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L’enigma del C-value

L’enigma del C-value

Che cosa è l’enigma del C-value?

So che tutti voi vi ci state arrovellando il gulliver da tempo, ma non avete mai avuto il coraggio di chiedere, quindi me lo chiedo da solo e mi rispondo.

Il termine C-value (valore Costante) si riferisce alla quantità di DNA espressa in picogrammi contenuta nel nucleo di una cellula aploide, cioè la dimensione del genoma aploide di un organismo.
Si può misurare in bp (paia di basi, cioè l’unità di misura delle sequenze nucleotidiche) o, per complicarsi la vita inutilmente, in pg (picogrammi), dove per convenzione 1 pg corrisponde a 978 Mbp.
Quindi il genoma umano ha un C-value di circa 3,2pg ovvero 3200 Mbp.

Appena furono note le dimensioni dei genomi di molte specie, si pensò ingenuamente che la grandezza del genoma di una specie fosse correlata alla complessità di tale specie.

(Nota: il concetto di complessità di un organismo può sembrare banale su grandi differenze tipo lievito-uomo, ma su altri confronti non lo è, ad es: secondo me un uccello è più complesso dell’uomo. Ho trovato spesso usato come metro di complessità il numero di tipi di cellule di un organismo, che è oggettivo, ma ancora molto riduttivo. Un metodo più complesso è utilizzare il numero di stati teorici del trascrittoma: ipotizzando che ciascun gene possa essere trascritto o meno (2 stati), la differenza di complessità tra due specie è il rapporto del valore di 2^N delle due specie, dove N è il numero di geni di quella specie. Addirittura si può usare il numero di connessioni neuronali per specie con cervelli evoluti. Insomma, ci sono molte teorie.)

Non è così.


Qualche numero per rendere l’idea.

Piante hanno spesso genomi molto più grandi del nostro (il mais ha C>5pg), ma anche anfibi (media di C=18pg e massimo toccato da Necturus lewisi con C=120,6pg), pesci (Protopterus aethiopicus con C=133pg), addirittura molluschi (Diplommatina kiiensis kiiensis, C=7.85pg), insetti(Podisma pedestris, C=16.93pg), vermi (Otomesostoma auditivum, C=20.52pg) e tra i mammiferi siamo sotto la media (3,37pg, il roditore Tympanoctomys barrerae ha C=8.40pg).
Un’ameba unicellulare, ha più di 200 volte la quantità di DNA del genoma umano!

Il paradosso del C-value (o meglio enigma del C-value) consiste nel chiedersi come ciò sia possibile.
Spingendoci oltre:
Il numero di cromosomi non correla con la complessità, ma neanche con la dimensione del genoma.
Il numero di geni non correla con la complessità, ma neppure con la dimesione del genoma.

Insomma non sembrano esserci delle regole elementari che controllino la complessità biologica. E se non ci sono regole facilmente intellegibili a livello globale, figuriamoci scendendo nel dettaglio. I genomi presentano una notevole elasticità di dimensioni e composizione, anche tra specie apparentemente diverse.

Per capire dove nasce realmente la complessità di un organismo bisogna tenere conto anche di una moltitudine di fattori, tra i quali:
1) numero di geni, struttura dei geni, numero medio di esoni per gene (leggi splicing alternativo);
2) densità genica del genoma;
3) complessità della rete di regolazione genica;
4) complessità della rete di interazioni geniche e proteiche;
5) ruolo e funzioni del “junk DNA” (la parte non coding del genoma).

Il tutto è più della somma delle parti.

Fonti:
L'”esperto” (appunti sparsi)
wiki
genomesize.com interessante sito che raccoglie qualche statistica su genomi di animali.

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