il maestro della fantascienza spaziale Ridley Scott torna al cinema con una grande scommessa: The Martian (in italiano tradotto come Il Sopravvissuto, probabilmente un omaggio allo stesso regista dopo aver diretto quell’epic fail di Prometheus).
A seguire una personalissima recensione del perchè il film mi è piaciuto solo a metà e del perchè quella metà mi ha convinto solo a metà (Bilbo Baggins docet). Attenzione, la recensione sarà prolissa e contiene copiosi SPOILER, poi non dite che non vi avevo avvertito.
La Trama (Cast Away incontra Marvin il Marziano)
Tratto dal romanzo “L’Uomo di Marte” di Andy Weir il film tratta della storia dell’astro-botanico della NASA Mark Watney, facente parte della prima spedizione umana su Marte che, a seguito di una frettolosa ripartenza della propria ciurmaglia, causa forte tempesta, viene dato per morto e lasciato da solo a crepare sul pianeta rosso. Un novello Robinson Crusoe 2.0, interpretato da quel simpatico tonno di Matt Damon.
Vengono fuori dalle fottute pareti! (cit.)
Qui iniziano i grossi e ingombranti MA. Per forza di cose Ridley Scott deve confrontarsi, su più fronti, con così tanti altri titoli che viene da citare la saga di Alien. I grossi ma in questione sono:
- il suo ottimo retaggio passato: qualcuno ha detto Alien e Blade Runner?
- i suoi recenti flop: Prometheus (oh god no pls) e ci metto dentro anche i vari Exodus, Robin Hood et similia.
- i recenti film di genere: Gravity e Interstellar (che poi approfondiremo).
Se da un lato è uno dei registi più apprezzati di Hollywood, dall’altro è in parabola discendente: i vari JJ Abrams, Nolan, Innaritu, Fincher sono la “gioventù” rampante che sta lentamente prendendo il posto degli Spielberg, dei Cameron e degli Scott (sempre più novelli mecenati produttori), ma per Scott in particolare questo film era la vera prova del nove: la conferma del declino, oppure un rilancio in grande stile. Ci riesce? Non ci riesce? Riusciranno a salvare la Cheerleader e a salvare il mondo? Chi lo sa.
Science, bitch! (Ovvero, cosa funziona)
Il film parte molto bene, da subito si capisce la forte impronta scientifica data alla pellicola di Scott, nulla è lasciato al caso, forse con eccessiva dovizia di particolari, che però per alcuni può risultare piacevole. Mark Watney è un botanico, ma oltre a questo è anche un astronauta, il che lo rende implicitamente un Nerd, unite queste due cose e capirete già dove porta l’equazione. Non l’avete capito? Permettetemi di farvi una piccola rappresentazione matematica della questione.
(Nerd NASA + Botanico ) x t(2 anni) = Patata2
*N.B. non so assolutamente nulla di equazioni.
Esatto, la risposta a tutte le necessità di un un uomo da solo su Marte è la Patata. Mark si inventa come coltivare un campo di patate su un pianeta dove non cresce nulla, grazie all’aiuto del prodotto del suo colon e di un pò di nastro adesivo argentato riesce a sostentarsi a patate e ketchup per svariati mesi di solitudine (nella versione uncut che verrà rilasciata con il BD Disk dovrebbe esserci anche la scena in cui, preso dalla disperazione, fa un buco in una patata e sulle note di “Only You” passa una focosa notte di passione sfrenata). Almeno fino a quando non esploderà una sezione del pod trucidando centinaia di poveri tuberi, personalmente la scena più straziante del film. Cerca di sopravvivere come meglio può, senza cibo, soldi e aiuti, diventando insomma un’icona del cassaintegrato medio, fino a quando non si inventa di ripescare il Mars Pathfinder del 1996 pimpandolo per riuscire a comunicare con la Terra in alfabeto Ascii, puro ludibrio Nerd; cercando riportare il suo culo marziano sul pianeta azzurro.
Con photoshop sono un drago.
1 sotto un tetto (Ovvero, cosa non funziona)
Parafrasando il titolo della celebre sitcom, il film crolla dopo 30-40 minuti. Il primo vero grande problema di questo film è che, almeno personalmente, non ho mai trovato un briciolo di tensione nella pellicola con Matt Damon (se non vagamente nell’ultimissime scene), il nostro protagonista (salvo un raro caso, e malfatto) non ha mai un vero momento di crollo psicologico, manca quella trasformazione e, perdonatemi il gioco di parole, alienazione, che personalmente mi ha ha sempre colpito di Tom Hanks in Cast Away, dando un pò a tutta la pellicola un tono un pò troppo scanzonato, da sit-com per l’appunto.
Mark ha sempre la battuta pronta, non fa altro che chattare con il nickname <3_lone_martian_guy997 con il Ground Control di Cape Canaveral facendosi battutine e mandando emoticon, il tutto mentre ascolta musica dance ’80 facendosi un sacco di vlog in cui racconta del suo complicato Erasmus su Marte; il che lo rende, più che un Crusoe, un Frank Matano ad alto budget con più tempo di buffering dei video. La soluzione al suo problema, arriva dal nostro adorato Donal Glover in salsa Aspenger che, in barba a tutti i progettisti NASA, propone una Fionda Spaziale per andare a pescarlo come un salmone che risale la corrente nell’atmosfera di Marte. E qui arriva il secondo, dolente, tasto. Il film, come detto prima, inizia con il migliore degli approcci: analitico ed empirico. A differenza di quella immane fregnaccia di Interstellar, in cui è l’amore (dafuq?) la principale energia dell’universo, qui a farla da padrona è bensì la scienza, l’ingegno e l’incredibile abilità dell’uomo di riuscire ad uscire da un mare di me**a quando la situazione lo richiede. Eppure, la pellicola si risolve nella maniera più casuale e “a cazzo di cane” come direbbe il grande Renè Ferretti: tutti i piani NASA falliscono o vengono bocciati (giustamente) perchè realizzati in fretta e furia (vedi il razzo con le provviste sparato senza aver fatto i dovuti controlli pre-lancio) oppure perchè troppo rischiosi. La Cina in un’improbabile slancio di bontà e altruismo rivela una sua sonda next-gen super segreta e collabora con la NASA a scapito di perdere miliardi di ricerca tecnologica per salvare un unico Astronauta USA lasciato a morire nello spazio e il piano di Glover prevede che il nostro Watney riduca un colabrodo il modulo di rientro che sarebbe servito alla successiva missione ARES (causando così un incalcolabile perdita economica per il governo dello Zio Sam) decollando nello spazio con quella che lui stesso, goliardicamente, definisce una decappotabile; il tutto sperando di essere pescato al volo nell’orbita di Marte di suoi compagni di missione che in uno slancio di eroismo si sono ammutinati per tornare indietro a riprenderlo.
E qui il colpo di genio. Ad una velocità di più di 10 metri al secondo il piano di Mark è quello di bucarsi un guanto della tuta e usare il getto di pressione per muoversi alla “Ironman” verso la navetta dei suoi amici e ovviamente il piano dei suoi salvatori è quello di far esplodere una bomba per depressurizzare la loro navicella e rallentarne la corsa in prossimità del figliol prodigo da riportare a casa. Figata. Si, peccato che io, tutto questo, NON me lo aspetto e non lo accetto da un film che si pone, dal primo minuto, come scientificamente accurato e realistico. Altrimenti mi vado a guardare Armageddon e godo di più.
In conclusione
The Martian è un discreto film, buono a tratti, pessimo nella conclusione. La prima parte in cui emerge tutto l’ingegno dell’essere umano e l’istinto di sopravvivenza (che lo spinge a mettersi nel Rover un isotopo in decadimento per generare calore e non morire assiderato) e nella parte finale tutte le varie considerazioni solitarie su l’uomo e l’esplorazione, in senso generale, sono molto interessanti. Il concetto di essere il primo a fare una cosa (“ovunque vado, sono il primo essere umano a vedere questi posti” dice il protagonista), le considerazioni sulle leggi marittime e sul reclamare un intero pianeta come proprio, ci fanno capire l’immensa piccolezza di quello che l’uomo ha sempre considerato nel corso della sua evoluzione. Questo film ci vuole capire come l’essere umano si stia solo lontanamente affacciando e in maniera così minima ad un universo così vasto da farci veramente fare i conti con noi stessi e riconsiderare in una chiave totalmente diversa ciò che siamo e quelle che sono sempre state le nostre certezze. Personalmente concordo con la recensione di tale Damien Straker di Impulse Gamer:
Non è un grande film, ma per lo meno dimostra che c’è ancora qualche vita lasciata all’interno degli sforzi registici di Ridley Scott. Voto: 3/5
Direttamente dalla raccolta di recensioni su The Martian di Cineblog
Non raggiunge la potenza visiva di Gravity (pessimo film, ma a cui tecnicamente e visivamente, ogni film ambientato nello spazio dovrebbe fare riferimento) ed è sicuramente meglio di Interstellar; eppure non riesce, secondo me, nel suo intento di far riflettere a pieno su quella piccolezza dell’essere umano eppure sulla grandezza del suo ingegno a causa di toni e tempi totalmente sbagliati che smorzano la tensione della pellicola. Insomma, un piacevole castello di carte che al primo soffio viene giù, sta nella voglia e nelle intenzioni di chi lo guarda se soffiare oppure trattenere il fiato.
Contenuto Extra
Sulla Lega non si parla, giustamente, di politica. Ma queste non potevo non farle: la risposta italiana a The Martian: The Mar(ò)tian.