meno una componente che era stata decisiva ai fini dell’apprezzamento nel film che l’aveva preceduto: l’esplorazione.

Meno pianeti sconosciuti da visitare, meno creature bizzarre da introdurre, ma più attenzione nei confronti di personaggi che avevano ancora molto da dire, per non parlare delle new entry.

 

Come Ego, interpretato da un Kurt Russell straordinariamente in parte, ma penalizzato nel doppiaggio dall’assenza di Francesco Pannofino, che a mio modesto parere è la voce che più gli si addice e che avrei preferito di gran lunga su questo personaggio.

Ego è allo stesso tempo ordinario e straordinario

Ego è allo stesso tempo ordinario e straordinario: non lo si può definire particolarmente innovativo e senza dubbio può dare, in sé, la sensazione di essere simile a mille altri personaggi, ma Russell ha infuso una tale energia in quest’interpretazione da averlo reso pregno di un fascino indecifrabile, donandogli anche una caratterizzazione estremamente personale che va oltre la sua scrittura da parte dell’autore. In poche parole, Ego è dotato di grande carisma e di una personalità notevole, tutte caratteristiche che lo rendono decisamente memorabile.

Superficialmente parlando anche Mantis, interpretata da Pom Klementieff, risulta convincente, soprattutto per via dei siparietti che vedono protagonisti lei e Drax, anche se non si può dire che venga approfondita particolarmente da un punto di vista psicologico.

 

 

 

 

In fondo stiamo parlando di un probabile nuovo membro della squadra, è comprensibile che non le venga riservata particolare rilevanza immediatamente. Ciò che però salta all’occhio fin da subito è la grande attenzione di James Gunn per le atmosfere: una delle maggiori preoccupazioni riguardanti questo seguito era proprio relativa alle forti influenze pop, tanto nell’estetica quanto nelle musiche.

Sarebbe riuscito il regista a ricreare quell’effetto nostalgico nei confronti degli anni ’80 che aveva caratterizzato il primo film? Ebbene, non solo Gunn è riuscito a riportare in scena quelle atmosfere, ma le ha addirittura migliorate, con una colonna sonora calzante – anche se forse l’Awesome Mix Vol.2 è leggermente meno incisivo dell’altro e si sente la mancanza di un brano iconico come Hooked on a Feeling, anche se sul finale spingono il carico da 90 – e soluzioni di forte impatto visivo, soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Yondu e le evidenti influenze punk che lo interessano.

Tutto, dai titoli di testa ai fenomenali titoli di coda, trasuda quel gusto pop e quell’amarcord che ci si aspetterebbe da un film sui Guardiani della Galassia.

Tutto, dai titoli di testa ai fenomenali titoli di coda, trasuda quel gusto pop e quell’amarcord che ci si aspetterebbe da un film sui Guardiani della Galassia, per non parlare delle citazioni a grandi capolavori della storia cinematografica che sono la dimostrazione della visione fanciullesca del Cinema da parte del regista.

Una visione che riporta il medium alle sue origini, quando veniva utilizzato principalmente per intrattenere il pubblico pagante, stupendolo, portandolo dove non era mai arrivato prima. Questo è Guardiani della Galassia Vol.2, un blockbuster d’autore, un film che non si dimentica del suo scopo ludico, ma senza rinunciare ad un comparto tecnico di ottima fattura, dove vige un ottimo equilibrio tra la struttura narrativa e l’azione, mai esagerata o becera (Fast & Furious 8 anyone?).

E ancora una volta il messaggio che il film vuole lanciare è quello dell’importanza di appartenere a qualcosa, ad un nucleo familiare che non è tale solo in virtù di un legame di sangue, anzi: è la storia di un’unione che viene ulteriormente consolidata, di legami sentimentali che sovrastano persino quelli biologici, in un tripudio di battaglie morali e fisiche, il tutto condito con quell’energia scanzonata che tutti speravamo di ritrovare ancora una volta.

 

 

 

 

com’è logico che sia, non stiamo parlando di un film perfetto

Certo, com’è logico che sia, non stiamo parlando di un film perfetto e che nemmeno aspira ad esserlo: adempie al suo dovere senza troppe difficoltà, ma forse pecca di una certa superficialità nello svolgimento della trama, che si impigrisce sul dipanare situazioni di per sé molto interessanti, ma spesso fini a sé stesse.

Inoltre il villain principale risulta convincente, sicuramente più del Ronan di Lee Pace, ma non particolarmente incisivo in quanto cattivo della situazione, come spesso accade nei film prodotti dai Marvel Studios, dove il nemico deve rigorosamente evitare di rubare la scena all’eroe. O agli eroi, come in questo caso.

Ma quindi, in definitiva, Guardiani della Galassia Vol.2  è anche migliore rispetto al suo predecessore? La mia risposta a questa domanda è: no. Non perché non sia ben orchestrato, tutt’altro, ma come ho già detto è privo di quell’elemento innovativo necessario per stupirsi genuinamente.

Tutti noi sapevamo già cosa aspettarci o comunque sapevamo cos’avremmo voluto da questo sequel, e Gunn ce lo ha dato. Forse si avverte l’assenza di scene particolarmente memorabili come il ballo di Starlord sui titoli di testa, ma questa è una pecca che viene compensata dagli alti picchi emotivi che vengono raggiunti nella seconda parte, quelli sì quasi del tutto assenti nel primo film.

Ritorniamo dunque alla mia risposta: no, non è migliore del film precedente, ma non è nemmeno inferiore. Piuttosto lo si può considerare esattamente ciò che si vorrebbe che fosse un seguito: la naturale estensione del film che lo ha preceduto, un prodotto di pari livello che però aggiunga elementi tali da renderlo fruibile in maniera diversa. Già questo non è poco, ma d’altronde in quanti speravano veramente che potesse essere addirittura migliore?

Quello che Gunn ha fatto con questi personaggi più di due anni fa era stato già clamoroso di suo, riuscire addirittura a fare qualcosa che andasse oltre sarebbe stato davvero un’impresa.

 

 

 

 

Gunn si è dimostrato all’altezza della situazione e ha nuovamente confermato la sua straordinaria autorialità

Ma Gunn si è dimostrato all’altezza della situazione e ha nuovamente confermato la sua straordinaria autorialità, nonché la capacità di rendere un film legato a forti esigenze commerciali un prodotto che fosse anche suo, profondamente intriso della propria poetica e della sua follia artistica, tipica di chi è stato forgiato nella fucina della Troma da un fabbro schizofrenico come Lloyd Kaufman.

Le chicche che vanno a completare un’opera ambiziosa ma coerente con sè stessa sono la presenza di un’icona come Sylvester Stallone, che rimane in scena per due minuti scarsi e riesce a farti desiderare di vederlo per almeno altre due ore, e quella di Sean Gunn, fratello del regista, che interpreta il sottoposto di Yondu.

Immaginate il mio shock quando mi sono reso conto che il fratellino del regista, lo stesso che ha prestato le movenze a Rocket (ma la voce è di Bradley Cooper) tramite il motion capture, è stato per anni interprete dello svitato Kirk nella serie Una Mamma per Amica, riesumata di recente da Netflix con una stagione evento composta da quattro lungometraggi.

Le belle cose che si scoprono ogni tanto. Infine è il caso di spendere due parole sulle famigerate cinque scene post credits: niente di entusiasmante. Si tratta per lo più di gag di contorno e ahimè, di nessun collegamento a Thor: Ragnarok o a Avengers- Infinity War, cosa che è molto strana soprattutto per quest’ultimo, dato che i Guardiani sono i personaggi più strettamente legati a Thanos.

Il che, tra l’altro, fa pensare al ruolo decisivo che potrebbe avere Nebula in quel film, ma per ora deve accontentarsi del suo momento di gloria in questo Guardiani della Galassia Vol.2, dove Karen Gillan, che la interpreta, ha avuto modo di caratterizzarla in maniera leggermente più interessante rispetto al primo film.

Se avevate qualche dubbio sulla buona riuscita del sequel, potete anche abbandonarlo.

Gunn ha confezionato una pellicola degna delle aspettative che in tanti avevano riposto ed è già pronto per il terzo atto, che potrebbe essere la sfida definitiva: mantenere lo stesso livello – notevole – per tre film consecutivi. Possibile? Come disse uno più saggio di me: ai posteri l’ardua sentenza. E se i posteri sono pure nerd, la cosa si complica.

 

 

Cameo di Stan Lee (Spoiler)

Se non dedicassi almeno due righe alla questione cameo di Stan Lee, sarei un cavallo. Cioè una persona orribile. Da anni circola una bizzarra e affascinante teoria che vorrebbe Stan Lee come forma umana di Uatu l’Osservatore, il che sarebbe anche coerente con il ruolo di narratore spirituale dell’universo supereroistico Marvel che l’autore veste.

Kevin Feige e Gunn hanno deciso di accontentare i fan e inserire una scena in cui Stan Lee si trova su un pianeta roccioso simile alla nostra Luna, mentre intrattiene altri Osservatori con i racconti di ciò che ha vissuto sulla Terra, con una ripresa della medesima situazione in una delle cinque scene post credits.

Da questo si evince che effettivamente, nel Marvel Cinematic Universe e nel presunto universo parallelo di casa Fox, Stan Lee sarebbe Uatu, il quale predilige assumere la forma di un simpatico e arzillo vecchietto per monitorare ogni situazione indisturbato. Non solo una citazione a dir poco geniale, ma anche una simpatica giustificazione delle decine di cameo interpretati dall’autore nel corso degli anni. Quando si dice “lasciare carta bianca agli autori”.

 

 

Trovate Guardiani della Galassia Vol.2 in sala a partire da martedì 25 aprile.