Nick Lotz è Truman Burbank. Spiato da migliaia di telecamere, Nick non gode di nessuna celebrità. È prigioniero di un reality show che qualcuno sta scrivendo per lui. Anche se questo qualcuno non esiste.
Truman Burbank vive a Seahaven, negli Stati Uniti. Del mondo non ha mai visto molto altro. Suo padre è morto in mare durante una battuta di pesca quando Truman era ancora piccolo.
Forse per questo Truman non è mai stato interessato ai viaggi. Non gli va di affrontare quel mare che gli ha rubato un genitore.
No. Truman preferisce rimanere nella sua cittadina, sposato con la bella Meryl che lo ama. Intrappolato nella routine quotidiana che tanto gli va a genio.
Quella di Truman, a vederla da fuori, sembra una vita perfetta.
O almeno tranquilla. Ma solo a vederla da fuori. Perché Maryl non è sua moglie. Lei e Truman si sono sposati in una chiesa, con marcia nuziale, testimoni e tutto il resto.
E ogni notte lei e Truman dormono nello stesso letto, portando al dito una fede con il nome dell’altro. Ma no. Meryl non è sua moglie. E non si chiama nemmeno Meryl. E Seahaven, poi, non è una cittadina di un non meglio precisato angolo degli Stati Uniti. È solo un set cinematografico costruito a Los Angeles, sotto una gigantesca cupola.
è una farsa.
La vita di Truman è una farsa. Un vero e proprio reality show (da record) che va in onda da anni, con milioni di ascoltatori e spazi pubblicitari da sogno. Ma Truman non lo sa.
Questo è il punto di partenza del celeberrimo film The Truman Show. A dare il volto a Truman c’è la faccia di gomma di Jim Carey.
Mentre il viso rigido di Ed Harris, incorniciato da un improbabile basco, è quello di Cristof. Il regista e padre mediatico di Truman e del Truman Show.
È impossibile essere al centro di una messinscena come quella di cui è protagonista Truman.
Ecco, se non lo avete mai visto, il film, dovete farlo al più presto, perché ne vale la pena. E se lo avete visto avrete pensato almeno per una volta: E se fossi io il protagonista di uno show come il Truman Show?
Se questo articolo fosse stato scritto con l’intento di farvi credere che qualcosa del genere non esiste, solo perché ne siete i protagonisti?
Se The Truman Show fosse la storia della vostra vita, e ne avessero fatto un film che ora vi hanno mostrato per intrattenere il vostro pubblico? Quanto avete viaggiato? E quando lo avete fatto, eravate certi di non essere seguiti da una videocamera?
È difficile non farsi queste domande mentre scorrono i titoli di coda del film.
O poco dopo, nel proprio letto, quando ci si ribalta sotto le coperte e sembra di sentire la lente di una videocamera spiare il proprio sonno. Ma è solo questione di qualche ora prima che la logica subentri.
È impossibile essere al centro di una messinscena come quella di cui è protagonista Truman. Impossibile.
Solo che per Nick Lotz non solo è possibile, ma è anche il peggiore incubo della sua vita.
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One Year of Crying
Nick non è il personaggio di un film. Ma a sua mamma ricorda Russel Crowe in A Beautiful Mind.
Perché un giorno della primavera del 2008 la signora Ann Lotz rincasa, e trova il figlio intento a smontare il termostato. Nick sta cercando una videocamera. E cosa ci dovrebbe fare, lì, una videocamera?
Qualcuno lo sta spiando.
Nick le spiega di essere al centro di una rete internazionale di agenti segreti. I suoi nemici lo vogliono morto. È naturale che Ann gli chieda: “Hai visto quel film, A Beautiful Mind?“. Nick lo ha visto: “Mamma, non sono come lui“.
I primi segni di squilibrio, Nick, li mostra qualche mese prima.
Si è appena trasferito alla Ohio University ed è teso per il nuovo ambiente. È anche in sovrappeso, e si sente un cretino ogni volta che si trova nei paraggi di una ragazza. Nick prova a fare nuove amicizie, ma tutto quello con cui si ritrova è la schermata vuota del PC, mentre aspetta la risposta di qualche compagno che non arriverà mai.
Nick si deprime e comincia a bere. Tanto quanto basta per perdere i sensi e svegliarsi senza ricordare cosa è successo la notte precedente.
Ogni notte. E questo lo preoccupa. Se qualcuno lo avesse ripreso mentre era in quelle condizioni? Se avesse scritto qualcosa che non voleva scrivere, o detto qualcosa che non avrebbe dovuto dire?
Nick teme di diventare lo zimbello dei suoi compagni. Abbassa le tapparelle della camera, abbandona i libri su un tavolo, e fugge dal mondo.
Passa settimane sotto l’effetto di stupefacenti. Prende il Suboxone, che lo abbatte sul letto e lo fa dormire per giorni interi. Poi si risveglia e assume Adderall e Focalin, che lo tengono sveglio tutta la notte.
Consuma le ore su YouTube o lavorando alle sue sceneggiature. Perché il sogno di Nick è quello di fare cinema.
Poi, in primavera, torna a casa. Nick vive ad Hudson, a metà strada tra Cleveland e Akron. È in questo periodo che Ann lo trova a smontare il termostato. E non serve John Nash per capire che c’è qualcosa che non torna.
Nick dà la colpa all’Adderall e agli alcolici, e dopo essersi ripreso promette alla madre che non accadrà più niente di strano.
Passa settimane sotto l’effetto di stupefacenti.
Nick, sua sorella Cecilia e un gruppo di amici, vogliono partecipare a un festival musicale che si tiene in Michigan. All’evento sarà presente anche loro padre, che per lavoro organizza festival di quel genere.
Cecilia, però, non è così convinta che portare suo fratello sia una buona idea. Le tentazioni del festival sono troppe, e a Nick manca la forza di volontà per starne lontano.
Cecilia ha ragione. Nick non perde tempo. Dopo avere piantato la tenda, trova uno spacciatore. Si toglie di tasca 100 dollari e compra ecstasy e acidi. Il giorno seguente si imbottisce di stupefacenti e, completamente solo, girovaga per il festival. Barcolla fino sotto al palco.
Lì, illuminati dai riflettori, ci sono i componenti della Dave Matthews Band.
E c’è una frase, nel testo della canzone che Matthews sta cantando, che in italiano suona più o meno così: Un anno di lacrime mentre le parole si fanno strada dentro. Nick, estasiato dagli effetti delle droghe, ha una epifania.
Certo! Dave Matthews non è lì per caso. Nick non si trova sotto il palco per una coincidenza.
Da quando si è iscritto al college, Nick Lotz è il protagonista di un reality-show. Il più complicato reality show mai creato. Uno spettacolo degno solo del Truman Show.
Tutto quello che deve fare, ora, è chiamare il padre, farsi accompagnare sul palco, prendere il posto del gruppo, e ricevere un assegno da un milione di dollari per il suo ruolo.
Allora prova a chiamare il signor Lotz, ma è troppo sballato per comporre il numero. Quando incrocia suo padre, alcune ore dopo, è tardi. Il concerto è finito, e la sua occasione per spegnere le telecamere del suo personale Truman Show è sfumata.
Nick riesce solo a trascinarsi alla tenda, insonnolito. È qui che Cecilia lo sente, si sveglia, e gli domanda:
Cosa c’è che non va?
Lui risponde:
Sorridi, ci stanno riprendendo.
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Il Prezzo della Celebrità
C’è una donna, nervosa, che sospetta che il marito la voglia picchiare. Per questo decide di non farlo entrare in casa. Chiude a chiave l’ingresso dell’abitazione e sbarra le finestre.
Quando lui fa ritorno le chiede gentilmente di aprire. Lei però non risponde. Anzi, gli intima di andarsene. Lui insiste, bussa con forza.
Per quale ragione sua moglie gli impedisce di entrare nella propria casa? La donna lo osserva dallo spioncino della porta. Lui ha il viso arrossato, le sopracciglia contorte in una smorfia. È evidente che la voglia picchiare.
Il marito non demorde. Chiama un amico e gli chiede di parlare con la moglie. Forse lui riuscirà a farla ragionare. L’amico si incontra con la donna, ma lei non ci casca. L’amico è lì a convincerla che non c’è nessun pericolo. Ma sta mentendo. Ecco perché la donna si affretta a cacciarlo di casa.
I vicini si accorgono che c’è qualcosa che non va. Fanno visita alla donna, si offrono di fare qualsiasi cosa per risolvere la situazione. Ma anche loro conoscono l’amico del marito. Deve stare attenta a quello che dice. Anche loro, di certo, sono stati mandati dall’uomo che amava.
La donna è terrorizzata. Si barrica in casa e chiama la polizia. Spiega alle forze dell’ordine che non si sente al sicuro. Che qualcuno la deve proteggere da suo marito. Gli agenti accorrono, ma non hanno motivo di credere che lui la voglia picchiare.
Per la polizia non c’è nulla di cui preoccuparsi. Gli agenti le spiegano che suo marito è innocuo. Ma la donna ci riflette. Lui, suo marito, è un uomo importante, in città. Aveva un amico al distretto di polizia. Anche quei poliziotti stanno facendo il suo gioco. Anche loro stanno mentendo.
Un cespuglio in giardino si muove? Qualcuno la sta spiando con un telescopio. Un dottore cerca di convincerla a ricoverarsi? Deve essere stato pagato da suo marito.
Non ci vuole molto a trasformare una supposizione in una mania. Una ossessione. Una paranoia. È proprio quello che succede nella testa di Nick.
Dopo il festival in Michigan, i suoi genitori lo costringono in un centro di riabilitazione. Qui lo accoglie un medico. Il dottore accompagna Nick nel suo ufficio, e gli spiega: “Ti terremo d’occhio in ogni istante”. Quelle, per Nick è chiaro, non sono parole pronunciate a caso.
È ovvio che lo terranno d’occhio.
Lui è il protagonista di un reality show.
Le telecamere lo riprendono in ogni momento.
in ogni istante.
Eppure Nick non è soddisfatto. È il protagonista del suo spettacolo, ma non può godersi la celebrità. Solo se lo show dovesse finire, e la messinscena fosse fermata, potrebbe reclamare il suo premio e le sue ospitate televisive.
Allora cerca di sabotare la produzione.
Si infila in tutte le camere del centro di riabilitazione. Scivola negli uffici e negli ambulatori. Cerca la sala di montaggio. Se la immagina come la si vede nei film: una grande parete di schermi. Decine, anzi, centinaia di telecamere puntate su di lui.
Ma Nick non trova nessuna sala di montaggio. Anzi, non trova nessuna telecamera.
Anche se è convinto che dietro lo specchio del bagno ce ne sia una, nascosta. Anche se il bottone sul camice del dottore è troppo spesso per essere un semplice bottone.
Non passa molto prima che i medici decidano di dimettere Nick.
Non perché abbia superato la sua dipendenza dalla droga, ma perché è chiaro che non è quella ad averlo ridotto in quelle condizioni.
Il bottone sul camice del dottore è troppo spesso per essere un semplice bottone.
Nick torna a casa. Forse più agitato di quando l’ha lasciata. È conscio di essere spiato, e la cosa continua a non andargli giù. Ma non lo dà a vedere. Convince i suoi genitori ad iscriverlo per la seconda volta al college, e ci torna con un nuovo spirito.
Con il tempo, Nick accetta di essere guardato da milioni di persone. Non è così male, dopotutto. Anzi. A pensarci bene è una buona occasione per rifarsi una vita. Se deve apparire davanti al pubblico, tanto vale farlo con stile.
Lascia lo schermo del portatile aperto, così che le telecamere possano riprendere quello che ha battuto sulla tastiera quando si allontana dal PC. Si iscrive a corsi di recitazione e si allena a parlare in pubblico. Nick non vuole essere solo il protagonista del suo show. Vuole essere il migliore protagonista di sempre. È proprio dopo una delle lezioni di recitazione che, tornato nella sua stanza, Nick scrive nel suo diario:
Qualsiasi cosa mi umili o mi dia fastidio… è il prezzo della celebrità.
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The Truman Show Delusion
C’è una parola, in inglese, che rende l’idea dei castelli in aria che Nick ha costruito con tanta cura: delusion.
Qualcosa a metà tra l’illusione e l’allucinazione. È una convizione, la delusion, che viene perseguita nonostante contraddica la realtà.
Queste delusion colpiscono circa l’1% della popolazione mondiale. E seguono regole ben precise. Per esempio hanno a che fare con tre temi ricorrenti: persecuzione, manie di grandezza e erotomania. Però non si presentano sempre nello stesso modo.
La cultura in cui si è cresciuti determina il genere di schizofrenia che si mostra. Se siete nati in un paese cristiano, ad esempio, potreste pensare di essere profeti di Dio. Lo stesso non succede in Pakistan. A Shanghai sareste trafitti da aghi avvelenati. A Taipei posseduti da spiriti maligni.
Anche l’evoluzione tecnologica ha determinato cambiamenti nelle delusion dei pazienti di tutto il mondo.
Negli anni ’40 i giapponesi controllavano le menti degli americani tramite onde radio. Nel ’50 i Russi facevano la stessa cosa usando i loro satelliti in orbita attorno alla Terra.
Dal 1970 al 1980 la CIA impiantava chip nei cervelli delle persone per tenerli sotto controllo.
È una convinzione, la delusion, che viene perseguita nonostante contraddica la realtà.
Se fosse che la racconta il dottor Joel Gold del Bellevue Hospital Center di New York City, questa storia, sarebbe da non credere:
New York è un magnete per le psicosi. Se qualcuno perde la testa al JFK o a Grand Central viene portato direttamente al Bellevue.
Gold sa che non tutte le psicosi sono indicate nei libri di testo. Dopo l’undici settembre, ad esempio:
Molte donne del Sud America venivano a pregare per fare tornare in vita i morti di Ground Zero. Lo vedi una volta e ti dici: ‘interessante’. Poi, una settimana dopo, ne arriva un’altra.
Gold ha cominciato a riscontrare casi simili a quello di Nick proprio dopo l’11 settembre 2001.
Un paziente, convinto che l’attacco alle Torri Gemelle fosse il colpo di scena di una serie televisiva, era arrivato a Manhattan per verificare se il World Trade Center fosse davvero stato abbattuto.
Un altro uomo sosteneva che tutti i suoi amici e parenti stessero seguendo un copione. Un terzo aveva lavorato nel team di produzione di un reality show, fino a convincersi di esserne l’ignaro protagonista.
Molti di questi pazienti, ascoltati dal professor Gold, associano la loro situazione a quella di Truman Burbank e del Truman Show.
Ecco perché nel 2012, insieme al fratello e filosofo Ian, il dottor Gold pubblica un articolo nella rivista Cognitive Neuropsychiatry indicando l’esistenza di un nuovo tipo di delusion. Le caratteristiche?
Il paziente crede di essere filmato, e che le registrazioni vengano trasmesse per l’intrattenimento di altri.
È la Truman Show delusion.
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Una Grande Ricompensa
Nick non lo sa ancora di essere affetto da questo raro tipo di paranoia. Per lui ogni cosa è lo show. E lo show è ogni cosa.
I produttori, ad esempio, gli hanno infilato in testa un dispositivo che permetto loro di comunicare con Nick senza farsi ascoltare dal pubblico.
“Assicurati di essere divertente” gli ricordano. “Non mangiare per tre giorni consecutivi” gli lanciano delle sfide. “L’America non vuole vederti dormire”. E allora Nick si alza in piena notte e rimane in equilibrio su un piede. “Dimagrisci, devi apparire bene in videocamera”. E così perde oltre 20kg.
Se foste stati anche voi in casa con Nick, quando durante le pause dallo studio tornava a casa, gli avreste chiesto se andava tutto bene. E lui vi avrebbe risposto che: “Voi sapete tutto” oppure: “Attenti, questa parte non è scritta nel copione”. Sono le risposte che sente sua madre.
Lei cerca di convincere Nick a vedere uno psicologo. Lui le dice che:
Loro non vogliono.
La signora Lotz ci prova davvero a curare il figlio. Ha il cuore a pezzi, e non riesce a capire per quale ragione Nick si comporti in quel modo. Una volta non era così.
Nick era un ragazzo introverso quando si trovava in compagnia di ragazze, ma con i ragazzi era sempre stato un istrione. Giocava a Dungeons & Dragons e parlava di romanzi fantasy.
Poi le cose erano cambiate. Nick aveva scoperto la marijuana. E l’ecstasy. E la cocaina.
Si era fatto crescere i capelli e passava le giornate su siti come Digg e Reddit. Si era unito ad un gruppo di amici che rientravano nella categoria dei geniali strafattoni. Eppure, se oggi quegli amici avessero visto Nick, non lo avrebbero riconosciuto.
Il momento in cui il Nick strafatto è diventato il Nick mentalmente instabile non è facile da individuare. Il punto di non ritorno non riusciranno a scoprirlo gli psicologi, gli amici e nemmeno i suoi parenti.
Ann ricorda però che è in un ristorante cinese di Hudson che Nick le parla per la prima volta del programma televisivo. Lei deve smetterla di questionare le sue azioni, o non riusciranno a vincere l’assegno da 100 milioni di dollari.
Ann non capisce. Quello che Nick dice non ha senso. Eppure, nel biscotto della fortuna che Nick frantuma al termine della cena, c’è un biglietto che non lascia spazio ad equivoci:
Vincerai una grande ricompensa nel prossimo futuro.
La Truman Show delusion è difficile da definire. La bibbia dello psicologo statunitense, il Diagnostic and Statistical Manual (DSM), pubblicata per la prima volta nel 1952, distingueva le delusion in due categorie: bizzarre e non bizzarre.
Le delusion bizzarre sono quelle assolutamente impossibili. Credere di essere morti, ad esempio, è una delusion bizzarra. Credere di essere spiati in ogni momento della giornata è, al contrario, non bizzarra.
A maggio di quest’anno è stata pubblicata la quinta revisione del DSM. Si tratta del primo aggiornamento in diciannove anni. Il capitolo riguardante le delusion è cambiato.
Spiega l’autrice Dolores Malaspina:
La rapida espansione della tecnologia fa nascere dei dubbi riguardo la affidabilità nel determinare se una delusion sia possibile o bizzarra.
In un’epoca in cui scopriamo che l’NSA traccia qualsiasi comunicazione ‘privata’ negli Stati Uniti e all’estero, è davvero una delusion, credere di essere spiati in ogni momento della giornata? In un’era in cui Honey Boo-Boo e Kim Kardashian sono famose per ragioni non meglio precisate, è così strano credere che anche Nick pensi di essere al centro di un reality show?
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Saturday Night Live
Matt Kennedy Gould studia legge a Pittsburgh. È il 2003, e dopo qualche provino, viene scelto per prendere parte ad un reality show: The Lap of Luxury. Matt dovrà convivere con i concorrenti del reality, sfidandoli in improbabili prove. Al termine dello show sarà selezionato un vincitore che porterà a casa 100 000 dollari.
Matt non lo sa, ma lui è l’unico concorrente del programma.
I suoi coinquilini sono attori, e il programma per cui ha firmato non è The Lap of Luxury, ma The Joe Schmo Show, che va in onda su Spike TV.
Il programma si conclude con Matt che prende in mano un assegno da un milione di dollari, mentre gli viene spiegata la vera natura del format.
Lui alza il pugno al cielo, e poi si accascia a terra in lacrime. In una intervista a Entertainment Weekly, spiega:
Mi sono chiuso in un appartamento di Santa Monica e ho speso la metà dei soldi in marijuana e alcol… Il giorno dopo ho buttato nel water tre etti di erba, preparato la valigia, e sono tornato a Pittsburgh alla ricerca di aiuto.
Sul computer di Nick è salvato un documento di 52 pagine. È stato scritto in una sola seduta di 12 ore, e a leggerlo ricorda Penelope, l’ultimo capitolo dell’Ulisse di James Joyce. In un unico flusso di coscienza, Nick fa il punto della situazione: “Non riesco a capire le battute. Rido. Forse è così che ci si sente ad essere idioti”.
E sono salvate le lettere, oltre duecento, che Nick ha scritto ad attori, registri e produttori per fare chiudere il suo show. Ce n’è anche una indirizzata a Tina Fey, autrice del Saturday Night Live e protagonista della serie televisiva 30 Rock: “Sono bloccato in un loop per il controllo mentale. La mia vita personale e la mia carriera sono rovinate”.
E poi c’è un interruttore che scatta, nella testa di Nick, e lo scopo del gioco cambia. Non è più una questione di soldi. Il premio di 100 milioni di dollari è eliminato. Ora Nick deve entrare a fare parte del cast del Saturday Night Live. Glielo dice la voce dei produttori nella sua testa:
Vai là fuori e comincia a fare il comico.
Nick lavora in bar e ristoranti. Il pubblico è freddo e le sue battute, incentrate sulla droga e la pornografia, non sono eccezionali. Ma lui non molla. Quando non trova un bar disposto a farlo salire sul palco, si esibisce per strada, nei parcheggi e persino sugli autobus. Poi, un giovedì notte, i produttori si fanno sentire:
Finirà tutto se andrai a New York.
Nick raccoglie tutti i soldi messi da parte durante la stagione estiva, prenota un volo per New York e prende la metropolitana fino a Rockefeller Center. Si infila nella porta girevole della sede della NBC, che è proprio al numero 30 della piazza, e si rivolge al bancone: “Devo vedere Lorne Michaels”.
Michaels è il produttore del Saturday Night Live. E soprattutto è l’uomo che può fare finire tutto questo. Nick già se lo immagina, Lorne, mentre lo accompagna verso gli studi, gli fa fare un pezzo in diretta, e poi ciao, torna pure a casa e dormi come non hai mai dormito.
La guardia all’ingresso, però, non lo lascia salire. “La prego” gli spiega Nick “dica a Michaels che sono qui”. L’uomo non può aiutarlo. Nick si siede nella hall, guarda le facce che scivolano dentro e fuori il palazzo, e ci impiega qualche minuto a rendersi conto che quel viaggio a New York è stato una pessima idea.
Nick raccoglie tutti i soldi messi da parte durante la stagione estiva, prenota un volo per New York e prende la metropolitana fino a Rockefeller Center.
Secondo il professor Gold, il cervello umano si è evoluto anche grazie ad un sistema per il riconoscimento dei pericoli. Quando questo sistema, per qualche ragione, va in cortocircuito, nasce una paranoia. In un libro che Gold e suo fratello stanno scrivendo, i due professori spiegano che le persone che vivono in città e gli immigranti hanno una maggiore propensione alla schizofrenia. La malattia mentale, secondo i fratelli Gold, non è il semplice risultato di un fallo del cervello. Di una reazione chimica che non funziona come dovrebbe.
Gold la spiega così:
Tornate indietro di qualche centinaio d’anni. L’idea di camminare in Times Square avrebbe reso pazzo chiunque. Per la maggior parte della storia dell’uomo, non c’erano stranieri a urtarci per strada. Vivevamo in un posto dove c’erano altre cinquanta persone, e le avremmo riconosciute tutte in un istante. Se vivere a New York è un fattore di rischio per la psicosi, perché non può essere lo stesso per Internet? Non stiamo dicendo: ‘Non lasciate che i vostri figli vadano sulla rete – diventeranno pazzi’. Stiamo dicendo: ‘Questo è qualcosa su cui dovremmo riflettere’.
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Cristof
Nick sceglie di non iscriversi all’ultimo anno di College. Ma non vuole nemmeno vivere ad Hudson. Lo show sarebbe troppo noioso. Allora chiede al padre se può trasferirsi con lui a Los Angeles. Il genitore accetta a patto che Nick si faccia vedere da uno psichiatra. Nick rifiuta. e torna ad Hudson.
È qui, mentre è fuori a fare jogging, che sua madre trova alcune delle duecento lettere che ha spedito alle celebrità. Quando Nick rincasa, si arrabbia. Con che diritto ha aperto la sua posta? La signora Lotz è in lacrime:
Hai chiesto aiuto a tutte queste persone che non conosci. Vuoi lasciare che sia io a provare ad aiutarti?
Nick non risponde. Sua madre accende il computer e cerca un bravo psichiatra nella zona di Los Angeles. Nick rimane a guardarla, poi sale in camera: “Lascia che ci pensi per un po'”.
Quando scende le scale, qualche minuto dopo, si è convinto:
Dicono che dovrei farlo. Se vado dai dottori in California, vincerò il premio.
A prenderlo come paziente è il dottor Stephen Marder della University of California, Los Angeles. Marder prescrive a Nick delle pastiglie di Geodon, che non sempre fanno effetto.
E a volte lo fanno dopo mesi. Nonostante questo, Nick si trova bene al centro per le psicosi della UCLA.
Una sua vicina di casa, Yvonne Yang, ricorda di averlo sentito dire che quello era “il primo posto dove mi sento ascoltato, e dove le persone considerano seriamente i miei pensieri e i miei sentimenti”.
È il 10 novembre del 2010 quando Nick si sveglia, nel suo letto di Los Angeles, e i produttori hanno smesso di parlare. Il Geodon ha fatto effetto. Nick è di nuovo solo con se stesso: “È stato bellissimo. Era tutto finito”.
La prima telefonata tra il dottor Gold e Nick è invece del giugno 2012. Nick legge il suo articolo riguardo la Truman Show delusion, e gli scrive:
Mi aiuterebbe molto condividere questa cosa con qualcuno, e se posso essere utile in qualsiasi modo per migliorare il trattamento, la mia vita ne gioverebbe.
Nick ricorda:
Sapere che altre persone sono colpite da questa malattia, e che si tratta di qualcosa di riconosciuto e trattato, mi ha dato forza.
Oggi Nick ha lasciato la Ohio University. Vive da solo a Long Beach, in California. Ha un lavoro part time e studia cinese al college locale. Nei finesettimana monta su un kayak o su un paio di sci. Gli piace ancora scrivere, e sta cercando di terminare le tre sceneggiature fantascientifiche su cui sta lavorando.
Sa che nessuno le comprerà mai, e finiranno ad accumulare polvere in un cassetto. Sa anche che per il suo problema non esiste una cura.
Ogni tanto gli capita di ricordare una persona che non vede da tempo, e di incontrarla alcune ore dopo. È in momenti come questo che da un angolo del suo cervello sente una voce gridare: “Ecco! Ecco quello che stavi pensando! Sta succedendo! Ti stanno guardando”.
È lo stesso angolo che ci fa sentire sicuri quando sappiamo che qualcuno ci protegge. Lo stesso che ci fa sentire in pace, quando sappiamo che c’è qualcuno che ci tiene, a noi. Che in qualche modo siamo importanti. Che non siamo soli.
Ma Nick non si illude. Sa di essere un nessuno. Gli basta un cervello che, ogni tanto, gli dica il contrario. È un po’ come Cristof, che con le sue migliaia di telecamere osserva Truman, e lo rassicura:
Nel mio mondo, non hai niente da temere.
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