Qualche giorno fa la notizia della scoperta di sette nuovi esopianeti di dimensioni simili alla Terra ha fatto discutere mezzo mondo. Tra chi si è emozionato all’idea che possano esistere mondi alieni abitati e chi si è lamentato dell’enorme spreco di soldi usati per stalkerare delle palle di roccia lontane qualche anno luce, noi cerchiamo di fare chiarezza sulle implicazioni della scoperta.
TRAPPIST-1 è un sistema solare lontano da noi 39,5 anni luce nella costellazione dell’Acquario. La stella è una nana rossa molto fredda, ovvero è circa l’8% della massa solare ed ha una temperatura superficiale decisamente più bassa (2550K contro i 5778K del Sole).
Si tratta di una stella relativamente giovane con soli 500 milioni di anni alle spalle, una bazzecola se paragonata ai 4,6 miliardi di anni del nostro Sole.
Molti di voi penseranno che il nome del sistema ricordi il noto tipo di birra prodotta dai monaci trappisti molto diffusa in Belgio. Sappiate che non è un caso. La scoperta del sistema, infatti, è avvenuta nel 2015 all’Università di Liege, in Belgio, usando il Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope–South, più comodamente abbreviato in TRAPPIST proprio in onore dei monaci e della loro ottima birra.
Al di là della recente scoperta, l’interesse per TRAPPIST-1 non è nuovo in campo astronomico. L’intero sistema era già ampiamente tenuto sotto osservazione come molto interessante per la presenza di esopianeti in grado di ospitare la vita, ma non si sospettava certo che potesse nascondere un numero così elevato di possibili candidati.
La notizia, lanciata dalla NASA alle 19 del 22 Febbraio, parla di ben 7 pianeti rocciosi simili alla Terra per dimensioni, di cui almeno 3 sono nella fascia di abitabilità, ovvero quella zona dove per numerose ragioni, l’acqua potrebbe essere presente sul pianeta in forma liquida.
L’idea che a soli 40 anni luce si possa trovare una razza aliena ha emozionato molti e lo si è visto anche dai commenti sui social, tra cui, immancabili, i sostenitori dell’invasione aliena imminente che hanno salutato la scoperta come la conferma delle loro teorie.
In realtà la scoperta è emozionante, ma probabilmente tra i tanti articoli sensazionalistici non è emersa la reale motivazione di tutta questa euforia da parte della NASA e degli addetti ai lavori.
Prima di tutto scoprire 7 pianeti rocciosi intorno ad una stella nana è un’informazione importante. Se escludiamo la possibilità che si tratti della classica “botta di culo”, cosa confermata da altre osservazioni su altre stelle nane,
possiamo iniziare a considerare plausibile che intorno a questo tipo di stelle si formino pianeti rocciosi di dimensioni simili al nostro pianeta.
Basti pensare che nel nostro sistema solare i pianeti rocciosi sono solo quattro (Mercurio, Venere, Terra e Marte), mentre gli altri sono pianeti gassosi che non possono ospitare la vita.
Se le nane rosse, come TRAPPIST-1, possono ospitare un numero così ampio di pianeti rocciosi, diventa molto probabile che alcuni di questi pianeti siano alla giusta distanza dalla stella per ospitare acqua liquida. Inoltre le nane rosse sono circa l’85% dei 100 miliardi di stelle che compongono la Via Lattea.
Stelle così fredde possono permettere la formazione di acqua liquida anche su corpi celesti molti vicini ad essa. I sette pianeti scoperti, denominati con estrema fantasia b,c,d,e,f,g,h, si trovano tutti ad una distanza minore di quella tra il Sole e Mercurio.
Per fare un paragone, TRAPPIST-1 è poco più grande di Giove e i pianeti scoperti gli orbitano intorno in modo molto simile ai satelliti del nostro gigante gassoso. Il cielo di uno di questi pianeti sarebbe molto simile ai cliché dei paesaggi fantascientifici, infatti alzando lo sguardo sarebbe possibile vedere gli altri pianeti vicini come fossero la Luna.
Alzando lo sguardo sarebbe possibile vedere gli altri pianeti vicini come fossero la Luna.
La possibilità che ci sia acqua liquida è dovuto quindi alla vicinanza dei pianeti ad una stella relativamente fredda e, in particolare, tre di questi (e,f,g) sono nella fascia abitabile.
La particolare eccitazione di questa scoperta deriva anche dalla distanza di questo sistema. Avere dei così promettenti candidati a soli 40 anni luce ci permette di studiare i dettagli della loro atmosfera e l’eventuale presenza di acqua con gli attuali telescopi.
Ovviamente non si potranno vedere direttamente eventuali laghi o mari, ma si potrà valutare la composizione dell’atmosfera analizzando i raggi solari che la attraversano.
Detto questo non è però il caso di immaginarsi città popolate da creature aliene. Il fatto che i pianeti siano promettenti non significa vi sia certamente vita. Le stelle nane hanno anche alcuni “problemini”.
Prima di tutto l’emissione spettrale di queste stelle è molto diversa da quella del Sole e si concentra principalmente nell’infrarosso. Questo vuol dire che delle eventuali piante, per assorbire sufficiente energia luminosa, dovrebbero sviluppare un metabolismo diverso da quello a noi noto, a partire dal colore che dovrebbe tendere al nero.
Una emissione nell’infrarosso ha anche dei pesanti effetti sull’effetto serra degli eventuali pianeti e potrebbe provocare la progressiva ebollizione degli oceani fino alla totale scomparsa di acqua sulla superficie.
L’effetto serra, infatti, è un’arma a doppio taglio. Se la Terra non fosse soggetta all’effetto serra, sarebbe un pianeta caratterizzato da forti sbalzi di temperatura e quindi inadatto allo sviluppo della vita. Tuttavia, come ben sappiamo, troppo effetto serra può portare all’innalzamento incontrollato delle temperature. Venere, ad esempio, è un pianeta nella fascia abitabile del sistema solare dove l’effetto serra ha probabilmente portato all’evaporazione di tutta l’acqua presente rendendolo un arido e caldissimo deserto.
Un altro inconveniente delle stelle nane è l’effetto di marea.
In poche parole i pianeti sono così vicini alla stella che la loro orbita li porta a mostrare sempre la stessa faccia verso la stella. Questo significa che su metà pianeta è sempre giorno e sull’altra metà è sempre notte. Situazione decisamente poco confortevole per le specie viventi soprattutto in mancanza di un atmosfera sufficientemente dinamica per disperdere la temperatura in maniera uniforme. Si pensa che su pianeti di questo genere la vita potrebbe esistere in una sottile fascia al confine tra notte e giorno.
Le nane rosse sono anche stelle piuttosto instabili che alternano periodi di quiete, dove un pianeta potrebbe incorrere in repentini abbassamenti di temperatura, a periodi di grossa attività con l’emissione di potenti flare.
Nonostante il Sole sia una stella più stabile anche la Terra viene bombardata da fasci di particelle cariche, ma il nostro pianeta è ben più lontano dalla sua Stella di quanto lo sono i pianeti di TRAPPIST-1. La Terra, inoltre, è protetta dalla magnetosfera, una sorta di scudo che impedisce ai venti solari e alle radiazioni cosmiche di erodere l’atmosfera terrestre.
Una magnetosfera sufficientemente potente da resistere ai flare di una nana rossa a breve distanza è qualcosa di piuttosto raro, soprattutto se aggiungiamo che la rotazione dei sette pianeti di TRAPPIST-1 è piuttosto lenta.
Bisogna quindi ammettere che TRAPPIST-1 è un ottimo terreno di studio per scoprire come sono fatti i pianeti simili alla Terra al di fuori del nostro sistema solare, ma non è affatto detto che siano anche abitati. Tenete quindi nel comodino i cappellini di stagnola e i super liquidator, non siamo in procinto di incontrare una razza aliena.
Sicuramente però il lancio del James Webb Telescope, nel 2018, ci permetterà di scoprire nuovi dati. Chissà che non si trovi davvero un pianeta con acqua liquida a così breve distanza da noi. In tal caso, sempre escludendo la già citata botta di culo, forse dovremmo rivedere i nostri calcoli sulla facilità di sviluppo della vita nell’Universo.
E a chi dice che “sono tutti soldi buttati” tanto 40 anni luce sono una distanza insormontabile rispondo che l’uomo ha sempre vissuto per superare i propri limiti.
Sono i limiti che ci spingono a migliorarci. Il fuoco è stato scoperto perché affidarsi a fiamme accese casualmente dalla natura era un limite; l’auto è stata costruita perché muoversi troppo lentamente era un limite; siamo andati sulla Luna solo per dimostrare che quel limite apparentemente insormontabile era superabile. Scoprire nuovi limiti permette all’umanità di seguire la propria natura e continuare a progredire.
Magari non sarà TRAPPIST-1, ma se un giorno dovessimo davvero scoprire un nuovo mondo abitabile, lontano, apparentemente irraggiungibile, bene, quello sarà il nuovo limite e potete stare certi che riusciremo a superarlo per arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima.