Parliamo di una WunderWaffe tra le più famose. Se il nome nel titolo non vi ricorda nulla, una sigla dirà tutto: V1.
[more]Ci furono anche WunderWaffen terrestri e marine, ad esempio lo Schwerer Gustav, un cannone da ferrovia: il problema è che venne prodotto in due esemplari e utilizzato limitatamente. Comunque si parlerà anche di questo in futuro :D[/more]
Noto informalmente anche come KirschKern (letteralmente “nocciolo di ciliegia”), MaiKäfer (letteralmente “insetto di maggio”) o anche Krähe (corvo), per gli Alleati era buzz bomb (bomba ronzante), doodlebug (un generico “insetto ronzante”), o anche robot bomb.
Il nome più famoso è quello di VergeltungsWaffe 1, cioè “arma di rappresaglia 1”, ufficializzato dal ReichsMinisterium für VolksAufklärung und Propaganda, “Ministero del Reich per l’istruzione popolare e propaganda” il 24 giugno 1944.
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Letteralmente VolksAufklärung vuol dire “spiegazione/chiarificazione al popolo”. Il ministero era più noto in Germania come RMVP o PropagandaMinisterium :D ed era diretto da Joseph Goebbels, che fu l’archetipo dei moderni spin doctors ma a guardarlo era un morph tra Boris Karloff e Christoper Lee :D
Del resto, gente che credeva all’esaltazione di caratteri genetici secondari come l’altezza, i capelli biondi e gli occhi azzurri da parte di un basso, moro e butterato imbianchino austriaco doveva aver attenuato parecchio la propria volontà di giudizio :D
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Le premesse
I Tedeschi avevano già fatto bombardamenti terroristici come il Coventry Blitz tra agosto e ottobre 1940, culminato con il bombardamento a tappeto la notte tra il 14 e il 15 novembre, in cui venne rasa al suolo anche la cattedrale.
Fu la Unternehmen Mondscheinsonate (operazione suonata al chiaro di luna) con 515 bombardieri che usarono bombe esplosive e due tipi di bombe incendiarie apposta per rendere più difficile spegnere gli incendi.
Per la prima volta usarono le LuftMinen, letteralmente “mine volanti”, ovvero bombe con un paracadute che ne rallentava la caduta. In questo modo esplodevano senza prima creare un cratere, aumentando il raggio dei danni intorno.
Gli Alleati usarono poi estensivamente questo tipo di bombe nei raid sulla Germania: il nome anglosassone è blockbuster, cioè “che colpisce / distrugge un (intero) isolato”.
Pensateci la prossima volta che andate a prendere un film :D
Con la fine della battaglia d’Inghilterra e il rinvio dell’Unternehmen SeeLöwe (Leone Marino), cioè l’invasione via mare delle isole britanniche, i bombardieri tedeschi vennero spostati ad est per l’Unternehmen Barbarossa, cioè l’invasione della Russia.
Unternehmen letteralmente vuol dire “impresa”, ma finché non era iniziata di solito si indicava come Fall, cioè “piano”
Nel 1942 gli Alleati cominciarono a colpire la Germania con modalità simili: Lubecca venne bombardata il 28 marzo e Rostock tra il 24 e il 27 aprile, entrambe con “soli” 200 o 300 bombardieri.
In risposta i Tedeschi tra aprile e giugno effettuarono i cosiddetti Baedecker Raids, ovvero bombardamenti su cittadine importanti non tanto strategicamente quanto storicamente – ad es. Bath, o Canterbury.
Il nome deriva dal comunicato del RMVP, a nome del barone Gustav Braun von Stumm, che disse “bombarderemo ogni edificio in Inghilterra con tre stelle sulla guida Baedecker” :D (guida molto diffusa in Germania all’epoca).
Questo tipo di azioni vennero chiamate VergeltungsAngriffe, cioè aggressioni di rappresaglia.
Gli inizi
I Tedeschi lavoravano su velivoli senza pilota (ora noti come UAV, Unmanned Aerial Vehicles) almeno dal 1936, quando l’ingegnere Fritz Gosslau lavorò sull’Argus As 292, un piccolo velivolo radiocontrollato usato come bersaglio per l’addestramento dell’antiaerea.
I primi prototipi di pulsogetto ci furono nel 1928 con Paul Schmidt, che li brevettò nel 1931. Nel 1933 Schmidt e Georg Madelung cominciarono a studiare bombe volanti spinte dai loro motori.
Nel 1937, Gosslau sviluppò il progetto di un velivolo spinto da due pulsoreattori, in grado di volare per parecchi chilometri e con una buona precisione grazie al controllo via radio, chiamato FernFeuer (letteralmente, “fuoco a distanza”). Il primo volo ci fu nel luglio 1939: a novembre modificò il progetto aggiungendo delle ali, per aumentare autonomia e stabilità.
Nel 1939 il RLM (ReichsLuftfahrtMinisterium) emise una richiesta per un velivolo controllato da remoto, capace di portare 1000kg a 500km. Argus, Arado e Siemens si misero insieme per presentare una proposta, modificando il progetto FernFeuer e presentandolo come P 35 Erfurt.
Il prototipo era interessante ma si diede priorità ad altre produzioni fino al 1941, nonostante le insistenze di Argus presso Ernst Udet, all’epoca GeneralLuftZeugMeister, cioè direttore generale dell’approvigionamento per i velivoli.
Udet era stato un asso nella prima guerra mondiale, era un ottimo tattico – fu lui ad insistere ad esempio per lo sviluppo dello Junker 87 “Stuka”, ma odiava le scartoffie: si diede all’alcol, ebbe un tracollo nervoso e venne lasciato dalla fidanzata. Per rivalità personale, Goering, all’epoca Reichsmarschall (maresciallo del Reich, in pratica il vice di Hitler in tutte le armi) mentì ad Hitler sulle capacità di Udet, visto che all’epoca la LuftWaffe aveva dei problemi per la produzione dei velivoli necessari.
Udet si suicidò il 17 novembre 1941, probabilmente anche perchè convinto che l’apertura del fronte russo sarebbe stata la rovina della Germania.
La sua morte venne mascherata come incidente aereo e sfruttata da Goebbels come strumento di propaganda.
Gosslau continuò privatamente con l’aiuto di Robert Lusser, direttore tecnico della Heinkel, che per l’occasione passò alla Fieseler. Lusser modificò radicalmente il progetto per ridurre costi e tempi di lavorazione: ad esempio il nuovo velivolo prevedeva un solo pulsoreattore.
Il 5 giugno 1942 il progetto modificato venne presentato al RLM, e vista la nuova necessità di armi di rappresaglia ottenne la designazione Fi 103 e il 19 giugno gli venne assegnata alta priorità. Il primo volo senza motore, per verificarne l’aerodinamica e il controllo radio, avvenne il 28 ottobre. Il prototipo V7, con il motore Argus As 14, venne lanciato la prima volta da un Focke-Wulf 200 il 10 dicembre.
Per mantenere il segreto sull’apparecchio, venne identificato come Flakzielgerät 76 (apparato di puntamento per FlAK), mantenendo la traccia delle sue origini :)
I motori
I motori a reazione sono di molti tipi: tutti “spingono” i loro gas di scarico fuori facendo avanzare il veicolo per “reazione”, ma il modo in cui lo fanno è molto diverso.
Alcuni esempi:
- motoreattore/motogetto/termogetto: usa un motore a pistoni per attivare una turbina che spinge i gas di scarico
- turboreattore/turbogetto: la turbina viene attivata dal flusso stesso dell’aria e del carburante incendiato
- razzo (ramjet): i gas sono spinti per semplice forzatura meccanica
- pulsoreattore/pulsogetto (pulsejet): il carburante viene incendiato ad “impulsi”, cioè in piccole quantità iniettate ad intervalli.
Un pulsogetto è in generale semplice come un ramjet, con il vantaggio di non richiedere carburanti ad alto numero di ottani e con una autonomia molto maggiore.
Per confronto, nel 1941 il motore ramjet del Messerschmitt 163 gli dava 40km di raggio d’azione a motore acceso: l’Argus As 014 del Fieseler 103 gli dava tra 250 e 500km, con carburante meno pregiato e in minor quantità, al prezzo di velocità inferiori.
Il meccanismo fondamentale di un pulsogetto è la risonanza, e il motore Argus la sfruttava al massimo: alla partenza di una V1 si “tappava” la camera di combustione e vi si iniettava dell’acetilene incendiandolo con una normale candela da automobile, che veniva attivata dall’esterno solo all’inizio – la V1 non aveva batterie.
Raggiunta la temperatura di esercizio, si “stappava” la camera e si apriva la valvola del serbatoio da 550 litri: il carburante si incendiava per il calore, producendo gas che chiudevano la valvola e i pannelli anteriori da cui entrava l’aria, e forzandosi così ad uscire dal retro provocando la spinta a reazione.
Esaurita la pressione dei gas, valvole e pannelli si aprivano da soli facendo entrare altro carburante ed aria: il ciclo si ripeteva con una frequenza tra le 45 e le 55 volte al secondo, producendo il caratteristico “ronzio” alla base di alcuni dei nomi che abbiamo visto sopra.
Per rendere l’idea del rumore:
A causa della poca spinta statica del motore e delle ali piccole la V1 aveva bisogno di una rampa piuttosto lunga per decollare, o doveva essere lanciata da un aereo.
Per raggiungere prima i 580km/h necessari per il decollo alcune V1 al decollo vennero spinte da un Dampferzeuger (letteralmente “generatore di vapore”) che usava una combinazione di carburante simile a quella dei motori HWK: T-Stoff e Z-Stoff, quest’ultimo una soluzione permanganato di potassio.
Il sistema di controllo
All’inizio si voleva controllare le V1 via radio per attacchi di precisione, ma per bombardare Londra si scelse un più semplice pilota automatico. Alcuni esemplari vennero provvisti di un piccolo segnalatore radio per controllare la distanza e la posizione raggiunta.
[more]Il primo pilota automatico industriale fu prodotto dalla Sperry Corporation nel 1912. Usava già la bussola giroscopica, inventata proprio da Elmer Ambrose Sperry perfezionando un prodotto di Herman Anschütz-Kaempfe: la compagnia era stata fondata proprio per commercializzarle.[/more]
In pratica una bussola magnetica collegata a un giroscopio manteneva e stabilizzava il volo, mentre un pendolo pesato controllava il beccheggio.
Questi meccanismi funzionavano usando l’aria compressa di due serbatoi caricati a 150 atmosfere, che pressurizzavano anche il serbatoio del carburante. I meccanismi andavano tarati a mano prima del lancio: una V1 caduta senza esplodere fu ritrovata con delle riviste arrotolate nell’ala sinistra per bilanciamento :D
Un odometro e un anemometro a elica montato sul muso indicavano quando si era raggiunta l’area del bersaglio. Alla partenza si tarava l’odometro, che faceva da contatore, in base ai venti prevalenti: ogni 30 giri dell’anemometro, si decrementava. Dopo 60km dal lancio, faceva armare la testata. Quando raggiungeva lo zero si staccavano i controlli dal giroscopio, si interrompeva il flusso del carburante e si alzavano gli spoiler sulla coda per far iniziare la picchiata.
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Odometro deriva dal greco hodos = strada e metron = misura. Era appunto un apparecchio per misurare la lunghezza di una strada, già noto da Vitruvio (I sec. a.C.) e modificato da Leonardo.
Nella forma più semplice è una ruota collegata a uno o piu’ ingranaggi, che ogni X giri della ruota aprono uno sportello facendo cadere un sasso in un contenitore: alla fine del percorso, contando i sassi si conosce la distanza percorsa.
L’anemometro misura la velocità del vento. La versione più semplice è una serie di coppe che girano con velocità proporzionale a quella del vento, a meno di variazioni di pressione e temperatura.
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L’impiego
Il primo lancio contro Londra avvenne il 13 giugno 1944, proprio come rappresaglia contro il il D-day di una settimana prima. Le piattaforme di lancio erano intorno al passo di Calais e sulla costa olandese.
Ne vennero lanciate in totale 9.521, più di 100 al giorno nei momenti di picco, fino a ottobre – quando i Tedeschi dovettero ritirarsi per l’avanzata alleata.
Altre 2.448 vennero lanciate poi contro Anversa e il Belgio fino a fine marzo 1945. Solo un quarto circa delle V1 lanciate raggiunse l’obiettivo.
Ne vennero prodotte circa 30.000: al picco di produzione una V1 richiedeva 350 ore di lavoro, incluse 120 per il pilota automatico.
La ritirata fece moltiplicare gli sforzi per aumentare il raggio della V1.
La versione F1 aveva meno esplosivo ma più carburante e con muso ed ali di legno per alleggerire la struttura. La produzione fu difficile a causa la situazione della Germania, e i primi lanci della nuova versione avvennero solo il 2 marzo 1945 dall’Olanda.
Venne prodotta anche una versione pilotata, il Fieseler 103R (Reichenberg), per lo squadrone Leonida (formalmente la 5ta Staffel (pattuglia) del I Gruppe del KampfGeschwader 200), composto a partire dal febbraio 1944 da piloti suicidi – un’idea di Otto Skorzeny con il supporto della famosa pilota nazista Hannah Reitsch.
Entrando nella squadriglia si firmava una dichiarazione così traducibile:
Richiedo volontariamente di essere iscritto nel gruppo suicida come parte di un aliante-bomba umana. Capisco perfettamente che l’impiego in queste operazioni comporterà la mia morte.
Perfino Hitler era restio a una misura simile: le Selbstopfereinsätze (letteralmente “attacchi di auto sacrificio”) furono solo 35, per distruggere i ponti sull’Oder dal 17 al 20 aprile 1945, usando dei FW 190.
Nel 1943 i Tedeschi inviarono ai Giapponesi un motore pulsogetto via sottomarino.
La Kawanishi progettò tre versioni del Baika (bocciolo di prugna), che somigliava vagamente al Fieseler 103R, ma non riuscì a costruirlo prima della fine della guerra.
Lo spionaggio
Gli Inglesi seguivano gli sviluppi di queste armi tramite numerosi canali. In particolare l’Armia Krajowa (esercito nazionale) polacca, in posizione privilegiata per sorvegliare il centro ricerche di Peenemünde e l’isola di Usedom sul Baltico dove si portavano avanti gli esperimenti, ne venne a conoscenza già dall’estate 1942.
I rapporti vennero all’inizio considerati poco importanti perché si credeva che fossero razzi a propellente solido, che non avevano la gittata necessaria per raggiungere l’Inghilterra.
L’avanzare degli esperimenti convinse gli Inglesi a colpire Peenemünde tra il 17 e il 18 agosto 1943 con 600 bombardieri (Operazione Hydra): i lavori slittarono di 6-8 settimane ma il tunnel a vento, struttura cruciale, non venne colpito. Per ritardare le riparazioni, alcune bombe vennero dotate di timer per esplodere in momenti differenti nei tre giorni successivi.
Sembra che il governo Inglese fosse a conoscenza dell’imminente lancio della prima V1 su Londra grazie alla decrittazione della macchina Enigma, ma non prese contromisure per evitare di far capire ai Tedeschi che erano a conoscenza del loro codice.
Le contromisure
La V1 viaggiava in media tra 900 e 1.200 metri di quota a circa 560km/h, troppo alta per le armi antiaeree leggere inglesi e troppo bassa per quelle pesanti.
Le uniche armi efficaci erano i cannoni medi Bofors da 40mm, di fabbricazione svedese, ma occorrevano postazioni fisse con velocità di rotazione superiore a quella disponibile.
Le V1 erano anche troppo piccole per essere viste dai radar fino ad allora usati in Inghilterra, tanto che il Royal Observer Corps riprese ad operare su larga scala.
I primi radar basati sul Magnetron forniti dagli americani e nuove postazioni antiaeree piu’ veloci migliorarono molto la situazione: da 2.500 colpi per abbattere una V1 si passò a circa 100, distruggendo fino all’84% di quelle intercettate.
I Supermarine Spitfire Mk.XIV e gli Hawker Tempest, grazie a nuovi motori, erano abbastanza veloci a basse quote per provare a fermare le V1.
Tuttavia abbatterle con i cannoncini era sia difficile che pericoloso: la fusoliera in metallo andava colpita a distanza ravvicinata, e l’esplosione poteva coinvolgere il caccia.
Si provò quindi a far impazzire il giroscopio colpendo l’estremità dell’ala della V1 con quella dell’aereo, facendola finire in rotazione incontrollata.
Per anticipare l’avvistamento si munì un bombardiere Vickers Wellington di radar e lo si mise di pattuglia al largo della costa.
Circa 1.300 V1 vennero distrutte dagli aerei di pattuglia.
Vennero riesumati anche circa 2.000 palloni di sbarramento, utilizzati nella Battaglia di Inghilterra, sperando che le V1 venissero intrappolate dalle reti tese tra di loro, ma i Tedeschi replicarono mettendo dei tagliacavi sulle ali.
Solo 300 V1 vennero distrutte con i palloni.
Dopo la guerra
L’ultimo attacco con V1 su suolo inglese avvenne il 29 marzo 1945. Gli esemplari catturati vennero usati in vari modi: la Francia li usò come droni da addestramento per artiglieri.
L’URSS ne costruì una propria versione, la Izdeliye 10Kh, usata fino all’inizio degli anni ’50 quando diversi sistemi di guida vennero perfezionati su altri tipi di armi.
Gli USA costruirono proprie versioni per la marina e per l’esercito, pianificandone l’uso durante l’invasione del Giappone: le bombe atomiche resero questo impiego inutile, ma studi successivi portarono a modelli più sofisticati.
Dati tecnici
Caratteristiche Generali
- Equipaggio: 0
- Lunghezza: 8.32 m
- Apertura alare: 4.88 m
- Altezza: 1.42 m
- Peso: 2.150 kg
- Peso della testata: 850kg
- Motori: 1 pulsogetto Argus As 14
Performance
- Velocità massima: 650 km/h
- Autonomia: tra 250 e 500 km
- Altitudine operativa: tra 900 e 1.200 m
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