Starbucks Corea non ne può più: “smettetela di portare desktop e stampanti”
In Corea, la nota catena di bar Starbuck è stata costretta a specificare ai suoi clienti che no, non possono portarsi dietro PC fissi e stampanti per lavorare. I laptop continuano ad andare benissimo.

In Corea del Sud, l’ufficio improvvisato dietro una tazza di cappuccino ha ufficialmente chiuso i battenti. Dopo anni in cui clienti caricavano nei locali non solo laptop, ma anche computer desktop e stampanti, Starbucks ha deciso di introdurre una nuova politica che mette un freno agli “uffici fai-da-te” nelle sue caffetterie. L’obiettivo dichiarato è restituire a tutti un’esperienza confortevole e condivisa, evitando che postazioni ingombranti occupino i tavoli per ore.
PC e stampanti al bar
Il fenomeno, noto in Corea come cagongjok, ha preso piede negli ultimi anni, alimentato dal boom del lavoro da remoto durante la pandemia e dalla difficoltà di trovare spazi ufficio a prezzi sostenibili, soprattutto a Seul. Nella capitale, dove l’offerta di uffici vacanti resta intorno al 2,6%, i canoni di locazione continuano a salire e molte aziende hanno rinunciato a mantenere spazi propri, spingendo i dipendenti verso il telelavoro. Ma le case in corea spesso non sono sufficientemente grandi per lavorare in comodità. E così i coworking e caffetterie sono diventati uno dei luoghi preferiti dai lavoratori.
In questo contesto, Starbucks è diventato per molti un’ancora di salvezza: bastava ordinare un caffè per accedere a Wi-Fi, prese elettriche e aria condizionata. Ma con il tempo, la situazione ha assunto tratti grotteschi, con clienti che arrivavano con monitor da 27 pollici, stampanti multifunzione e persino piccoli server.
“Siamo un bar, non un coworking”

L’azienda, che in Corea conta oltre 2.050 punti vendita – più che in Giappone nonostante la popolazione sia la metà – continua a voler offrire quello che definisce un “terzo spazio”, a metà tra casa e lavoro. Tuttavia, la direzione ha chiarito che l’ospitalità non può tradursi in un uso sproporzionato delle strutture.
Da qui il divieto di introdurre apparecchiature ingombranti, mentre restano benvenuti laptop e dispositivi personali di dimensioni contenute. La decisione è stata accolta con reazioni contrastanti: alcuni la considerano necessaria per tutelare il comfort di tutti, altri lamentano la perdita di un rifugio economico per lavorare fuori casa. Ma per molti osservatori, il provvedimento era inevitabile: quando il confine tra bar e ufficio svanisce, il rischio è trasformare il profumo di caffè in quello di toner per stampanti.


