Un paio di giorni fa, durante il SXSW, Google ha mostrato un “prototipo” di un suo esperimento, o meglio, di un esperimento di un suo nuovo dipartimento chiamato “Art Copy & Code” che ha creato… una scarpa parlante.

E da li è venuto giù il web che, riscopertosi ultimamente googlefanboy dopo che era stato applefanboy, adesso pensa bene di vomitare articoli a caso su quanto Google stia innovando… che cioè, troppo figata la scarpa che parla, cioè ma l’hai visto il video? cioè prima gli occhiali e ora la scarpa, cosa altro inventerà? yo forza Google!

Una roba imbarazzante se permettete, una raffica di articoli e commenti più o meno ripetibili in cui il nuovissimo e appena scoperto “Google Reality Distortion Field” ha agito per la prima volta in maniera così evidente.

In realtà già ne avevo avuto la prova la scorsa estate dopo il lancio del mitico Nexus Q: nonostante fosse evidentemente una presa per il culo, è poi stato effettivamente messo sul mercato da Google per poi essere ritirato dopo poco silenziosamente.

I fail di Google, soprattutto in campo hardware, non sono esattamente rari.

Gli stessi Google Glass di cui ho letto (e scritto) di ogni in queste settimane e che saranno per certi blogger “troppo un successo, troppo una figata” sono una scommessa gigantesca che si risolverà molto probabilmente in un fail clamoroso, ma amen, probabilmente vale la pena tentare a prescindere.

Ma queste “talking shoes” di cui è stato anche creato una specie di “spot”, cosa dovrebbero essere se non un esperimento e neanche troppo originale?

 

 

A smart sneaker with personality that can broadcast its story to the web

Ma facciamo sul serio? E’ evidente che è solo una mossa pubblicitaria giusto?

No, perché se volete veramente parlare seriamente di queste scarpe parlanti di Google io faccio un po’ fatica ad entrare nel discorso.

Cioè, stiamo parlando di un clone mal riuscito di Nike Plus, con aggiunte un po’ di feature inutili (ti parla?!? da una cassa?!?!?) e la scomodità di avere peraltro tutto integrato nella scarpa (che si consuma e poi si butta) e non in un dispositivo esterno compatibile con più scarpe…

Ma scemo io che ne parlo seriamente, giusto?

L’unica vera notizia in tutto questo è che Google ha attivo un dipartimento che sperimenta cazzate, come hanno tutti i big peraltro, e serviva un modo per pubblicizzare la cosa.

Art, Copy & Code peraltro inventa cazzate per “reinventare la pubblicità”, così almeno dicono… quindi se mai aspettatevi di vedere delle scarpe che vi parlano di quanto è figo il ristorante davanti il quale state camminando… o di come con dei calzini “Adidash” stareste molto più comodi.

L’unico progetto presentabile era sta cosa della scarpa, quindi questo vi siete beccati, deal with it… fosse stato il primo aprile almeno.

 

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Using an accelerometer, a gyroscope, Bluetooth and some other off the shelf technologies, the Talking Shoe translates the wearer’s movements into funny, motivating and timely commentary.

Il progetto è stato ideato e realizzato da due studi creativi di New York, in particolare da Zachary Lieberman di YesYesNo e da Despina Papadopoulos dello Studio 5050.

Tutti i post, articoli e commenti sulle troppo ganze scarpe parlanti di Google sono #embarassing, sappiatelo. Non ho messo link a fondo articolo per pietà.