Lo sguardo provocante, le labbra turgide, la voce suadente. Le forme perfette, i movimenti sinuosi, gli atteggiamenti languidi. Tutto suggerisce, senza ombra di dubbio, che la bellissima ragazza che hai di fronte vuole essere tua: ti sta conquistando pian piano, con le millenarie arti della seduzione. C’è solo un piccolo problema: la ragazza è un robot. E voi lo sapete.
Il pericoloso confine che divide l’essere umano dall’androide, dal replicante, dal cyborg che dir si voglia, è sempre stato terreno fertile per autori e appassionati di fantascienza. Il brivido che unisce e separa la carne dal metallo, il calore del corpo dal freddo dei rivestimenti sintetici è uno degli ultimi tabù ad essere stato abbattuto da opere che hanno lasciato il segno, sulla carta e sullo schermo.
Tra pochi giorni vedremo anche in Italia uno dei migliori film di fantascienza degli ultimi anni, Ex Machina, scritto e diretto da Alex Garland, autore che vanta in curriculum come sceneggiatore lavori interessanti e sempre audaci come 28 Giorni Dopo (e sequel), Sunshine, Non Lasciarmi e l’ultimo Dredd. La trama vede un giovane programmatore arrivare nell’isolato sancta sanctorum di un guru dell’informatica, per sottoporre al test di Turing la sua creazione: l’intelligenza artificiale antropomorfa definitiva (forse).
Il test di Turing serve a stabilire se un cervello elettronico possa effettivamente pensare, elaborando concetti originali e sensati e, in pratica, riproducendo le facoltà cognitive umane. Un robot può dunque risultate indistinguibile da un essere umano, se lo supera. Difficoltà maggiore: il robot in questione ha le forme e la voce di una bellissima ragazza.
La storia della letteratura e del cinema ci hanno presentato più volte organismi sintetici dalle fattezze femminili, capaci di farci dimenticare gli scrupoli etici in un batter d’occhio e di frantumare i nostri dubbi su quanto e come sia lecito ritenere “esseri viventi” delle macchine. Che siano commedie, drammi o action, i film di fantascienza ci hanno instillato il dubbio che spesso gli automi possano essere ritenuti più umani e degni di sentimenti degli umani. Se non ritieni questo un limite pericoloso e affascinante, non so proprio cosa potrebbe impressionarti…
Facciamo una carrellata sulle più affascinanti (non solo esteticamente) intelligenze artificiali femminili del cinema.
Maria
(Metropolis, 1927)
Non si può evitare di parlare di robot femminili e di incredibile sensualità (dis)umana senza citare Metropolis, capolavoro assoluto della fantascienza di Fritz Lang. La scena in cui l’ambigua Maria-robot, simulacro dell’innocente ragazza protagonista, fa impazzire la folla di uomini aristocratici è di una potenza che ipnotizza.
Un ballo – in cui la replicante incarna la Meretrice di Babilonia – che sfocia in una visione apocalittica, tratta direttamente dagli scritti di San Giovanni. Maria supera agevolmente il test di Turing, non soltanto grazie a questo incredibile sfoggio di lussuria umana che inganna tutti, ma anche riuscendo a dare inizio alla rivolta degli operai della città sotterranea.
Un robot programmato per far distruggere le macchine “del padrone” in un piano di vendetta del classico scienziato pazzo, destinato però ad una brutta fine (per quanto spettacolare)
Johanna Eberhart
(La Fabbrica delle Mogli, 1975)
La bella Katharine Ross (la dolce figlia di Miss Robinson de Il Laureato) si ritrova a fronteggiare un esercito di mogliettine-robot in questo gioiellino inquietante degli anni ’70, tratto dal grottesco e irriverente romanzo di Ira Levin, stesso autore del libro da cui è tratto Rosemary’s Baby.
Inquietudine a go-go, per un dramma caustico di fantascienza sociale in cui nella cittadina di Stepford le donne sono “sostituite” da controparti costruite su misura per compiacere i mariti, mentre le spose reali vengono fatte fuori. Un film quasi dimenticato ma efficacissimo, in bilico tra giallo e distopia, che ancora oggi – o forse oggi più che mai – fa riflettere.
Possiamo considerare il test superato, ahimé, anche se ogni tanto qualche amorevole sposa va fuori di melone elettronico. La missione è compiuta. Non ti passi per il cervello di vedere il remake del 2004 con Nicole Kidman che rientra a pieno titolo nella categoria “film di merda realizzati di merda”.
Rachel e Pris
(Blade Runner, 1982)
Androidi perfetti per eccellenza, i Nexus-6 sono praticamente indistinguibili dagli essere umani. Blade Runner ci presenta inoltre questi esseri creati dall’uomo come capaci non soltanto di pensare, ma addirittura di essere pienamente consapevoli della propria condizione e di filosofeggiare in modo profondo e poetico. Ecco perchè per individuarli, oltre ad un “empirico” test di Turing, i replicanti devono essere sottoposti allo specifico Voight-Kampff, che misura l’empatia di cui è capace un individuo. Non soltanto la fredda capacità logica e concettuale, insomma.
Pris (con il corpo e il volto di Daryl Hannah) viene presentato con un “modello da piacere standard”, sebbene il termine standard non sia proprio accostabile alla sua persona. Dotata di forza e resistenza straordinarie, fallisce il test perchè – quando ha in pugno il “nemico” Rick Deckard, il blade runner – si dimentica di potergli spappolare la testa senza sforzo e si mette a far le giravolte chiamandosi una pistolettata tra le tette. Sorry.
Rachel, beh, è Rachel. Semplicemente la più affascinante, enigmatica e struggente creatura sintetica mai vista sullo schermo. Sean Young come attrice avrà fatto pochissimo in carriera, ma questo basta e avanza.
Cherry 2000
(Bambola Meccanica mod. Cherry 2000, 1987)
Il titolo italiano fa subito tabula rasa: l’androide è una “bambola”, nient’altro che un surrogato sessuale di una donna vera. Il mondo del 2017 è molto triste in questo film, con ogni forma di sentimento bandito dalla logica del commercio del sesso e dell’accoppiamento.
Una premessa interessante relegata ai primi minuti, dopo i quali quello scemo del protagonista danneggia la sua Cherry 2000, incarnata da nientemeno che colei che fu nominata donna più bella del mondo del 1985, Pamela Gidley.
Test bocciato perchè Pamela non sembra capace di instillare il dubbio che possa esser qualcosa in più, appunto, di un balocco. Nel film però c’è una incredibile Melanie Griffith punk e tosta, al massimo del suo splendore: lei sì, 100% carne e ossa. E che carne e che ossa… e che caratterino!
Cash
(Cyborg 2, 1993)
Non varrebbe neppure la pena di citare questo film se non fosse che il cyborg-sequel in questione non è Jean-Claude Van Damme, come nel prototipo, ma una certa Angelina Jolie al debutto come protagonista, giovanissima e bellissima.
Non soltanto la sua Cash è intelligente, ha movenze flessuose e sostiene qualsiasi tipo di conversazione, ma è anche in grado di provare emozioni, come testimonia l’affaire sentimentale con il suo istruttore di arti marziali.
Sempre bella, con le batterie illimitate, e mena come un fabbro: provate un po’ a criticarla. Test superato in tutto e per tutto… con una Angelina così, chi ce la fa a concentrarsi?
Fembots
(Austin Powers – Il Controspione 1997)
Le FemBots, altresì dette AuTopa nella versione italiana, sono le conturbanti robot sixties style che vediamo nel primo film di Austin Powers. Come resistere al richiamo delle loro forme e del loro accento che fa così swinging London? Ricordandosi che sono creature letali al servizio del Dottor Male, probabilmente.
Purtroppo per loro, il test a cui vengono sottoposte è fatale: il loro cervello elettronico non riesce a processare gli stimoli troppo sexy che provengono dalla danza di Austin Powers, arrivando ad esplodere. Se non siete sexy quanto Mike Myers in mutande e calzini, potete andare tranquilli (o quasi) verso una notte di piacere, ricordando magari di disarmare i loro reggiseni mitragliatori.
Annalee Call
(Alien: La Clonazione, 1997)
Per me, ragazzo degli anni ’80, Winona Rider resta una more indissolubile e un’icona romantica. Sapere poi che sarebbe stata una androide nella saga di Alien, nelle mali di quel geniaccio di Jean-Pierre Jeunet, in Alien – La Clonazione? Wow! Oggi invece mi sorprendo persino di ricordarmi che esiste quel film.
Nei panni di Annalee Call, insospettabile cyborg in missione segreta dentro la missione condotta da Ripley e i soliti fantoccini sacrificabili – tra cui Ron Perlman! – Winona si dimostra sempre di una carineria assurda, complici anche i capelli corti d’ordinanza.
Certo è che il test di Turing viene passato in modo bizzarro, dimostrandosi abbastanza scema, basti vedere questa deliziosa scena dove fa incazzare proprio Ron “Hellboy” Perlman e il tizio di CSI con look inguardabile.
Ovviamente ci sono molte altre robot femminili nella storia del cinema: quali sono le tua preferite, quelle che (evitiamo di essere volgari, ragazzi) ti hanno fatto battere il cuore?