Poiché sotto i lor duci ambo schierati
gli eserciti si fur, mosse il troiano
come stormo d’ augei, forte gridando
e schiamazzando.
(Omero,Iliade)
Una disfatta, una tragedia.
E un massacro.
I morti si contavano a centinaia, sia da un lato che dall’altro.
Per ore i due schieramenti si erano affrontati in un
feroce corpo corpo, senza tregua, senza pietà.
Protagonisti di una lotta dove era stato ribattuto colpo su colpo, dove si era lottato per ogni palmo di terreno, per ogni granello di sabbia.
E adesso sul suolo giacevano soltanto corpi straziati, arti strappati, feriti agonizzanti…
Sulla sommità della piccola collina si trovavano risorse
di fondamentale importanza per la sopravvivenza durante il rigido inverno e nessuno dei due eserciti, nessuna delle due famiglie regnanti, aveva alcuna intenzione di rinunciarci.
Chi avesse avuto la peggio nella battaglia sarebbe stato sconfitto non una ma mille volte, perdendo lo scontro odierno e indebolendosi per tutti quelli a venire.
Il nemico , le maledette “teste rosse”, genia crudele, violenta
e scaltra, si stava arrampicando velocemente sul fianco della collina.
Grazie al loro numero, non certo al loro valore né alla loro abilità nel combattere, le “teste rosse” erano riuscite a sopraffare la nostra avanguardia nella pianura e a conquistare la posizione.
Ma la guerra è guerra, e soltanto il risultato conta.
Comunque, non sarebbe bastato loro prendere la collina, avrebbero dovuto essere capaci anche di tenerla.
Alla fine, i nostri avevano retto il tempo sufficiente perché la loro morte non fosse vana.
All’ improvviso, dalla vegetazione alle spalle della retroguardia nemica apparve il resto del nostro esercito.
Preso alla sprovvista, il nemico tardò a reagire, mentre le corazze nere si gettarono nella mischia e cominciarono a imperversare facendo una vera strage.
E fu soltanto allora, che anche noi, il gruppo di riserva, ci unimmo allo scontro.
Presi tra due fuochi, gli odiati nemici cominciarono a cadere uno a uno… aver conquistato la cima della collina, sarebbe servito loro a ben poco se il grosso dell’esercito fosse stato sconfitto.
La battaglia fu cruenta, forse la più cruenta che abbia mai visto,
infatti per i nostri avversari, presi tra le due fila nemiche e la collina, le possibilità di manovra erano ridotte, e ancor più quelle di fuga, per cui la lotta fu senza quartiere.
Più volte dovetti proteggere una mia sorella minore, giovane e inesperta, che si trovava al mio fianco, da attacchi feroci e disperati.
Ma poco a poco avanzavamo, inesorabili.
Oh! Come sembrava vicina la agognata vittoria!
Ma il destino beffardo così non volle, e proprio quando stavamo
preparandoci a esultare, accadde l’ inaspettato…
La terra tremò.
Una, due, tre, quattro volte.
E poi… immensi magli cominciarono a calare dal cielo e a schiacciare tutto quello che si trovava sotto di loro.
E a risalire nuovamente, e nuovamente a discendere, in una furia implacabile.
Nubi di polvere si alzarono oscurando la luce del sole e impedendo
la visibilità.
La collina fu spazzata via, e con essa le preziose provviste.
Corpi vennero straziati e trascinati in aria dall’ immensa forza
dell’impatto.
Altri esplosero letteralmente, spargendo le proprie interiora tutt’attorno.
E poi venne l’acqua.
Un fiume d’acqua.
Un fiume che trascinò via tutto, amici e nemici.
Tentai di afferrare mia sorella più piccola, ma venne travolta da un’ondata e portata via.
A stento, nuotando con tutte le mie forze, riuscii ad aggrapparmi ad un ramoscello e a trarmi in salvo.
Perché accadeva questo? Forse gli Dei ci punivano?
Per la nostra violenza, per la nostra crudeltà, per il nostro egoismo?
O razza maledetta e scellerata, che uccidi i tuoi simili per un chicco di grano o perché di un altro colore, ecco il castigo che ti meriti e che gli Dei ti hanno riservato!
– Paolo! Cosa fai con l’annaffiatoio e cosa stai pestando ?
– Mamma mamma guarda! C’erano le formiche rosse e quelle nere che si stavano azzuffando per un pezzo di pane secco e allora…
– Ma guarda, ti sei inzaccherato tutti i pantaloni!
– Ma stavo facendo Godzilla!
– Smetti, subito! Entra in casa e vai a lavarti le mani, che tra poco andiamo a tavola.
Con la testa bassa e il broncio il bambino si diresse verso casa.
– Uffa… Non si può mai fare nulla…