Il sogno non è solo “americano”, ma anche italiano: questo cerca di dimostrare il giovane Matteo Achilli e la sua Egomnia, protagonisti di The Startup, film di Alessandro D’Alatri proprio sulla realizzazione di un futuro diverso e in mano ai giovani. Ma sarà tutto oro quello che luccica?
The Startup è il biopic sul giovanissimo Matteo Achilli che, poco meno che ventenne, lanciò sul mercato la sua startup, Egomnia, un social basato unicamente sul merito, sul valore oggettivo di una qualsiasi persona alla ricerca di un lavoro.
Egomnia in poco tempo fa moltissimi iscritti e Achilli diventa un personaggio molto conosciuto anche oltreoceano, ma non poco criticato dal mondo delle startup italiane.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, dice il detto, e Achilli in un primo momento sembra essere travolto totalmente da questa aurea di successo, come mostrerà lo stesso D’Alatri nel film.
Non si parla più di startup o azienda, ma bensì di persona, di Matteo.
Ed ecco come Egomnia sia cresciuta tanto rapidamente quanto poi altrettanto rapidamete sia caduta.
Matteo, da bravo ventenne con molti sogni, speranze, tanta determinazione e un po’ di presunzione, non demorde e continua ancora oggi con la sua startup che, a detta sua, ha un valore commerciale pari a un miliardo, ma che ancora non ha dato dei veri risultati concreti attraverso i quali poter davvero definire Achilli e la sua azienda come qualcosa di rivoluzionario.
Indubbiamente non è stato Matteo Achilli ad essersi definito il Mark Zuckerberg italiano e non è certo colpa sua se la stampa estera ha travisato un po’ la sua figura, quanto più colpa di una stampa italiana ben poco specializzata e amante dei “paroloni random”; la furbizia di Achilli – e come dargli torto – è stata quella di saper cavalcare l’onda di quel momento e far del personal branding su se stesso, a vantaggio, o quasi, della sua Egomnia.
Di certo è strano oggi pensare che su un ragazzo così giovane sia stato fatto un film e sia appena uscito un libro, quando a conti fatti i risultati non sono proprio quelli che porterebbero una produzione a investire tanto, ma questa non è indubbiamente la sede giusta per discuterne.
Parliamo di The Startup e di come no, non sia assolutamente il The Social Network italiano, ma di come inevitabilmente cada in stereotipi e situazioni che non possono fare a meno di ricordare le dinamiche, anche nella costruzione del personaggio e delle sue relazioni, del film di David Fincher sul fondatore di Facebook.
La pellicola si apre come se fosse un classico teen drama, dove il protagonista, ragazzo della periferia romana diviso tra maturità, sport, fidanzata e amici, deve rispondere alla fatidica domanda: cosa farò da grande?
Matteo, interpretato da Andrea Arcangeli, sembra essere sicuro di una cosa: non vuole lasciare Roma, nonostante sia stato preso alla Bocconi di Milano. Quando si è così giovani, le strade però sono imprevedibili.
Nell’arco di pochi mesi, la vita di Matteo, come quella di un qualsiasi adolescente che si appresta a lasciare l’età degli agi e ad entrare in una dimensione volta alle responsabilità del futuro, cambia.
Subentra la frustrazione verso una società che non tende a premiare il merito, in cui non sopravvive il più professionale, istruito e dal valore più alto, ma chi invece può fare affidamento sui soldi, su una buona famiglia, su delle raccomandazioni.
Egomnia nasce, prima ancora che Matteo arrivi all’università, proprio da questo bisogno di dare maggior spazio a chi merita davvero un’occasione, un posto di lavoro, una posizione rispetto a un’altra. Un calcolatore di merito, un social dove riunire chi cerca lavoro e chi offre lavoro. Non sorprende certo sapere che il maggior competitor di Egomnia sia LinkedIn.
La prima parte di The Startup è, quindi, dedicata allo sviluppo di Egomnia all’interno di uno stanzino insieme a Giuseppe (Luca Di Giovanni), ingegnere poco più grande di Matteo.
La pellicola, già da questo momento, non si concentra tanto sullo sviluppo delle idee, le problematiche, oltre a quelle finanziare, e il tipo di lavoro dei due personaggi, quanto più all’aspetto emotivo del protagonista.
Matteo ha bisogno di sviluppare Egomnia, ma durante questa fase c’è una continua sequela di scene in dissolvenza con tanto di smielata e insofferente musica di fondo, in cui lo vediamo litigare con la fidanzata Emma (Paola Calliari) perché non sono partiti insieme per il viaggio dopo la maturità…
L’intenzione che si respira per tutto il film di Alessandro D’Alatri è sicuramente quella di mettere sotto l’occhio della camera una realtà italiana che può e deve essere motivo d’ispirazione per tanti giovani, tralasciando gli obiettivi effettivamente raggiunti o meno; la scelta stilistica adoperata dal regista non può fare a meno di far pensare ai classici Notte Prima Degli Esami, dove le protagoniste sono le solite dinamiche che rendono un’idea buona molto frivola, priva di spessore e originalità.
La scelte di D’Alatri, dal tipo di inquadratura alla scelta della musica, non sono quelle che ci si aspetterebbe in un film su una startup tecnologica, ma più quelle di una classica storia di ragazzi.
Di certo non è sufficiente inserire scene oniriche, poetiche, dal balletto ai sogni/incubi del protagonista, per rendere un film italiano diverso e nuovo. Anzi, quel tipo di immagini inserite dal regista, gravano ancora di più sulla natura del film.
Non si mette in discussione la validità della storia, sebbene più di una volta, sia per la personalità molto particolare dello stesso Achilli, sia per romanzare un po’ la vicenda, si scivoli nei classici stereotipi dei giovani accecati dal successo e che tagliano i ponti con tutto e tutti.
Interessante è, invece, la parentesi che si va ad aprire sul Matteo dopo Egomnia, il tipo di amici che frequenta, la scelta di vivere a Milano e l’ironia che gli riserva il nome stesso della sua startup, quando si ritrova accecato dal successo e l’unico ego che rimane impresso a tutti è proprio quello di Matteo.
Sia nel reale che nella finzione, è molto chiaro come tutto venga incentrato sulla figura di questo ragazzo e come invece molto più misero sia l’interesse nei confronti della sua creazione.
Egomnia dovrebbe essere il centro di tutto, la genialità di una giovane mente che non vuole arrendersi di fronte ai paletti imposti da un Paese terribilmente votato a sfavore dei giovani, ma alla fine quello che ci rimane sono i vent’anni di Matteo, il suo cadere nel baratro, il suo egocentrismo e presunzione che offuscano, nel momento più importante della sua azienda, i veri obiettivi da perseguire.
Gli elementi più interessanti della personalità di Achilli, considerando anche che il film si concentra unicamente su questo, sono trattati con una certa superficialità. Non approfonditi abbastanza da rendere più particolare e meno banale il registro filmico della pellicola.
Una nota di colore la danno gli attori, la maggior parte alle prime armi o appena arrivati dal teatro, che si approcciano, giustamente, ai propri personaggi con leggerezza. Del resto, la parte interpretata da ognuno di loro è quella di coetanei.
The Startup è una sorta di ibrido. Un biopic frizzantino, leggero, che tende più che altro a omaggiare una generazione di ragazzi che deve, a tutti i costi, prendersi il posto che gli spetta in un’Italia sempre troppo istituzionale e poco aperta all’innovazione, alle menti giovani.
Ma anche il film di D’Alatri manca di questa apertura verso l’innovazione, basandosi invece sui canoni classici dei film già visti e tipici di un cinema italiano sottotono con protagonisti ragazzi tra il liceo e l’università.
Manca l’osare, come in fondo, nel bene e nel male, ha fatto lo stesso Achilli. Manca prendere qualcosa di più da un cinema che vuole emergere, da un cast che potrebbe dare ancora di più.
Probabilmente, se D’Alatri avesse puntato davvero a fare il The Social Network italiano, The Startup sarebbe stato un film meno in sordina.
The Startup sarà nelle sale italiane dal 6 Aprile.