Per quanto possa risultare fastidiosa la visione di un po’ di muffa su una fetta di pane lasciata sul tavolo di cucina per qualche giorno, per quanto ci susciti forti conati anche solo l’odore di una fetta di carne andata a male, il processo di decomposizione rimane uno degli accadimenti naturali alla base dell’esistenza su questo pianeta.
Un iter infallibile, inarrestabile e incontrastabile che fa in modo che la vita stessa, nel più globale senso possibile, possa perdurare.
Con questo articolo vorrei affrontare il tema della decomposizione nella dimensione domestica, più vicina alla nostra vita di tutti i giorni, poiché cercare di parlarne globalmente potrebbe risultare noioso e inesatto, dato che io non sono un esperto ma soltanto uno che pensa che la decomposizione, sotto sotto, sia una figata.
Siano esse animali o vegetali le cose di cui noi ci nutriamo hanno cessato di vivere da un bel po’ quando le mangiamo e sono tutte già soggette a decomposizione.
Ovviamente negli anni sono stati inventati molti metodi per rallentare se non annullare l’avaria dei cibi, il più familiare è la refrigerazione, ma ne esistono altri, ad esempio l’essiccazione, l’affumicatura, l’immersione in salamoia e il sottovuoto.
Quelli appena elencati sono tutti procedimenti che impediscono ai batteri di proliferare.
La mancanza di acqua, ossigeno e la temperatura troppo bassa arrestano la decomposizione, ma cosa succederebbe se per ipotesi ci dimenticassimo un pollo fuori dal frigorifero, magari lasciandolo sul tavolo di cucina?
I batteri sono microrganismi onnipresenti in natura e saranno i primi a proliferare per il semplice fatto che si trovano già sul posto.
Giusto per fare un esempio: sul corpo umano sono presenti più batteri che cellule, infatti si stima che ci siano dalle 500 alle 1000 specie diverse al nostro interno e altrettante sulla pelle, si fa presto a capire che diamo normalmente alloggio a miliardi di batteri.
Essi (parlo ovviamente di batteri non patogeni) aiutano, ad esempio, il nostro processo digestivo e si nutrono dei detriti da noi prodotti (come ad esempio scaglie di pelle) ma è di noi che si ciberanno nel momento in cui il nostro cuore smetterà di battere.
I batteri presenti sul pollo si espanderanno il più possibile, comunicando tra di loro attraverso sostanze chimiche da loro secrete e combattendo tra diverse specie per accaparrarsi più cibo possibile.
Per quanto possa sembrare incredibile, i batteri si comportano secondo dinamiche sociali complesse e sono molto ben organizzati.
Ipotizzando che il pollo si trovi in un ambiente sufficientemente caldo (la temperatura domestica, ad esempio) i batteri presenti non avranno problemi a perpetrare con zelo la loro missione di colonizzazione del cadavere, scomponendone i tessuti e rilasciando nell’aria gas maleodoranti di vario genere (Azoto, Monossido di carbonio, Fosforo etc.).
Questo odore per noi umani è già un segnale di allarme: a malapena sopportiamo l’odore della carne in putrefazione, ci nausea. Anche la frutta o la verdura marcia ci danno noia, ma mai quanto la carne, perché?
La risposta è abbastanza semplice, ingerire carni avariate è molto più pericoloso di mangiare qualsiasi vegetale andato a male, le proteine in decomposizione possono facilmente secernere gas velenosi e quindi in migliaia di anni di evoluzione abbiamo sviluppato una sensibilità particolare per l’odore della carne in decomposizione, che ci previene dal nutrircene poiché plausibile veicolo di malattie se non di morte.
Nota: Volendo fare un clamoroso excursus mi piacerebbe collegare questo comportamento ai motivi per cui nella cultura di tutto il mondo si siano sviluppati trasversalmente riti post mortem (come ad esempio la cremazione, o l’imbalsamazione) che altro non sono che modi per far sfuggire il corpo dei cari defunti al destino inevitabile della decomposizione. Forse la paura atavica per la decomposizione spiegherebbe in parte quel tabù del cannibalismo che é già stato affrontato su LN, ma non vorrei risultare pesante o inconcludente.
I suddetti gas attirano insetti che a loro volta si getteranno sul cadavere del nostro polletto, come Homer si getterebbe su un buffet “tutto a volontà”.
I più comuni in ambito domestico sono le mosche. Le mosche sono particolarmente attirate dalla carne cruda, il tessuto organico animale è un luogo ideale per deporre le loro uova, ogni mosca ne depone in media fino a mille nell’arco della sua breve vita (che è di circa 8-10 giorni).
Lasciamo per un attimo le mosche a deporre le uova per introdurre un altro fantastico protagonista della nostra storia: la muffa.
La muffa la conosciamo bene per quei bei cuscinetti verde/blu che si formano sullo yogurt (anche in frigo) oppure sulla frutta e il pane… eccola lì la muffa!
Instancabile, agguerrita, apparentemente immortale, la combattiamo in cucina, in bagno, sui muri, e perdiamo quasi sempre, perché ritorna.
La muffa è forse l’agente di decomposizione più aggressivo ed efficace.
Un fungo le quali spore aleggiano normalmente ovunque (fino a 500 specie diverse in un metro cubo d’aria) e niente altro fanno che appoggiarsi su tutte le superfici per attuare la proliferazione.
Una volta posatesi su una superficie adatta (cioè qualsiasi, basta sia organica, ma con predilezione per pane e frutta) potranno iniziare a colonizzare espandendosi a macchia d’olio cibandosi del materiale ospite e successivamente fruttando nuove spore pronte a prendere il volo.
Le muffe, come i batteri, se lasciate agire su una superficie sono in grado di espandere i loro filamenti all’interno e su tutta la superficie del corpo ospite trovandosi spesso a dover combattere contro altre specie di muffe per la supremazia.
I conglomerati spugnosi e scuri che si vedono sulla superficie del cibo ammuffito sono solo la punta dell’iceberg, le infiorescenze ricche di spore, al di sotto la muffa ha esteso i suoi invisibili filamenti ovunque. Affascinante.
Nota: Sulle muffe e sui funghi in generale ci sarebbe da scrivere tantissimo, sono organismi incredibilmente sviluppati che in passato hanno reso possibile la vita sulla terra come la conosciamo oggi. Ci vollero parecchi milioni di anni, nel Mesozoico, affinché l’apparato vegetativo dei funghi, il Micelio, potesse sviluppare l’abilità di “digerire il legno” re-immettendo in atmosfera il Carbonio altrimenti imprigionato nei tronchi di alberi morti, i quali, assorbendo in vita l’anidride carbonica presente in atmosfera, avevano generato un eccesso di ossigeno che aveva, ad esempio, dato modo agli insetti e aracnidi di poter avere dimensioni enormi. Rimettere in circolo il carbonio riportò l’ossigeno a livelli normali facendo ritirare la vegetazione e permettendo ad altre specie di evolversi.
Ma non solo! I funghi, pur essendo organismi estremamente semplici, si comportano in modo logico, basti guardare l’esperimento in cui un fungo ricrea in modo incredibilmente efficiente la mappa del sistema ferroviario nei dintorni di Tokyo.
Un dettaglio dell’apparato respiratorio (i due puntini più scuri) delle larve di mosca domestica, esso si trova sul retro.
Torniamo alle uova di mosca, che nel frattempo si sono schiuse per dare vita a delle larve fameliche: vere e proprie macchine divoratrici.
Nella loro primitiva forma di bacarozzi bianchicci tutto è predisposto affinché possano nutrirsi incessantemente e velocemente.
Uncini intorno alla bocca per strappare meglio la carne, anelli ondulanti attorno al corpo per muoversi all’interno degli anfratti più impensati e orefizi respiratori dietro che permettono di continuare a scavare a mangiare con la testa conficcata nella carne.
Ridurranno il pollo in poltiglia, fino a lasciare solo le ossa e pochi brandelli di grasso, per poi mutarsi in crisalidi che daranno vita a una nuova ondata di mosche, che deporranno altre uova e che si ciberanno dei resti del pollo o diqualsiasi altra cosa possano trovare a disposizione (muffe comprese).
Il pollo non c’è più. Se n’è andato insieme all’odore pestilenziale e adesso si trova sotto forma di migliaia di mosche, e tutto questo è accaduto in un paio di settimane.
E’ la massa che si conserva senza sosta.
Un piccolo esempio, per capire come la legge della conservazione della massa sia applicabile anche a un pollo dimenticato fuori dal frigo e che come, davvero, siamo tutti parte di un sistema in cui gli elementi di cui il nostro corpo è costituito nient’altro sono che materiale riciclato miliardi di volte.
Conclusioni
L’argomento è ampio, complicato e implica conoscenze che non ho. Approfondirlo con voi mi piacerebbe moltissimo, commentate e correggete pure!
L’articolo è stato largamente ispirato, anzi si può dire che è un riassunto di questo documentario del quale consiglio caldamente la visione e chi mastica l’inglese:
- La Decomposizione (wikipedia.it)
- I Batteri (wikipedia.it)
- Batteri e Corpo Umano (sapere.it)
- La Mosca Domestica (wikipedia.it)
- Il Micelio (wikipedia.it)
- Slime Mold Grows Network (wired.com)
- After Life, The Science of Decay (youtube.com)