The Acolyte: La Seguace è approdata in streaming per espandere ulteriormente l’universo televisivo live action di Star Wars. Ogni mercoledì su Disney+ con un nuovo episodio, parte da un’indagine su una serie di crimini sparsi per la galassia lontana lontana che mette un rispettato Maestro Jedi (Lee Jung-jae di Squid Game, che ha imparato l’inglese proprio per il ruolo) contro una pericolosa guerriera del suo passato (Amandla Stenberg). Man mano che emergono nuovi indizi, i due percorrono un sentiero oscuro dove forze sinistre rivelano che non tutto è come sembra…
Nel cast troviamo anche, tra gli altri, Dafne Keen, Charlie Barnett, Rebecca Henderson. Li abbiamo incontrati su Zoom per farci raccontare l’unicità della serie all’interno di una saga così storica e il suo apporto alla storia, creata da Leslye Headland, che ha anche diretto i primi episodi.
Un unicum in Star Wars
Cosa rende The Acolyte una serie tv unica nell’universo di Star Wars? La risposta arriva da Charlie Barnett alias il Cavaliere Jedi Yord Fandar: “È ambientata in un periodo precedente a quello che finora è stato raccontato nel mondo Lucasfilm/Disney. Penso sia cool perché c’è l’elemento stand-alone ma si tratta allo stesso tempo di assistere ad una moltitudine di storie, che è sempre stata una caratteristica di Star Wars con le connessioni tra le persone e gli abitanti delle galassie. In più c’è la storyline gialla che seguiamo passo dopo passo. Personalmente sono rimasto sorpreso di quanto mi abbia coinvolto. Sono stato catturato dall’effetto Star Wars ma poi mi ha tenuto all’amo proprio la parte mystery. Un elemento brillante nella struttura narrativa e di trama che rende lo show così accattivante e dinamico”.
Dilemma interiore
Al centro dello show c’è il tema del doppio a partire dalla protagonista. Ma in realtà tutti i personaggi vivono un dissidio e un dilemma interiore che non è necessariamente solo il richiamo del Lato Oscuro della Forza, come siamo stati abituati finora. Lo conferma Dafne Keen che interpreta la giovane Padawan Jecki Lon: “Penso che almeno per quanto mi riguarda la chiave sia stata trovare la moralità e la consapevolezza di Jecki in ciò che sta accadendo, per una diciottenne che ha sempre vissuto nel proprio pianeta e non conosce ciò che accade al di là della galassia. Allo stesso tempo ho considerato quanto consapevole sarà alla fine del suo percorso negli otto episodi, per diventare una giovane adulta”. Rebecca Henderson, che presta il volto a Vernestra Rwoh, un membro anziano dell’Ordine dei Jedi nonostante sia una giovane promessa, è più criptica e assolutista: “Penso che Vernestra sia convinta di poter contenere la situazione per gran parte della storia… finché si rende conto che non può più (ride). O forse può? Sta tutto lì il suo dilemma”. Scherza Barnett: “Yord è Yord, come dice Jecki (ride). Penso sia estremamente impegnato e forse a volte sembri che giri con il paraocchi, ma c’è molto di più su di lui da scoprire. Quel che è certo e è che crede fermamente nell’Ordine”.
Gli ultimi Jedi
I Maestri Jedi e i Padawan hanno fatto la storia di Star Wars. Sicuramente è importante avere un mentore in un ambito lavorativo artistico come quello di Hollywood, qualcuno che ti faccia sentire al sicuro e ti mostri la via, come direbbe il Mandaloriano. Concorda Henderson: “Avevo un mentore a scuola ed essere vista è stato fondamentale, soprattutto attraverso i suoi occhi. Avere lo spazio per esprimere la mia creatività e sentirsi dire che era importante ciò che avevo da dire, che la mia immaginazione non aveva confini. Per me è stato l’inizio di tutto, della sicurezza che ho acquisito col tempo e del mio mettere in discussione ogni cosa, non avendo paura di chiedere se avevo domande da fare. Non solo è importante, ti dà proprio ispirazione”.
Aggiunge Keen allargando il bacino: “Credo che la mia generazione abbia perso il rispetto per la saggezza e uno dei punti di forza del serial penso sia proprio il rispetto per l’anzianità. Penso di aver adorato interpretare Jecki proprio per la dedizione verso il suo Maestro. Anche pensando ai Maestri che ho avuto nella mia vita, alle persone a cui ho guardato con ammirazione, dagli insegnanti a scuola fino a quelli sul lavoro. Credo che quella di insegnante sia la professione più importante al mondo, anche chi non ha ufficialmente il titolo di maestro e ti guida nella vita: io ad esempio devo tutta la mia giovane carriera a mia madre e la mia prospettiva professionale ai miei genitori, insieme ai coach che mi hanno allenata a casa in questo mestiere”.
Chiude Barnett: “Credo mi sia mancato finora un vero e proprio mentore, una figura solida a cui poter fare riferimento nel momento del bisogno o di crisi esistenziale. Ma le influenze arrivano da più parti. Rebecca mi ha guidato in un certo senso mentre eravamo sul set, e così anche Leslye come fosse un pastore. Possiamo trovare un mentore in chiunque, non deve necessariamente avere quel titolo. Come il Consiglio dei Jedi”.