Da un anno a questa parte, l’attenzione di molti dei fan di Star Wars si è focalizzata sui nuovi personaggi, ed in particolare sugli antagonisti della saga. Si discute molto se un irascibile (ed acerbo) Kylo Ren possa raccogliere le redini del Lato Oscuro ergendosi a paladino del Male e, quindi, reggere il confronto con il più iconico personaggio di Guerre Stellari: Darth Vader. In tutto ciò, però, ci siamo mai davvero chiesti cosa rende Darth Vader così attraente? Vediamo da dove potrebbe provenire lo spessore di uno dei personaggi più amati della storia del cinema.

Attenzione: nella stesura di questo articolo il sottoscritto analizza la figura di Darth Vader “in toto”, quindi tenendo necessariamente a mente anche quanto viene narrato e mostrato nella trilogia prequel, da molti rigettata, ma che a parer di chi scrive è di fondamentale importanza per la piena comprensione della psicologia di personaggi estremamente complessi, appunto come è quella di Anakin Skywalker.

 

 

Fin dalla sua prima apparizione Darth Vader si mostra alto ed imponente nel suo costume nero.

Fin dalla sua prima apparizione, Darth Vader si mostra alto ed imponente nel suo costume nero, a svettare sopra le pedine bianche dell’Impero Galattico. In quel preciso istante, abbiamo indubbiamente percepito che quello non fosse un personaggio come gli altri. Diamine se non lo era, con quel respiro affannoso, quella voce metallica, distorta e lontana da qualsiasi parvenza di umanità.

Abbiamo percepito la violenza ed il dolore che Vader si trascina dietro, la tetra aura di un personaggio estremamente complesso, ramificato intorno ad un nucleo oscuro e sofferente.

 

Darth Vader in Episodio IV – A New Hope

 

Quando vidi Una Nuova Speranza per la prima volta, intorno agli 8 o 9 anni, rimasi completamente rapito e catturato da quella figura. In quel corpo massiccio e nei suoi movimenti all’apparenza goffi e macchinosi, si insinuava una qualche forma di eleganza e maestosità, una storia alle spalle. A modo mio, ne fui tanto folgorato quanto terrorizzato.

Come tutti, avevo percepito qualcosa. Ma quello cui la mia percezione mi aveva introdotto, non era la visione del Male, ma soltanto la potenza e la freddezza attraverso la quale quel Male si esprime.

 

 

 

La macchina

La Trilogia Originale di Star Wars ci introduce ad un personaggio apparentemente bidimensionale, piatto, privo di uno spessore psicologico e dalla morale assente o distorta. Darth Vader è uno strumento di morte, distruzione e violenza. Viene utilizzato dall’Impero come mezzo risolutivo, come arma non convenzionale.

Dove le diaboliche invenzioni della macchina imperiale falliscono (in primis i ciecatissimi Stormtrooper), Vader riesce. Il suo nome incute terrore, perché dove il Sith cammina, semina desolazione.

Darth Vader è il braccio dell’Impero, è la sua più alta e terrificante espressione.

Darth Vader è il braccio dell’Impero, è la sua più alta e terrificante espressione. È la facciata con la quale l’Imperatore tiene sotto il suo pesante giogo la Galassia. Prima di essere il simbolo della saga di Star Wars e l’icona tanto amata dai fan, Lord Fener (ahia!) è l’emblema della gloria dell’Impero.

Una menzione di dovere va fatta a Ralph McQuarrie, illustratore della maschera più celebre della storia del cinema. Con lo stile (vagamente orientaleggiante) impresso al casco, volutamente simile ad un asettico teschio, McQuarrie ha saputo perfettamente sintetizzare la natura di un personaggio articolato, teso tra la paura, l’istintualità ed una apparente disumanizzazione.

 

Darth Vader – Rogue One by Gabriel Carati on DeviantArt

 

Darth Vader è un personaggio che trasuda carisma da ogni singolo poro della sua tuta nera. Ad una prima occhiata risulta essere un carisma “facile“, come mi è capitato di leggere in giro più di una volta; ammazza un po’ qui, strangola un po’ lì, tramite la violenza è semplice imporsi come figura dominante.

Ed in parte questo è vero, ma una definizione di carisma di questo tipo risulta riduttiva e piuttosto stretta per una figura come quella di Vader.

Skywalker padre è uno degli unici due, nell’intera Galassia conosciuta, all’interno delle quali vene scorre la Forza. Escludendo l’altro, Palpatine, che è una figura lontana dai palcoscenici e che agisce solamente da dietro le quinte, Vader è l’unico essere vivente in grado di servirsi della Forza, anche se corrotta dal Lato Oscuro.

Certo, i poveri abitanti di uno sperduto pianeta agli estremi del più lontano sistema solare che dovessero ritrovarsi faccia a faccia con il Sith, non se la passerebbero tanto bene.

Ma sarebbero al cospetto di una leggenda vivente, tanto distante, quanto reale.

 

 

 

 

Il semplice esistere, lo contraddistingue ed eleva ad un essere mitologico.

Il carattere con il quale viene percepita la Forza, che ha assunto le sembianze di un culto o di una religione, così come anche mostrato nel recente Rogue One, fa sì che il carisma del personaggio di Vader venga racchiuso nella sua stessa figura. Il semplice esistere, lo contraddistingue ed eleva ad un essere mitologico, che cammina tra i vivi (o meglio, tra i morti).

Darth Vader è concreto. Con la sua lightsaber rossa, è concreto più che mai. Per questa ragione la sua esistenza non può essere relegata ad un assoluto, ad un’etichetta.

 

 

 

La maschera

Darth Vader cattura l’immaginario collettivo perché nella sua iconicità tutti quanti riconoscono un personaggio nel quale, ipoteticamente, possono immedesimarsi. Dietro i pozzi neri della maschera del Sith, potrebbe celarsi chiunque.

A questo proposito risulta appropriato menzionare la scena in cui Luke affronta suo padre nella evil cave su Dagobah: una volta sconfitto l’avversario, l’apprendista di Yoda vede apparire dietro l’elmo il suo stesso volto.

In un certo qual modo, lo spettatore si trova nella stessa posizione. Accantonando in un angolo la componente “violenza e stermini”, chi tra noi non ha mai sognato di impugnare una spada laser dalla lama rossa simulando il meccanico respiro di Vader? Nessun essere umano è estraneo alla brama di potere ed il potere che si trova nelle strangolatrici mani del Sith è immenso.

 

Darth Vader in Star Wars: Episode V – The Empire Strikes Back (1980)

 

Quel costume potrebbe calzare a pennello su ognuno dei nostri corpi. Quel costume è tanto pieno di potere, tanto quanto vuoto da un punto di vista umano, non ha volto.

 

Il fascino della maschera di Vader è quello di un istinto primordiale ed animale, della tensione alla sopraffazione ed al dominio. E’ il fascino della tentazione, dell’egoismo e dell’ira. Skywalker è l’incarnazione di ciò che ognuno di noi ha dentro, in un piccolo antro del suo cuore.

Chi tra noi, invece, (a meno che non si tratti di un sociopatico con tendenze sado-masochiste) potrebbe provare un senso di vicinanza ad un personaggio come quello dell’Imperatore Palpatine? Nel suo volto tremendamente deformato, nella sua parlantina viscida, roca, potremmo mai riconoscerci?

L’Imperatore si rivela essere l’incarnazione pura del concetto di Male.

Probabilmente no. Palpatine rientra in quella schiera di figure che sono contraddistinte da un alone ben definito e che appartengono ad una categoria psicologica ben settorializzata. Nonostante anch’egli sia un individuo incredibilmente potente, l’Imperatore si rivela essere l’incarnazione pura del concetto di Male, la sua manifestazione razionale e vivente.

È l’araldo del Lato Oscuro, che vive nell’ombra e nell’ombra trama le sue macchinazioni. L’ex senatore della Repubblica è plasmato per essere odiato, scansato ed evitato, perché la sua è una presenza pestifera che si crogiola nella melma della malignità e che la nostra morale ci insegna a rigettare.

A differenza di Darth Vader, il cui male è frutto di una incontrollata istintualità, Darth Sidious è invece perfettamente padrone della propria ragione e se ne serve per piegare la morale al servizio delle proprie ignobili azioni.

Per un personaggio di questo tipo, è possibile provare empatia? Egli è lì, nella sua nicchia, con scritto in fronte a caratteri cubitali “Signore dei Sith, Malvagio“.

È il più classico dei personaggi messi in scena, perché la parte che va a ricoprire si trova ad uno degli estremi. In un certo qual modo è l’antitesi del maestro Yoda, che nell’essere quasi universalmente riconosciuto il più grande dei Jedi esistiti va a collocarsi nell’altro, di estremo, quello del Lato Chiaro.

Nella maschera di Vader si cela l’invito a considerare la nostra più sepolta e primitiva intimità come parte integrante di noi stessi, al riconoscerla una sezione fondamentale della nostra persona.

L’apparente disumanizzazione e la volutamente vuota caratterizzazione umana di Vader di cui parlavo qualche riga sopra, considera il Sith così come mostrato fino agli ultimi istanti della sua vita ne Il Ritorno dello Jedi.

Dove la trilogia degli anni ’70 lasciava intendere sotto traccia una componente psicologica più profonda ed apriva ad una nuova interpretazione del personaggio nella fase finale dell’ultimo episodio, si colloca la Trilogia Prequel, a mettere nuova carne al fuoco ed aiutare a ricostruire un’immagine completa della sfaccettata figura del Sith.

Dall’immedesimazione nel non-volto si passa ad una nuova realtà e percezione del personaggio, che nella sua ritrovata umanità, ci consente di avvicinarci, e di nuovo immedesimarci, tramite un approccio empatico ancor più forte.

 

 

Il Lato Oscuro

La figura di Darth Vader può essere pienamente compresa, e conseguentemente apprezzata, solamente se la si approccia sui due livelli d’analisi che compongono la stratificazione del personaggio: da un lato la macchina, lo strumento, i quali panni giochiamo ad indossare (corrispondente al Sith maturo di EP IV, V, VI); dall’altro, l’uomo, che gonfia e riempie la natura nascosta che si cela dietro la maschera (ovvero Anakin e la sua evoluzione, come narrato in EP I, II, III).

In tutta la sua indubbia potenza, Anakin si rivela il personaggio più debole e fragile dell’intera saga.

 

 

Dietro l’oscura patina che lo avvolge, si trova un ragazzo interrotto, un uomo che non si è mai davvero compiuto, se non nel suo crescere deformato e distaccato all’interno del suo bozzolo fatto di odio e paura, schiacciato dalla realtà che lo voleva essere il Prescelto.

Vader era colui che avrebbe dovuto portare equilibrio nella Forza, la più luminosa speranza della Galassia. Atteso come un messia, la sua idealizzata figura non è stata ben preservata dalle tentazioni di un Lato Oscuro subdolo e profondamente radicato all’interno del cuore stesso della Repubblica.

Annunciato dalle profezie come portatore dell’equilibrio, diverrà invece lo strumento dell’aberrazione della Forza.

Il suo fato è legato a doppia mandata con la sofferenza, una costante nella vita di Skywalker. Nato come schiavo, lo resterà per il resto della sua vita. Anche nell’atto della fatale scelta, del cedere alle avance di Darth Sidious, egli in realtà non farà altro che condannarsi ancora in catene.

E’ schiacciato dal peso della responsabilità, opprimente sulle spalle di quello che è pur sempre un ragazzo. Anakin non nasce malvagio, questo è indubbio. Ed il più alto pregio della Trilogia Prequel è proprio quello di mostrarci l’evoluzione del personaggio più iconico e discusso della saga, del suo lento discendere nell’accogliente braccio dell’oscurità.

Anakin si cala nei panni di Vader compiendo piccoli passi fatali, non pienamente conscio di dove quel percorso lo avrebbe condotto. Dove la responsabilità ultima delle azioni di Skywalker Sr. appartiene a lui e soltanto a lui, vi è anche però la passiva complicità di un ambiente che non si è rivelato in grado di preservare l’integrità della sua più pura promessa.

 

 

 

Nonostante la protettiva ala di Obi Wan e le premure ed attenzioni del maestro Yoda, Anakin si è rivelato non sufficientemente tutelato nella sua fragilità di essere unico, lasciando così che il suo cuore cedesse alle tentazioni dei Sith, estremamente accattivanti agli occhi di un ragazzo che per la maggior parte della sua esistenza ha conosciuto solamente pene e sofferenze.

Il cerchio del Sith si chiude nel dolore, così come si era aperto. Anakin compirà il suo destino, infine. Porterà quell’equilibrio per il quale era stato annunciato, ergendosi come il paladino redento che si ricongiunge con il Lato Chiaro nel momento chiave della sua esistenza. Sacrificherà sé stesso, immolandosi affinché una rinnovata stabilità rinvigorisca la Galassia.

L’essere così a stretto contatto, perennemente, con la sofferenza, rende il personaggio di Darth Vader il più umano della saga. Il più alto sentimento di vuoto cosmico, ovvero la paura della morte, lo rende la figura più vicina ad un uomo comune tra tutte quelle che si possono rintracciare in Star Wars.

Tra il Prescelto dalla Forza e noi semplici uomini vi è molta meno distanza di quanto si possa pensare ad un primo confronto. Quella che percepiamo, dapprima inconsciamente, è la vicinanza all’individuo più umano della saga, perché di fronte al peccato ognuno di noi tentenna.

Tra così tanti personaggi, cavallereschi o malvagi che siano, scolpiti nelle loro granitiche convinzioni, Anakin è un ragazzo come tanti, spesso impulsivo, sprezzante, ambizioso ma al contempo pieno di dubbi e spaventato dall’incertezza del futuro. Tra il nero ed il bianco vi è il grigio, l’ambiguo.

 

Darth Vader ha riscosso così tanto successo nel corso dei decenni, perché di lui ci si innamora due volte: prima della maschera, poi dell’uomo.

Dietro tutti i componenti meccanici, il dolore, gli stermini e l’elmo nero, Vader è il personaggio più umano e vicino a noi.

Nel personaggio di Anakin Skywalker, il Jedi divenuto Sith, è racchiusa la metafora della vita stessa.

La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza. Ah.. Io sento in te molta paura.

Maestro Yoda

 

 

 

Articolo pubblicato originariamente su Il Menterrante.