Le regole sono semplici e chiare, ed è fondamentale che tu le segua se non vuoi che Brahms si arrabbi. Ma chi è Brahms? È l’inquietante protagonista, molto particolare, del nuovo horror movie di William Brent Bell, The Boy, con Lauren Cohan e Rupert Evans.
Dopo il successo al botteghino, ma scarso da parte della critica, di L’altra faccia del Diavolo (2013), William Brent Bell torna nuovamente al cinema con una storia inquietante che non gioca solo con le atmosfere e gli stereotipi del classico cinema horror, ma vuole anche essere un thriller ben equipaggiato di suspense.
Sconsiglio di andare a vedere The Boy a tutti gli amanti del cinema horror trash o splatter, perché sicuramente non rispecchierà le vostre aspettative. Per chi si aspetta l’horror del secolo? No, neanche per voi è questo film, anzi, fareste bene a tornare (giustamente) di almeno vent’anni indietro.
Se, invece, sposate una linea che abbraccia più il “vedo non vedo” e mescola molto i generi, soprattutto con una svolta decisiva di thriller, allora The Boy potrebbe sorprendermi per davvero.
Inutile stare troppo a parlarne, il cinema horror come lo conoscevamo una volta non c’è più.
I grandi maestri come Mario Bava e Dario Argento (negli anni d’oro), Stephen Carpenter e Ruggero Deodato, Tobe Hooper e Tom Holland, Sam Raimi e George A. Romero, non possono essere dimenticati, ma è anche vero che la cinematografia dell’epoca è totalmente diversa dalla cinematografia di oggi. Fare dei paragoni sarebbe come sparare sulla Croce Rossa!
Quello di oggi è un pubblico molto più smaliziato, sicuro di aver già visto tutto e molto poco influenzabile. Un pubblico che troverebbe ridicolo perfino Profondo Rosso o La Cosa.
Ecco perché, negli ultimi anni, abbiamo visto un declino di questo genere, spesso contraddistinto dalle varie mode che vanno dalle presenze in mockumentary alle possessioni demoniache, passando per gli zombie ai cannibali, fino ai mattatoi più cruenti privi di un briciolo di trama.
Le idee scarseggiano, ma ciò che manca ancora di più è il modo di raccontarle. Ciò che colpisce di The Boy, sebbene la sua non totale appartenenza al genere horror, è il suo cercare di puntare a qualcosa di inaspettato e differente.
Partire dallo straordinario per arrivare all’ordinario; detta così potrebbe aver poco valore, ma applicata alla post visione del film, assume un senso tutto suo.
Scappare dal passato, ma non solo…
Greta (Lauren Cohan), una giovane donna americana, si trasferisce in Inghilterra accettando di fare la babysitter per una ricca coppia eccentrica che vive isolata dal resto del mondo in una fatiscente villa.
Pace e tranquillità è ciò che serve a Greta, in fuga da un passato tortuoso che ancora bussa alla sua porta. Del resto, cosa mai ci sarà di strano nel fare da babysitter a un bambino? Nulla, se non fosse che il bambino non è altro che una bambola, feticcio usato dai coniugi Heelshire per compensare alla tragica morte del loro piccolo Brahms, avvenuta vent’anni prima.
All’inizio Greta è divertita dalla cosa e non prende troppo sul serio le raccomandazione degli Heelshire, che non perdono occasione per ricordarle di seguire alla lettera le regole del piccolo Brahms.
Solo quando sarà rimasta sola con la bambola, Greta capirà che in quel Brahms qualcosa non va.
Qualcosa tenta di comunicare con lei attraverso la bambola. Qualcosa che non è felice del comportamento poco professionale che Greta, inizialmente, tende ad avere.
Tu non mi faresti mai del male, vero Brahms?
Le regole
- Sveglialo
- Lavalo
- Vestilo
- Nutrilo
- Cantagli una canzone
- Fallo studiare
- Leggigli una favola
- Non coprirgli mai il viso
- Dagli la buona notte
- Non lasciarlo mai da solo
The Boy non spicca, a una primissima occhiata, per la sua originalità. Ciò che sorprende del film sono i risvolti che la narrazione riesce a prendere durante il suo svolgimento.
William Brent Bell, assieme allo sceneggiatore Stacey Menear, costruisce una struttura narrativa non proprio di ferro, ma che comunque sa reggere bene lo scorrere della pellicola e il suo minutaggio. Ben dosata anche la suspense che, soprattutto per quelli più facilmente impressionabili, riesce a sorprendere e spaventare. Classici jump che, a volte, sanno anche coglierti alla sprovvista.
Non poche le scene in cui l’azione è sospesa, in particolar modo nella fase centrale del film, concedendo quel senso snervante di attesa, in bilico tra la curiosità e il non voler continuare a guardare.
Man forte, in questo caso, viene dato dalla colonna sonora studiata ad hoc dal compositore Bear McCreary, noto per la creazione di musiche di popolari serie televisive come Battlestar Galactica, The Walking Dead, Black Sails, Outlander, Agents of S.H.I.E.L.D. e Da Vinci’s Demons, grazie al quale ha vinto un Emmy Award.
The Boy, come ogni pellicola di questo genere, è caratterizzato fin da subito da una cupezza che dall’immagine si riflette anche sui personaggi. Tutti, in un modo o nell’altro, nascondono qualcosa, a cominciare dalla bella Greta per continuare con i coniugi Heelshire e passare per il bambolotto Brahms. L’unico immune, elemento puro, ma anche abbastanza scialbo, è Malcolm (interpretato da Rupert Evans), il fattorino della famiglia.
The Boy sa sorprendere grazie alla sua semplicità, che non pare mai essere troppo banale.
Lo stereotipo c’è, ma non viene mai preso troppo sul serio. L’uso dei cliché sembra essere sempre piuttosto funzionale alla narrazione, e serve a costruire ancora di più l’alone di mistero che si infittisce attorno ai personaggi.
Più di una volta si viene portati a credere che tutto quello che si sta vedendo non è “reale”, passando quindi tra la lucidità e la possibile instabilità mentale di Greta. Sembra quasi di essere in bilico tra sogno e realtà, senza però addentrarsi troppo nei meandri del visionario.
Il marchio del thriller si sente prepotentemente e questo può dare molto fastidio a chi va a vedere The Boy con la convinzione che sia un horror. Sicuramente la pellicola sarebbe stata più accattivante, convincente e coerente se Bell l’avesse direttamente definita un thriller di suspense, piuttosto che un horror.
Se dovessimo giudicare The Boy esclusivamente solo per la sua natura horror, non riuscirebbe ad arrivare alla mediocrità.
Andando invece oltre le classiche etichette che vengono, puntualmente, appiccicate sui film, si “rischia” di restare davvero sorpresi da questa pellicola.
Il vero problema della struttura drammaturgica sta nella costruzione dei sub plot che non viene approfondita, ma lasciata come un’incognita anche dopo la fine del film. Se inizialmente non si fa molto caso a questa lacuna, successivamente si avverte l’esigenza di sapere ancora di più sul passato di Brahms.
Indubbiamente Bell non vuole cadere nel deus ex machina del “detto”, ma al tempo stesso non riesce a essere abbastanza abile da trovare una soluzione, in sceneggiatura, tale da non lasciare un vuoto bello consistente. Un vero peccato, che purtroppo si fa risentire moltissimo sulla resa finale del film che, fino a quel momento, se la cava sulla strada del discreto.
Stars… ma non troppo
Ennesima prova di grande bravura, a prescindere da qualsiasi salsa la si mette, ci viene data da Lauren Cohan, la quale viene però un po’ sacrificata in un personaggio non perfettamente caratterizzato.
Greta ha molti aspetti differenti. Sembra la classica americana, molto più sciatta e scurrile rispetto ai suoi datori di lavoro inglesi, ma al tempo stesso fragile. Nonostante i dialoghi annunciano fin troppo in fretta i segreti della ragazza, lo capiamo quasi dal primo sguardo che qualcosa in lei non va.
Ciò che stordisce di questo personaggio è il suo sentirsi pienamente a suo agio in una situazione di totale follia e al tempo stesso mostrarsi in equilibrio precario, quasi sull’orlo di una crisi di nervi, quando le cose sono piuttosto tranquille (o quasi).
Paradossalmente, Greta sembra essere più spaventata quando non ha la certezza se Brahms sia una bambola come tutte le altre oppure no, rispetto a quando comprende la potenziale natura sovrannaturale del fantoccio. In effetti, tutti farebbero le coccole al bambolotto inquietante che si fa le passeggiate per casa, no?
Malcolm, il personaggio di Rupert Evans, è più un ruolo di funzione che altro. Ha il compito di distrarre Greta dal suo passato, essere un ostacolo in più tra Greta e la bambola, ma è privo di una sua personale essenza. Fosse stata un personaggio femminile o con un altro mestiere, non avrebbe fatto molta differenza.
Diana Hardcastle, per quanto poco la possiamo vedere, è un personaggio davvero inquietante. Una donna che racchiude segreti su segreti in ogni sua ruga. La sua presenza è quasi più drammatica del piccolo Brahms che, in fin dei conti, mi farebbe quasi piacere avere nella mia collezione di bambole (ovviamente scherzo).
The Boy è un film per chi ama la contaminazione di genere, per chi non cerca un horror puro sangue, ma un film di intrattenimento che sappia giocare sul filo della suspense, senza però dare chissà quale grande prova di doti.
La strada è sicuramente questa, per William Brent Bell, ma c’è ancora moltissimo da lavorare per poter arrivare a un altissimo livello. Livello che, per lo meno, ricordi un po’ lo stile di James Wan.
The Boy è una pellicola che, se siete particolarmente fifoni e spaventati dalle bambole, vi farà fare qualche salto dalla sedia, oppure vi farà divertire nel caso portiate l’amico fifone del gruppo.
C’è solo una cosa fondamentale da sapere su The Boy: seguite sempre le sue regole!
The Boy vi aspetta dal 12 Maggio al cinema!